Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2019  maggio 16 Giovedì calendario

Ferdinando "Fefè" De Giorgi: «Uno scudetto da fenomeni»

Ferdinando De Giorgi, allenatore di pallavolo, è nato a Squinzano (Lecce).
Con Civitanova ha battuto Bernardi nella finale del volley fra i grandi ex azzurri. “È la semina di Velasco” «I festeggiamenti per il tricolore? Sabato abbiamo la finale di Champions League, ho cercato di responsabilizzare un po’ i ragazzi ma è stato complicato…». Ferdinando “Fefè” De Giorgi, ex palleggiatore della Nazionale d’oro del volley italiano e oggi allenatore della Lube Civitanova Marche, non ha ancora recuperato del tutto la voce. L’ha persa martedì sera durante la finale scudetto che la sua Lube ha vinto a Perugia contro la Sir Safety Conad. In gara 5 e al tie-break, rimontando da 0-2. Un festeggiamento sobrio? «Ci siamo visti in un locale di Civitanova e siamo stati un po’ insieme. Poi tutti a dormire». La Lube ha battuto una squadra che tutti davano per favorita, con un palazzetto quasi invincibile e una tifoseria caldissima. Come ci si prepara a una gara così? «Le finali perse contano relativamente, questa è una squadra nuova che sta scrivendo la sua storia. Perugia nei play-off in casa non perdeva da tre anni e ha un pubblico incredibile: abbiamo dovuto tener conto di tutto questo e curare, oltre all’aspetto tattico, anche quello mentale». Cosa è cambiato dopo i primi due set persi? «Abbiamo tenuto il campo, senza sbandare. I ragazzi avevano le facce e l’atteggiamento giusti. Nel terzo set siamo partiti fortissimo: non avevamo voglia di chiudere lì la partita. In questi casi ci vuole fisico, tecnica ma anche testa. Ma non quella di uno solo. Siamo riusciti a invertire la situazione perché c’erano 14 giocatori con la stessa testa». Leon, il giocatore più pagato del campionato, e uno dei più forti al mondo, non è bastato a Perugia… «Lui è spettacolare. Abbiamo cercato di limitarlo quando potevamo. Anche perché uno come Leon, c’è poco da fare, i suoi punti li fa sempre. Siamo stati bravi a mettergli davanti Simon che a muro è stato strepitoso». Simon il gigante buono? «Lo vedi così grande (2,08 metri per 114 chili, ndr ) e ti spaventi, fa paura. Ma è una persona buonissima». Sull’altra panchina c’era Lorenzo Bernardi, con lei nella Nazionale della “generazione di fenomeni”. Che effetto le ha fatto? «Tutti noi di quel gruppo siamo legati da qualcosa di profondo. A Lorenzo ho fatto i complimenti per la stagione di altissimo livello. È stata una bella sfida. Penso che Julio Velasco sia stato contento e orgoglioso di vedere due dei “suoi” atleti che si stavano giocando lo scudetto da allenatori». Proprio Velasco ha da poco detto addio alla panchina. «Mi dispiace che abbia deciso di smettere ma credo abbia seminato bene in giro. Di quella Nazionale quasi tutti siamo diventati allenatori: Gardini, Anastasi, Tofoli… Julio lascia davvero qualcosa di importante». Ora in campo ci sono i figli di quella generazione straordinaria, alla Lube lei ha trovato Diego Cantagalli, figlio di Luca. «All’inizio lo chiamavo Luca e lui si stava quasi abituando a cambiare nome. Mi ha fatto effetto allenare il figlio di uno dei miei compagni d’azzurro, ci è voluto un po’ perché diventasse una cosa normale». Anche lei lavora molto sulla psicologia dei giocatori? «Allenare non è un lavoro matematico, ci sono tattiche che si possono codificare ma alla fine hai sempre a che fare con delle persone, con le loro caratteristiche». Ha iniziato ad allenare la Lube a dicembre: che squadra ha trovato e che squadra ha adesso? «Era una squadra forte fisicamente ma che aveva perso fiducia per alcuni risultati negativi. Ho cercato di darle un po’ di equilibrio». Davanti a voi la finale di Champions contro lo Zenit Kazan a Berlino. Come l’affronterete? «Avendo vinto lo scudetto l’animo è più leggero e fiducioso. Kazan ha vinto gli ultimi quattro trofei ed è la squadra da battere a livello mondiale. Abbiamo una grande opportunità, io la vedo così».