la Repubblica, 18 maggio 2019
Il tennis e la pioggia
Cosa facevate, quando pioveva?» mi chiede un giovane tennista. «Si giocava a carte, nei Club» rispondo. «Poi c’erano, d’inverno, i campi coperti, col fondo in legno, dei Campionati di Francia a Lione, e per la Coppa Europa, gara a squadre tipo Davis, varie sedi. Negli Usa,un grande torneo invernale a Filadelfia». «Ma in Europa, quando si metteva a piovere come ieri a Roma?». A questo punto, mi viene in mente un vecchio presidente di Wimbledon, Brian Burnett, che mi invitò a un giro per i campi, mostrandomi delle specie di serre in tessuto impermeabile, che anche adesso difendono i campi dalla pioggia, venendo erette in poco meno di dieci minuti. «Non sarebbe meglio un Centrale, con un vero tetto» interloquii. «Non faremo mai niente di simile, noi siamo inglesi, e la pioggia fa parte delle nostre vite» rispose. L’anno seguente, il 2009, un bel tetto copriva il Centre Court, e da quest’inverno un altro tetto sovrasterà il n.1. Gli australiani, che possiedono l’impianto più moderno e più vasto, sono già arrivati a tre campi coperti, il Rod Laver, la Hisense Arena, la Margaret Court. L’America ha costruito nel 2016 l’Arthur Ashe, più un altro campo. Mentre Parigi, proprio per un covered court ostacolato, ha corso il rischio di abbandonare il Roland Garros. E a Roma? Mi accadde di telefonare all’assessore, del quale ho fortunatamente dimenticato il nome, a cui chiesi perché la Giunta di allora non concedeva il tetto al Centrale, per il quale erano già previsti gli agganci. L’assessore mi disse : «Lei non ha mai visto l’Olimpico?». Risposi di sì. «E allora, se si è lasciata fare una costruzione contraria al paesaggio, è il caso che diventino due?». Mi dicono che l’attuale federazione abbia continuato le richieste all’attuale giunta Raggi, per ora senza risultati. Così è trascorsa una giornata sott’acqua. Al ritiro per infortunio di Federer, non sono estranee le condizioni dell’annacquato campo romano di mercoledì.