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 2019  maggio 18 Sabato calendario

Una bambina come Giovanna d’Arco

«Giovanna d’Arco è un’icona intramontabile. La storia inquietante di questa ragazzina analfabeta che in pochi anni diventa guerriera e santa, il suo processo iniquo e la sua morte la pongono come simbolo della condizione umana, non solo femminile. È un mito e la sua rappresentazione è con me un canto rituale». Due anni fa Bruno Dumont, uno degli autori più strenuamente irregolari del cinema francese, portò alla Quinzaine des Réalisateurs Jeannette, l’enfance de Jeanne d’Arc, un musical ispirato agli scritti di Charles Péguy, punto di partenza anche del nuovo film, Jeanne, in gara oggi nella sezione Un certain regard. Il racconto della fase finale della vita della Pulzella d’Orleans, in piena Guerra dei cent’anni, tra il 1429 e la morte sul rogo. 
«Molto è stato scritto su di lei, molti i film girati. Il suo fascino è intramontabile. Parla al nostro presente di religione, monarchia, socialismo, ambiente, guerra, pace – racconta Dumont –. Ho scelto ancora una volta di affidarmi a Péguy perché lui, pur essendo ateo e anticlericale, è il solo pensatore importante della mistica francese. Si è posto contro ogni forma di dogmatismo. E ha saputo indagare come pochi l’eterno mistero della Francia. La vita di Giovanna d’Arco porta in superficie le contraddizioni che abbiamo sempre nascosto».
Perché la figura di Giovanna d’Arco, la ragazzina che guidò il suo popolo nella resistenza contro gli inglesi, è un concentrato di contraddizioni: agisce in nome di Dio ma è critica della Chiesa, è stata canonizzata ma è la Chiesa che l’ha messa sul rogo. «È tutto lì: essere o non essere. Lì sta l’origine del pensiero francese e la sua arroganza», sostiene il regista sessantunenne.
La protagonista di Jeanne è ancora Lise Lesplat Prudhomme, la stessa attrice di Jeannette. «Perché una bambina? La maggior parte della attrici che l’hanno interpretata non avevano la sua età: Giovanna è morta a 19 anni. Ingrid Bergman quando ha girato con Roberto Rossellini ne aveva 39. Tanto per sottolineare la sua modernità a prescindere dal tempo. Ai nostri occhi di spettatori del XXI secolo, i dieci anni di Lisa accentuano l’aspetto di innocenza, speranza, forza folgorante della Pulzella d’Orleans. Gli eroi e le loro storie vanno reiterati per non perdere la memoria. Il mistero che lei rappresenta deve essere rinnovato a ogni generazione: mille film di lei non basterebbero a esaurirlo». 
Il suo, spiega, è «un inno alla battaglia umana di cui Giovanna è metafora contro tutti i dogmatismi. Compreso quello della forza delle donne, contro ogni idea di segregazione». 
Tanto spiazzante risultò il tono del musical sull’infanzia della pulzella, quanto rigorosa apparirà questa seconda parte. Dumont mostra anche i suoi carnefici che discutono con assoluta naturalezza dei metodi di tortura da utilizzare, come fossero gesti comuni, quotidiani. «Il male e il bene non sono vicini, sono facce della stessa medaglia. È solo una questione di dosi. Certo, è terrificante». 
Ogni parte politica, nella storia di Francia, ha cercato di appropriarsi della sua figura. Ultimo arrivato è il movimento dei gilet gialli per cui anche diversi artisti stanno simpatizzando. «Loro sono il naufragio della cultura francese. I dannati di una sottocultura dominante “gialla e fosforescente”. Sono dei dementi, una demenza che nasce dall’invelenimento della sottocultura che li ha alimentati. E il cinema, attraverso film e autori ignominiosamente incensati anche dai media, ha contribuito alla demenza generale. Tutti gli artisti del sistema sono la causa dei gilet gialli. Vogliono appropriarsi anche di Giovanna d’Arco? Io dico: la lascino tranquilla».