Libero, 18 maggio 2019
Frankenstein è esistito davvero
Era una notte buia e tempestosa quella in cui lo scienziato Giovanni Aldini provò a far resuscitare un morto. Non ci riuscì ma la sua impresa servì da ispirazione per la creazione di uno dei maggiori capolavori della letteratura europea, il romanzo Frankenstein. È un caso affascinante, e poco conosciuto, di un travaso della Scienza nella Letteratura, e di un fallimento nella realtà che diventa successo nella fantasia, la vicenda umana e professionale di questo fisico italiano, nato a Bologna e nipote del celebre fisiologo Luigi Galvani, che si intestardì nell’idea di poter ridare vita ai morti attraverso l’elettricità. I suoi numerosi esperimenti furono prima destinati a brandelli di cadaveri umani e animali: muscoli facciali, braccia, gambe, cui applicava stimoli elettrici, causando spasmi e contrazioni spettacolari e raccapriccianti. Solo più tardi, in Inghilterra, Aldini poté sperimentare la sua pratica sul cadavere intero di un uomo, ripristinandone le funzioni fisiologiche per breve tempo ma in maniera sufficiente a offrire uno spunto alla scrittrice Mary Shelley che alcuni anni dopo si sarebbe basata sulle teorie dello scienziato italiano per partorire il suo dottor Frankenstein e il Mostro che da quello prese il nome. l’esperimento La storia di quell’esperimento ora rivive, è il caso di dire, nel gustoso libro di Lorenzo Beccati, Il Resuscitatore (DeA Planeta, pp. 224, euro 16), classico esempio di romanzo figlio, o almeno pronipote, di un classico della letteratura, a dimostrazione che il vero prodigio della Shelley è stato generare un topos letterario cui centinaia di altri scrittori si sono richiamati. L’autore si sofferma sulla trasferta di Aldini nel 1803 a Londra, dove egli intende procacciarsi un cadavere integro, dato che l’Inghilterra è l’unico Paese europeo in cui le condanne a morte non vengono eseguite per decapitazione ma per impiccagione. Pur di realizzare il suo intento, il fisico bolognese è disposto a tutto, anche a corrompere il giudice, un tale Murray, in modo da accelerare l’esecuzione capitale dell’imputato in questione, George Forrest, accusato di aver ucciso moglie e figlio. Una volta giustiziato quello e procuratosi il suo corpo, Aldini compirà l’esperimento di “resurrezione” in un luogo pubblico, la grande sala del Royal College of Surgeons. Utilizzando una pila elettrica ad alto voltaggio, e dopo aver pronunciato le parole rituali «Ad vitam redi!», ossia «Ritorna in vita!», realizza il miracolo: all’improvviso «il morto si muove, pare resuscitare», «l’occhio sinistro si spalanca, rotea, fissa il pubblico», «il corpo che fino a pochi istanti prima era esanime emette un sospiro», «una gamba si muove in modo convulso in una sorta di folle danza» fino a che Aldini non tenta di riaccendergli anche il cuore, prima di farlo precipitare nuovamente nella morte. La resurrezione è durata solo qualche attimo, ma intanto si è compiuto il suo delirio scientista, ossia la convinzione di poter applicare l’onnipotenza della scienza oltre i confini della vita: il richiamo simbolico è al mito ebraico del Golem, una creatura di fango cui i rabbini erano in grado di infondere la scintilla vitale solo pronunciando una combinazione di lettere. Alla base dell’esperimento di Aldini c’è però anche un delirio etico: la volontà di punire i criminali post mortem, sottoponendoli allo shock elettrico e utilizzandoli come cavie «perché paghino oltre la vita per le colpe commesse» e perché «per una volta nella loro nefasta esistenza possano essere utili alla società».
IL VISIONARIO
Per entrambe le ragioni, agli occhi degli astanti, Aldini appare non solo come un pazzo o un visionario, ma anche come un uomo che pretende di ripetere il mistero divino della Creazione e del Giudizio, di sostituirsi all’Onnipotente, di «usurpare il posto di Dio», e quindi per traslazione «un emissario di Satana». Dotato insieme di questo puzzo sulfureo e di questa aura da fanatico della scienza, Aldini ha un’intuizione che va al di là del suo stesso esperimento: capisce che le persone bramano assistere alla sofferenza altrui, guardare il macabro esibito in pubblica piazza perché «la gente è perversa. Vuole vedere in faccia la morte, ma non la propria». È il voyeurismo della tv del dolore anticipato di due secoli. In realtà, preso dalla sua ossessione, Aldini ha fallito doppiamente: da un lato non si è mai chiesto se l’uomo di cui ha facilitato la condanna fosse davvero colpevole (dovrà infatti cercare di redimersi, indagando sul caso a mo’ di un detective); dall’altro non ha immaginato quale mostro sarebbe potuto nascere se il suo esperimento di resurrezione fosse andato a buon fine. Però il dottor Aldini, o se vogliamo “Aldinestein”, il Frankenstein italiano, ha avuto un merito inconsapevole: ha aggiunto bellezza al nostro mondo, permettendo la nascita di un’opera, questa sì, immortale. I suoi esperimenti folli si fecero libro. Quando si dice l’eterogenesi dei fini.