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 2019  maggio 18 Sabato calendario

Anna Bolena, martire benedetta dagli inglesi

Domani, 19 maggio, ricorre l’anniversario della morte di Anna Bolena, seconda moglie di Enrico VIII, re d’Inghilterra. Non è una data qualunque, perché segnò il momento culminante dello scisma anglicano, che costituì il primo esempio di subordinazione della Chiesa al potere dello Stato. Se la Riforma di Lutero era stata essenzialmente religiosa e dogmatica, quella di Enrico fu infatti essenzialmente politica: il corpulento sovrano, così ben ritratto da Holbein, continuò a definirsi cattolico, e a bruciare coscienziosamente gli eretici, ma ripudiò il termine romano. E da allora la parola papistasuona, in buona parte delle upper classes britanniche, come un’offesa. In tutto ciò Anne Boleyn ebbe una parte fondamentale. 
I CRONISTI
La letteratura, la lirica e il cinema hanno fornito di lei ritratti diversi, ora martire innocente, ora spregiudicata avventuriera. La maggioranza dei cronisti dell’epoca ne diede un’ immagine negativa sotto il profilo morale, ma i suoi veri o presunti adulteri furono solo un pretesto. Anna Bolena fu sacrificata per quella stessa ragion di Stato per cui era stata ripudiata Caterina d’Aragona, la prima moglie del re. Ed è da questa che dobbiamo cominciare.
Caterina, figlia dei reali di Spagna, era stata sposata con il giovanissimo Arturo, erede al trono d’Inghilterra. Ma lo sposo era morto poco dopo le nozze, il che lasciava dei dubbi sulla loro consumazione. Tuttavia, dopo un’accurata inchiesta, ne era stata confermata la validità. Non volendo rispedire in Spagna la vedova con la relativa dote, il re inglese decise di darla in sposa al figlio minore Enrico. Al ragazzino, allora devoto cattolico, quel matrimonio sembrava improponibile e blasfemo, perché la Chiesa e il Levitico (20,21) proibivano un simile legame tra affini. Ma dopo qualche esitazione il Papa concesse la dispensa, e il riluttante nubendo, oramai diciottenne e già incoronato come re Enrico VIII, il 1 Giugno 1509 sposò la ex cognata, bruttarella, insipida e più vecchia di lui. Nonostante questi impedimenti spirituali e materiali del marito, Caterina concepì varie volte, ebbe numerosi aborti, partorì Maria ( che un giorno sarebbe diventata la Bloody Mary) ma i maschi non arrivavano.

GLI SCRUPOLI
L’inquieto sovrano fu allora assalito da scrupoli religiosi e politici. Quel matrimonio incestuoso gli sembrava gravato da una maledizione originaria sanzionata dalla mancanza di un erede, con il rischio che, alla sua morte, l’intero regno passasse sotto la corona spagnola. Fu in questa situazione che intervenne Anna Bolena. 
Era figlia di un conte di nobiltà recente, la sua stessa data di nascita era incerta e, a detta di molti, aveva già avuto varie esperienze amorose. Sua sorella era stata dama di Corte della regina, ed Enrico, tra uno sforzo e l’altro di procurarsi un figlio, l’aveva wooed and won, corteggiata e conquistata. Dopodiché aveva indirizzato le sue attenzioni ad Anna, che le aveva respinte con riserva: secondo i maligni, aveva già capito che poteva mirare più in alto del ruolo di amante. Questa sapiente resistenza, protratta per anni, forse contribuì a infiammare gli ardori di Enrico, già stanco di Caterina ormai invecchiata e incupita. Ma non furono il fascino e le mignardises di Anna a far precipitare le cose: fu l’accertata, irreversibile sterilità della regina a indurre il sovrano a chiedere al papa l’annullamento del matrimonio.

I PREDECESSORI
Clemente VII, come molti suoi predecessori, non avrebbe avuto alcuna remora a sciogliere l’indissolubile sacramento. 
Ma era prigioniero, di diritto e di fatto, dell’Imperatore Carlo V, che in quanto re di Spagna non avrebbe tollerato un simile affronto. Per tenere in piedi il matrimonio di Caterina, Clemente – ignorando i pericoli (sempre attuali) di citare a frammenti le Sacre Scritture – invocò un precetto del Deuteronomio (25,5) che non solo permetteva ma addirittura imponeva il matrimonio con la cognata rimasta vedova. 
Il re si infuriò davanti a queste cavillose distinzioni, e riprese a citare il Levitico; quindi mobilitò schiere di teologi che, come sempre, sostennero la tesi più grata al committente; poi convinse alcuni cardinali a contestare il papa; infine, dopo aver litigato con il cattolicissimo Tommaso Moro, divorziò da Caterina, e sposò Anna Bolena. Il Papa reagì con le solite scomuniche; Enrico chiuse i conventi, ne incamerò i beni, e si proclamò capo della Chiesa Anglicana.

LA SAPIENZA
La nuova regina non brillò di sapienza politica. Diventò arrogante e invasiva, suscitò invidie a Corte, e si fece detestare dai sudditi, che diffusero voci sulla sua sospetta moralità. Enrico le fu – nei limiti concessigli dalla sua esuberanza – sostanzialmente fedele, e le dedicò le migliori energie coniugali. Nacque Elisabetta, ma neanche stavolta il figlio arrivava. Il sovrano, minato dalla gotta e dall’obesità, cominciava a invecchiare e a spazientirsi, e dopo alcuni anni, affievoliti gli ardori per Anna, riemersero le preoccupazioni dinastiche. 
Intanto la Corte brigava per eliminare quella che tutti consideravano un’intrusa, e alcuni nobili alimentarono i sospetti di sue relazioni extraconiugali. Furono individuati cinque amanti; uno di loro, probabilmente sotto tortura, confessò, e Anna fu portata davanti a un Tribunale di Pari, con l’accusa di adulterio, cioè di tradimento alla Corona. Negò disperatamente, ed in effetti le prove erano deboli. Ma i giudici, interpretando i desiderata del re, la dichiararono colpevole e la condannarono alla decapitazione. Enrico respirò di sollievo: si era liberato di una moglie ingombrante ed era già pronto per il prossimo sforzo procreativo. 

LE ASPIRAZIONI
Ma né Jane Seymour, che prese il posto di Anna, né le altre mogli realizzarono le sue aspirazioni. E fu una fortuna perché così, dopo la breve parentesi di Maria, sali al trono Elisabetta, la regina più abile e straordinaria che la storia abbia mai conosciuto: sotto di lei, l’Inghilterra cominciò a dominare i teatri con Shakespeare e i mari con la flotta.
Anna Bolena, come molti altri personaggi, riscattò con una morte esemplare una vita ambigua. Scrisse una commovente lettera al re, chiedendo e concedendo un perdono cristiano, e il 19 maggio 1536 si inginocchiò davanti al boia invitandolo a prender bene la mira «perché il suo collo era molto corto». Non ebbe l’onore di riposare accanto alle due figlie di Enrico che oggi giacciono nell’abbazia di Westminster sotto il magnifico monumento del Torreggiani In spe resurrectionis. Fu sepolta nella cappella reale di San Pietro, e la sua tomba è oggi più riverita di un tempo: forse perché gli inglesi riconoscono in lei l’occasione che li svincolò dalla tutela del papato.