Corriere della Sera, 18 maggio 2019
Intervista a Di Battista, tra India e Salvini
Alessandro Di Battista, il suo è un ritorno?
«Guardi, non sono mai andato via. Ho sempre detto la mia, come sto facendo adesso».
Secondo lei, tra continui litigi ed equilibri precari come finirà questo governo?
«Mi auguro che duri ancora 4 anni, anche perché ci sono tante cose da fare. Non vedo litigi, ma un Movimento intransigente davanti agli scandali di corruzione che hanno toccato tutti i partiti. Salvini pensava che il Movimento, in quanto alleato, tacesse davanti alla corruzione? Siamo legati da un contratto, non siamo complici. Ma lasci che le dica: a mio avviso politicamente non è questa la fase delicata».
E quando sarà?
«In estate si voterà il taglio definitivo di 345 parlamentari e quello sarà un passaggio storico: lì si dovrà scegliere tra prima gli italiani o prima i parlamentari».
Crede che un rimpasto o aggiornamento del contratto sia necessario dopo le Europee?
«Credo che se qualcuno dovesse proporre un rimpasto lo farà con l’idea di mandare tutto all’aria. A noi delle poltrone non importa, ci interessa solo il contratto. E basta».
Quali sono a suo avviso le principali urgenze del Paese?
«Questo è un governo che, grazie soprattutto ai Cinque Stelle, ha messo al centro lo Stato sociale. Puntare sui diritti economico-sociali è l’unico modo per arginare il razzismo. Ciò che manca al Paese è una legge sul conflitto di interessi».
Cosa pensa della flat tax?
«Sulla tassazione piatta penso che occorra un approccio tecnico e non ideologico. Credo che, se fatta bene, aumenti il gettito, quindi si vada avanti con forza».
Non è ambiguo essere alleati di governo e parlare maliziosamente di nuova Tangentopoli?
«Guardi, se avessimo fatto un governo con il Pd, oggi avremmo dovuto affrontare gli scandali dem in Umbria e Calabria. Le faccio presente che la Lega lo “Spazzacorrotti” l’ha votato, il Pd ha votato contro».
Salvini ha detto che sull’immigrazione decide lui, che non c’è premier che tenga.
«Suggerisco a Salvini di essere meno arrogante e chiedere una mano al presidente Conte, dato che vanta una maggiore credibilità a livello internazionale rispetto a lui».
Continua a criticarlo: proprio non le piace Salvini...
«È una questione politica, non personale. Sono un semplice cittadino, lo stipendio a Salvini lo pago anche io. Vorrei che lavorasse di più: meno marketing e più sicurezza sui territori».
Beppe Grillo ha detto che lo manderebbe a calci al Viminale a lavorare.
«Era una battuta, ciononostante che un ministro stia di più al suo ministero mi sembra una buona cosa».
Di recente ha detto che se ci fossero nuove elezioni si ricandiderebbe. Ma lei da romano – una volta scaduto il mandato di Virginia Raggi – accetterebbe l’idea di correre per il Campidoglio?
«No. Mi interessa di più la politica internazionale».
Aspetterà nuove elezioni politiche?
«Sì, ma mi auguro siano tra 4 anni».
Ha detto che non sarà sul palco al comizio conclusivo. Ma quanto le mancano i palchi e la politica in prima linea?
«Ho detto che sarò tra la gente da attivista. Un po’ la politica in primissima linea mi manca, ma sul palco ci vanno i candidati, io starò sotto a sostenerli».
Una cosa che, se potesse tornare indietro – politicamente parlando —, non rifarebbe?
«Rifarei tutto. Anche gli sbagli mi hanno fatto crescere tanto».
Senza lei, senza Grillo in prima linea il Movimento ha perso parte della sua anima più battagliera?
«L’anima del Movimento è il gruppo, non il singolo».
Cosa pensa di eventuali alleanze con le civiche? Il M5S è in una nuova fase?
«Penso che il Movimento sia una forza in continua evoluzione. Sicuramente per crescere ancora occorre strutturare meglio i profili organizzativi».
Ha annunciato che collaborerà con Fazi editore. Di cosa si occuperà?
«Saggistica. Ho intenzione di spingere libri sulla blockchain, sull’innovazione e sulle opportunità geopolitiche orientali».
Cina o India?
«Entrambe».