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 2019  maggio 18 Sabato calendario

Come si leggono le nuvole

Dice l’adagio: nubi a pecorelle, pioggia a catinelle. Ma non c’è nulla di più sbagliato, perché se le nuvole hanno un aspetto frammentato, a fiocchi, siete in presenza di stratocumuli (fino a 2 mila metri di altitudine), altocumuli (fino ai 7-8 mila metri) o cirrocumuli (anche oltre i 10 mila metri): ammassi di vapore acqueo e cristalli di ghiaccio che si dissolveranno senza dare luogo a precipitazioni. 
Se invece vedete delle nubi a bassa quota, che si sviluppano in verticale, a forma di cavolfiore, ecco che avete di fronte dei cumuli: diffidate delle loro sembianze di candidi batuffoli, perché più si alzano e più l’imminenza di un temporale si avvicina. 
Se poi queste formazioni verticali diventano delle torri altissime, superando i 2 mila metri di quota, allora si sta formando un cumulonembo e conviene vi cerchiate subito un riparo: perché queste nubi sono caratterizzate da violenti scrosci, acquazzoni e fulmini.
Rovesci localizzati nel tempo e nello spazio, e quindi passeggeri, a differenza delle precipitazioni scaricate dai nembostrati, ammassi di nubi grigio scure, mai bianche (il colore dipende dalla presenza di ghiaccio), che si estendono in orizzontale, ad altezze medie, e si portano dietro piogge intense e prolungate.
«Saper leggere le nuvole è fondamentale per prevedere il tempo nelle prossime ore», spiega il professor Vincenzo Levizzani, mentre descrive i diversi gruppi e tipi di nubi presenti nell’atmosfera. Levizzani, 61 anni, insegna Fisica delle nubi all’Università di Bologna, e la sua è l’unica cattedra del genere in Italia. «In realtà avrei voluto laurearmi in Astrofisica – precisa – avevo già il titolo della tesi pronto, ma poi ho incontrato il professor Franco Prodi, fisico del ghiaccio esperto di grandine, che mi ha appassionato al tema delle precipitazioni». In fondo sempre di studiare il cielo si trattava.
Un campo all’epoca – erano i primi anni Ottanta – ancora nuovo, che Levizzani ha approfondito in California, a Los Angeles. Con un dottorato che dalla teoria lo ha catapultato nella realtà. Letteralmente. Perché le nubi sì, si possono analizzare con il radar e il satellite, ma quando se ne vogliono capire veramente la composizione e le dinamiche, bisogna entrarci dentro. Con l’aereo. «Un tornado, ad esempio, non è altro che un violento vortice d’aria che scende da un cumulonembo – continua Levizzani – ma per volare dentro queste correnti verticali, che si muovono a velocità di 30 metri al secondo, ci vuole un aereo supersonico. Oltre a un pilota da caccia capace di tirarsi fuori da ogni imprevisto in una frazione di secondo». 
Il professore tradisce una certa nostalgia per quando faceva il «cacciatore di tornado» sopra le pianure americane. Oggi gli esperimenti in quota con il Cessna li fa ancora, ma per le sue misurazioni è più probabile che carichi il radar sul furgone per andare in montagna, appena si profila una perturbazione. Eppure a distanza di 30 anni Levizzani è ancora in Italia l’unico studioso di nubi, e ha intenzione ora di scrivere un manuale per insegnarci a interpretarle.
«Alte, medie o basse; a sviluppo verticale od orizzontale; filamentose o compatte, bianche o grigio-scure: le nubi si riconoscono dall’aspetto, perché a classificarle, all’inizio dell’Ottocento, fu un farmacista, Luke Howard, non un fisico», dice. E alcune possono indicare qualcosa di più del tempo che farà: gli strati, nubi basse, grigio chiare, a sviluppo orizzontale, rivelano che è in arrivo aria fredda. Imparare a leggere il cielo serve: lasciate perdere certi siti di (fake) news sul meteo.