ItaliaOggi, 17 maggio 2019
Periscopio
Fermare le spese pubbliche correnti in spendibilità mediatica. Dino Basili. Uffa news.Roma, quella lavatrice ieri non c’era. Stefano Massini. la Repubblica.
Mi ero sognato orfano. Mi dispiacque esserlo diventato. Christian Giudicelli, Les spectres joyeux. Gallimard.
La prima volta che lo incontrai, 30 anni fa, Enzo Biagi mi disse: «Mi affascinano gli uomini di fede. Li invidio. Non mi rassegno a pensare che il mio destino sia quello di un lombrico». Stefano Lorenzetto, scrittore. Corsera.
Mi piacciono, in genere, i negozi dedicati all’arredo e al design. Ci sono anche alcuni piccoli negozi storici, veri e propri punti di riferimento, come la cartoleria o la libreria specializzata, la drogheria con i prodotti più ricercati. Giorgio Armani, stilista (Gabriella Mancini). ViviMilano-Corsera.
Leggo continuamente dei romanzi che è ciò che preferisco al mondo, assieme all’ascolto del rock. Ma non ci sono più dei giovani, oggi, con i quali formare un gruppo rock. Essi fanno del rap. Dove sono i quattro ragazzi bianchi che suonano del rock con due chitarre basso? Tuttavia voi trovate oggi della componente rock nella country music. Dei suoi, dei versi, una melodia. Bret Easton Ellis, romanziere americano (Erich Neuoff). Le Figaro.
Berlusconi nelle elezioni del 2018 ci rimise le penne anche perché sostenne di essere il più caro amico della Merkel, dopo averla insultata per anni. Si spacciò come «l’ultima diga contro il populismo» dopo averlo inventato lui. Raccontò di «aver messo fine alla guerra fredda fra Usa e Urss», ignaro del fatto che il muro di Berlino e l’Urss erano caduti cinque anni prima del suo ingresso in politica. Si vantò di «aver fatto entrare nel 2002 la Russia nella Nato» con gran sorpresa dell’amico Putin che ignorava e tutt’ora ignora di averne mai fatto parte. Marco Travaglio. Il Fatto quotidiano.
La coppia Fornero-Deaglio ha 2 figli. Silvia, carinissima, medico universitario, molto in carriera, tutta sua mamma. Andrea, il ribelle che ha divagato: cineasta, documentarista, sceneggiatore, orecchino al lobo. La madre stentava a vederci il suo gene e sono stati spesso ai ferri corti. Andrea però ha resistito e ci ha vendicati. Giancarlo Perna, saggista politico. LaVerità.
Sophia Loren è il nostro orgoglio. Quando vai all’estero, tante volte ti umiliano perché sei italiano per colpa del governo o delle mafie. Ma se dici Sophia Loren tutti ti ammirano e ti rispettano. Sophia Loren e Laura Pausini. Io la Loren la farei senatrice, guarda te.... Rino Barillari, paparazzo (Massimo M. Veronese). Il Giornale.
Enzo Biagi, durante la guerra, era retribuito non soltanto dal suo giornale, ma prendeva compensi anche dal regime fascista, tuttavia guai a ricordarglielo, cadeva nell’imbarazzo, non voleva che si sapesse in giro. Enzo allora era fascista, come tutti, del resto. Questo non mi sorprende né mi scandalizza. Vittorio Feltri, Il borghese. Mondadori, 2018.
Il primo Corriere che ho incontrato era un giornale in cui non si poteva ancora scrivere, per esempio, «in seno a»; o parole come «verifica» che, in caso di a capo, avrebbero potuto dividersi in modo imbarazzante. Un giornale in cui, qualunque cosa fosse capitata al mondo, la pagina 2 era occupata dalla politica e la pagina 3 dalla cultura: elzeviro, spalla e recensioni. Michele Brambilla, Sempre meglio che lavorare – Il mestiere del giornalista. Piemme, 2008.
Enrico Letta non aveva mai battuto chiodo. Non perché non avesse il martello ma perché nel suo partito di origine si era sempre preferito l’aspersorio. Aveva il potere soporifero del Pentothal. Dopo dieci minuti era il primo ad addormentarsi e neanche un bomba di Trump o un missile di Kim lo avrebbe svegliato. Non andava bene e bisognava quindi sostituirlo con uno che avesse più pepe, e non solo nel piatto dei cannellini all’uccelletto.Roberto Gervaso, Le cose come stanno. Mondadori, 2017.
Boeri è architetto-politico, è stato per breve tempo assessore a Milano, ma oggi ha trovato un suo ubi consistam in un potere molto più diffuso e più sottile, soft, nazionale e transnazionale: oltre alla presidenza della Triennale di Milano, guida una specie di boy band che scova creativi talentuosi in giro per l’Italia, li forma in una factory tra politica, design, architettura e arte contemporanea e poi li risputa dove servono. Michele Masneri. Il Foglio.
Forse le immagini della sinistra sono implose perché è finita la militanza, che evidentemente, nel suo fideistico grigiore, nella sua disciplina perfino sacrificale, garantiva fegato e coraggio; mentre la comunicazione alla lunga dissecca l’uno e l’altro. Forse sono anche il culto dell’immediatezza e l’abbandono di quello che Amendola chiamava «il duro studio al tavolino» a far apparire il messaggio così finto da preferire il niente. Filippo Ceccarelli. la Repubblica.
Presi un treno da Israele per Varsavia. Era il 1961. Qualche anno prima Gomulka era andato al potere. In molti sperarono che le cose sarebbero migliorate. Non parlavo una parola della lingua. Il primo anno mi fecero assistere da esterno alla loro scuola teatrale. Credevo nel socialismo e scoprii la corruzione, la censura, la stupidità del regime. Decisi di lasciare la Polonia e di tornare in Norvegia. Era il Natale del 1961. Stavo in un bar a Cracovia, abbastanza disperato per tutto quello che di fallimentare mi stava accadendo. Vidi un giovane con gli occhiali spessi, la barba dostoevskiana, i capelli lunghi e scomposti. Mi incuriosì. Anche lui era solo. Mi avvicinai al suo tavolo. Scambiammo qualche battuta e poi si presentò: sono Jerzy Grotowski. Eugenio Barba, regista teatrale (Antonio Gnoli). la Repubblica.
Victor Sklovskij ricorda che nel taccuino di Cecov si trova la storia di un tale che aveva percorso per quindici o per vent’anni la stessa strada, aveva letto ogni giorno un’insegna con la scritta «Grande scelta di zingari», e si era chiesto: «Ma chi può avere bisogno di una grande varietà di zingari?». Quando, un giorno, l’insegna era stata tolta e appoggiata al muro, quel tale aveva letto finalmente: «Grande scelta di sigari». Il poeta, secondo Skovskij, è colui che sposta le insegne, è quello che istiga la rivolta delle cose. Paolo Nori, La grande Russia portatile. Salani editore, 2018.
I lunghi inverni nella neve dell’Ascolano hanno lasciato il bisogno di reagire con un’allegria corale. Tanti funzionari pubblici trasferiti, si ritrovano qui a fine carriera. Luca Goldoni, Viaggio in provincia. Mondadori.
Dopo i corvi, vengono le aquile. Roberto Gervaso. Il Messaggero.