Libero, 18 maggio 2019
Luca Guadagnino: «Al cinema non servono le quote rosa»
Luca Guadagnino, regista, è nato a Palermo.
A Cannes Luca Guadagnino non è decisamente passato inosservato. Ieri, alla sua prima volta al festival francese, il regista di Chiamami con il tuo nome e Suspiria si è presentato con un’opera sui generis: un mediometraggio da 37’ (leggi: formato preistorico), prodotto con il direttore creativo della Maison di Valentino, Pierpaolo Piccioli. Titolo: The staggering girl (la ragazza che barcolla). La storia è un ispirato e intenso racconto per immagini, che celebra le donne, le collezioni di alta moda di Valentino, il tempo e la vita. Nel cast, Julianne Moore nel ruolo della protagonista, nonché la nostra Alba Rohrwacher. Com’è nata l’idea di The staggering girl? «Nutro una grande ammirazione per Pierpaolo Piccioli. Ogni volta che vado alle sue sfilate, mi ritrovo a pensare che il suo sia un lavoro squisitamente narrativo: le collezioni che realizza non sono fatte solo di grandi e bellissimi abiti ma propongono un percorso, che attraversa l’intera collezione. Ho pensato che sarebbe stato interessante provare a tradurlo su un altro medium, ossia il cinema». Ammetterà che il formato scelto è poco frequente: non teme che allontani i distributori? «In realtà stiamo avendo un riscontro molto positivo: il mercato sta apprezzando The staggering girl proprio per la sua specificità». Se si facesse avanti Netflix, accetterebbe? «Certo! Netflix, AppleTv, Amazon: sono tutti benvenuti. Non ho nessuna preclusione verso alcuna piattaforma o device che sia interessata a proporre il mediometraggio». A Cannes Julianne Moore, protagonista della sua opera, ha invocato l’introduzione delle quote rosa nel mercato cinematografico, anche in termini di parità di finanziamenti. Crede che sia la strada giusta? «È una domanda difficile e non solo perché, qualsiasi cosa io possa dire, potrei finire con la faccia per terra. Il fatto è che un tema molto complesso. Da un lato ritengo che il sistema delle quote rosa, inteso come qualcosa di forzato, non tradisca molta intelligenza. È infatti difficile cambiare la mentalità di qualcuno forzandolo con delle imposizioni. Dall’altro lato, però, c’è un reale problema di gender equality: in generale le donne vengono pagate meno degli uomini». Quindi cosa propone? «Credo che sia un problema educativo. Forse punterei su quello, e sui diritti, più che sull’introduzione di quote o vincoli». Cosa replica a chi interpreta The staggering girl come un nuovo, brillante, modo di fare marketing? «Chi conosce la moda sa benissimo che quello è un mondo che vive del “qui e ora”, mentre noi abbiamo lavorato su collezioni del passato, ormai superate. Inoltre nel film si parla di alta moda: i vestiti che vediamo non sono prodotti commercializzati e pubblicizzati. Le dirò di più: a me non interessa celebrare l’industria della moda ma l’intelligenza creativa di persone come Pierpaolo». Come ha lavorato affinché questo racconto per immagini non finisse per risultare troppo criptico? «In realtà, quando lavoro, non mi pongo mai il problema di essere capito. Così, anche con The staggering girl, abbiamo fatto il film che desideravamo realizzare, attraverso gli strumenti a nostra disposizione. E basta». Il suo prossimo progetto? «Sto lavorando a una nuova serie tv, per Sky e Hbo (il titolo è We are who we are, ndr). Al momento siamo in fase di preparazione. Iniziamo le riprese questa estate e andremo avanti fino all’autunno. Giriamo in Italia anche se l’ambientazione della storia sarà diversa».