Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2019  maggio 17 Venerdì calendario

Alysia, atleta col pancione

WASHINGTON Una giovane donna in tuta corre spingendo un passeggino: fino a qualche anno fa è stata la mezzofondista più forte degli Stati Uniti. Si chiama Alysia Montano, ha 33 anni e due figli, Linnea, 4 anni, e Astor, 1 anno e mezzo. Due gravidanze gestite fino all’ultimo sulle piste di atletica. Nel 2014 Alysia gareggiò con il suo solito fiore tra i capelli e il pancione di otto mesi. Le conduttrici dei talk la intervistavano stupite, i giornali la chiamavano «wonder woman» e così via. 
Pochi giorni fa, però, la «runner» ha pubblicato un video sconcertante sul New York Times. «Il mio sponsor Nike conduce campagne pubblicitarie a favore della parità di genere. Il loro slogan invita a «fare sogni da pazzi», «just do it», fallo e basta. Ma anni fa, quando avevo comunicato ai loro manager, quattro uomini, che volevo un bambino, mi hanno risposto semplicemente «fallo e noi blocchiamo il tuo contratto». In altre parole: niente compensi, nessun congedo di maternità retribuito. Alysia ha partecipato alle Olimpiadi, ma il comitato olimpico degli Stati Uniti garantisce la completa copertura sanitaria solo agli atleti che si piazzano ai primi posti nelle gare di qualificazione nazionale. Obiettivo semplicemente fuori portata per una donna incinta. Risultato: nel 2014 e poi ancora nel 2017 Alysia si è trovata a scegliere tra lo stipendio e la maternità. Ha cercato di reggere, correndo fino a un mese dal parto e poi riprendendo immediatamente ad allenarsi subito dopo, a casa, in palestra, nei parchi con la carrozzina del neonato. 
Silenzio 
La conferma di altre «runner»: se aspetti un figlio, meglio non farlo sapere fino all’ultimo 
Ora, però, Alysia Johnson, afroamericana nata nel quartiere newyorkese del Queens, moglie dal 2011 di Louis Montano, ha deciso di uscire allo scoperto. Il suo racconto comincia con queste parole: «L’industria dello sport garantisce agli uomini una carriera protetta, ma cancella una donna che vuole avere un figlio». In alcune discipline, come il basket o il calcio, le leghe nazionali pagano le giocatrici professioniste. Nell’atletica, invece, l’unica fonte di reddito è rappresentata dagli sponsor. Le regole sono fissate dai contratti. In una nota ufficiale Nike ha riconosciuto che nel passato «sono stati ridotti i compensi ad alcune delle atlete sponsorizzate a causa della gravidanza». Questo «approccio», però, sarebbe cambiato nel 2018. Ma l’azienda ha rifiutato di precisare se questi «cambiamenti» figurino nei nuovi contratti e il New York Times nota che negli accordi sottoscritti nel 2019 nel campo dell’atletica leggera, Nike «si riserva il diritto di ridurre la retribuzione degli atleti, maschi e femmine, per qualsiasi motivo». 
Ma la storia di Morano viene confermata da altre testimonianze, raccolte dal quotidiano newyorkese. Phoebe Wright, specialista degli 800 metri, legata a Nike dal 2010 al 2016, dice: «Rimanere incinta è il bacio della morte per una donna atleta. Se fossi incinta certamente non andrei a dirlo alla Nike». Gara Goucher, nel 2007 vice campione del mondo nei 10 mila metri e concorrente nelle Olimpiadi di Pechino e di Londra, racconta che mentre era già in attesa del suo bambino, Nike le fece sapere che non l’avrebbe più pagata fino a quando non avrebbe ripreso a correre. A un certo punto il neonato si ammalò e fu ricoverato in ospedale. Gara decise di riprendere comunque a gareggiare: «In quel momento sentii che era giusto fare così, invece di rimanere con lui come avrebbe fatto una mamma normale. Non mi perdonerò mai per questo». Ma c’erano di mezzo la necessità e, soprattutto, un contratto capestro, anche per una star dell’atletica.