La Stampa, 18 maggio 2019
I Verdi saranno decisivi in Europa
Da movimento radicale di opposizione si stanno trasformando sempre più in forza responsabile di governo. Possono dialogare con il centrosinistra, ma anche con il centrodestra. Sono fortemente europeisti. E sono gli unici in grado di offrire un’agenda che mette al centro l’unico tema rivelatosi capace di portare in piazza migliaia di giovani: la questione ambientale. Ecco perché la sera del 26 maggio, i Verdi si candidano a essere la grande rivelazione di queste elezioni europee.
Le proiezioni diffuse prima del black-out dei sondaggi dicono che a Strasburgo avranno non meno di 57 seggi (oggi sono 52). Un gruppo più piccolo rispetto a quello che nascerà attorno all’alleanza sovranista. Ma con una differenza importante: se il raggruppamento guidato dalla Lega di Matteo Salvini è destinato a rimanere all’opposizione, i Verdi potrebbero fare il loro storico ingresso nella maggioranza parlamentare.
Addirittura potrebbero essere l’ago della bilancia, nel caso in cui il tracollo di socialisti e popolari fosse più pesante del previsto, così da rendere insufficiente l’alleanza con i liberal-macroniani. Si tratta di uno scenario considerato «altamente probabile» dagli addetti ai lavori a Bruxelles, anche se ciò avrebbe un chiaro «prezzo» in termini di politiche: gli ecologisti sono pronti a mettere una serie di paletti per lasciare la loro impronta sull’agenda europea dei prossimi cinque anni.
Certo anche loro devono fare i conti con alcuni limiti. Per esempio hanno un grande tallone d’Achille geografico: nei Paesi dell’area sudorientale dell’Ue non riescono a sfondare. Per ora restano dunque un partito molto ben radicato del Nord e della Vecchia Europa (Italia esclusa), ma non ancora trasversale.
Sarà la delegazione tedesca a guidare il gruppo, con circa 19-20 eurodeputati. Per il partito guidato da Robert Habeck si profila un risultato storico con circa il 19% dei consensi (quasi il doppio rispetto a cinque anni fa). Il che segnerebbe l’inedito sorpasso sui socialdemocratici della Spd. Il trend emerso con le elezioni in Baviera e in Assia dell’autunno scorso sembra infatti destinato a riproporsi su scala nazionale, anche perché l’onda verde è sempre più alta. Secondo un recente sondaggio il 30% dei tedeschi considera la questione climatica una priorità: prima delle politiche del 2017 era solo il 5%. E poi hanno dimostrato versatilità e pragmatismo, visto che sono al governo in metà delle regioni: in alcuni casi con la Cdu, in altri con la Spd. Senza troppi pregiudizi.
In Belgio – il Paese delle grandi manifestazioni studentesche per il clima – rischiano addirittura di essere il primo partito a livello nazionale con una percentuale tra il 18 e il 20% (la media di Ecolo e Groen, le formazioni rispettivamente francofona e fiamminga). Un risultato che potrebbe proiettarli al governo, visto che il 26 maggio si vota anche per le politiche. Puntano a scalzare i fiamminghi della N-Va, che è il primo partito nelle Fiandre (col 26%) ma inesistente in Vallonia. E infatti per la prima anche i Verdi belgi presentano un loro candidato per la premiership: Kristof Calvo, 32 anni. Ci credono.
In Olanda il leader Jesse Klaver (33 anni) ha un programma chiaro: tassa sulla CO2, mobilità sostenibile, chiusura delle centrali a carbone. Punta al secondo posto, ma alcuni sondaggi non escludono il primato. L’altro volto noto dei verdi olandesi è Bas Eickhout, candidato alla guida della Commissione in tandem con la tedesca Ska Keller. In aumento anche i seggi del Green Party britannico (da 6 a 10). In Francia dovrebbero restare attorno al 7-10%, comunque in crescita rispetto a cinque anni fa. Emmanuel Macron ha lanciato un’agenda molto verde, ma un calo di popolarità del presidente potrebbe tradursi proprio in un travaso di voti verso gli ecologisti.