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 2019  maggio 17 Venerdì calendario

In Danimarca già mangiano vermi e larve

Sabato sera, una cena tra amici della Copenaghen bene, sofisticata musica elettronica di sottofondo, poche luci di design, tempaccio fuori, ma in sala da pranzo si sentono gran risate e il tintinnare dei molti brindisi dei ragazzi. Jessica, la padrona di casa, e Sina, la sua migliore amica, hanno spadellato tutto il pomeriggio e ora sistemano le pirofile sul tavolo: insalata a base di barbabietole e vermi della farina, pasticcio di funghi, macinato di cavallette e larve fritte, polpette di scorpioni e coleotteri. C’è un piattino con gli stuzzichini da accompagnare allo chardonnay, spiedini di locuste. Ricordano i gamberetti fritti, ma decisamente meglio i gamberetti fritti. Tra l’altro meno cari, perché questa roba costa circa 40 euro al chilo. A sentire la Fao allevare e mangiare insetti è l’unico modo per rifornire di proteine un Pianeta sempre più affollato e a corto di mucche e polli, che tra l’altro godono di cattiva stampa, peggio del petrolio; ma, vista da questo tavolo, per ora non sembrerebbe una dieta per masse affamate, quanto piuttosto posh-food per palati anticonformisti metropolitani con l’attico. 
Per Jessica queste cene sono marketing perché insieme a una socia islandese ha fondato Wholi, un’impresa di trasformazione e commercio degli insetti a uso umano farine, barrette, dolci – e la vera promozione sta nel far digerire al possibile consumatore europeo l’idea di mangiare bacherozzi. «Vogliamo ovviamente fare profitto», dice, «ma allo stesso tempo la nostra missione è di avere un impatto positivo nel mondo. Gli insetti sono gustosi, nutrienti, praticamente a impatto zero. E poi c’è un forte potenziale gastronomico, ognuno ha una sua consistenza e sapore, per noi non si tratta solo di proteine».
Per capire se c’è del marcio in Danimarca, il paese leader in Europa nella cosiddetta bug-economy e dove già da più di un anno è possibile trovare nei supermercati prodotti come quelli confezionati da Jessica, bisogna andare a Nord, ad Aarhus, e incontrare Lars Heckmann, lo scienziato-guru della nuova civiltà insettivora. Dirige l’Insect production center dell’Istituto tecnologico danese, riferimento dell’industria che investe nelle proteine del futuro. «Mangiare insetti non è innaturale», dice nel laboratorio dove si studiano i grassi della black soldier fly, detto anche larva-maiale, perché si nutre di scarti animali e vegetali, anche in decomposizione. «Due miliardi di persone in circa 80 paesi ne consumano normalmente duemila specie. Qui in Europa si coltiveranno su larga scala alcune specie di cavallette, di locuste, di grilli, di larve da mosca e tarme della farina. Nei prossimi anni diventeranno parte della nostra cultura alimentare. L’attuale produzione di cibo contribuisce per circa il 35% nelle emissioni di Co2, ma la popolazione umana cresce, saremo più di 10 miliardi tra 13 anni. Gli insetti sono l’unica proteina che può essere prodotta in grande quantità e in modo sostenibile». Spiega che il consumo del suolo è 10 volte inferiore rispetto all’allevamento di bovini e suini, quello di acqua cento volte più basso, che un ettaro coltivato a soia ne produce circa tre tonnellate l’anno, ma se utilizzato per l’allevamento in verticale degli insetti più efficienti produce mille tonnellate di proteine l’anno. Senza dire che quelli che per molti sono esseri repellenti pare contengano grassi buoni, fibre, ferro, rame, zinco. 
Ma perché produrre insetti tropicali in Danimarca? «Siamo un paese di tradizione agricola, che ha sviluppato modelli di grande efficienza nell’allevamento industriali», dice il guru degli entomofagi danesi. «Siamo all’avanguardia nella ricerca di nuovi alimenti e nuovi ingredienti, e le condizioni climatiche sono ideali: miliardi di larve producono molto calore e la temperatura esterna contribuisce a bilanciare senza costi energetici ed emissioni. La stessa ragione per cui Google e Amazon concentrano i data server nel Nord. E poi se dovesse esserci un incidente, ad esempio una fuga in massa di cavallette non sopravvivrebbero alle nostre latitudini». 
Questi scandinavi non hanno grilli per la testa, ma per la pancia e per il conto in banca. Le multinazionali fiutano l’affare e investono negli insetti come base o integrazione di nuovi prodotti alimentari. Anne Louise Nielsen è una chimica che sperimenta per conto di grossi brand: «Estraiamo gli oli e i lipidi per produrre stabilizzanti, creiamo succhi a base di cavallette, ginger e mela, ottimi per i vegetariani che hanno bisogno di assumere vitamine come la B12, estraiamo Omega3 per integrare prodotti come la pasta o la farina del pane. Grandi aziende sono soprattutto interessate a sviluppare le potenzialità nelle barrette per l’attività sportiva».
Il bacon è il simbolo della tradizione danese, eppure negli ultimi tre anni la produzione e il consumo dei maiali sono calati del 40%. Flemming sta nel cuore della regione agricola del paese, qui fino a un anno fa c’era uno dei più grandi allevamenti di suini, poi è arrivato Carsten Pedersen, ex porcaro che ora con due soci ha investito 18 milioni di euro in quella che tra due anni diventerà la più grande fabbrica di proteine d’Europa. Parliamo del vero business, quello della produzione di mangime per polli e pesci d’allevamento, il bene più richiesto al mondo: «Non si può più continuare a nutrire il pesce con altro pesce, oppure con la soia coltivata spesso disboscando le foreste pluviali. Il nostro primo obbiettivo è di produrre tra un anno e mezzo 30 tonnellate di larve al giorno. Naturalmente puntiamo sulla black soldier fly perché è la più efficiente e adatta all’economia circolare. Si nutre di spazzatura organica, quindi degli scarti nella produzione della birra, del formaggio, della verdura, della frutta. Con il mangime prodotto con le larve si può addirittura sfruttare quel 30% di proteine sprecate nell’industria alimentare». Sono dunque le galline dalle uova d’oro di nuova generazione? «Senza dubbio, le larve aumentano il loro peso 40 volte in una settimana, 400 volte più di un pollo», dice Carsten mostrando i nuovi capannoni. Sarà, tuttavia prima di rientrare dalla patria di Amleto non abbiamo avuto dubbi nell’acquistare mezzo chilo di bacon affumicato.