la Repubblica, 16 maggio 2019
Netflix a Cannes
Nella guerra tra Cannes e Netflix c’è un’oasi di tregua: nella sezione parallela del Festival, la Quinzaine des Réalisateurs, c’è Wounds, l’unico film distribuito dalla piattaforma streaming. Spiega Paolo Moretti, il neodirettore italiano della prestigiosa sezione autonoma del Festival: «Come dice il nostro nome, il nostro focus è sugli autori. Noi mostreremo sempre i film di registi che ci interessano, indipendentemente dal loro contesto produttivo e distributivo». Una posizione che di fatto apre una breccia nel muro issato tra la rassegna francese e il gigante delle piattaforme sulla finestra delle uscite in sala. Una polemica iniziata tre anni fa, quando l’allora presidente di giuria Pedro Almodóvar si disse contrario a dare una Palma a un film che non sarebbe uscito in sala. Entrambi i film in gara che battevano bandiera Netflix erano poi usciti direttamente sulla piattaforma in Francia. Da qui la decisione, l’anno successivo, del delegato generale del Festival, Thierry Frémaux, di non ammettere in concorso Roma di Alfonso Cuarón, che quindi era andato alla Mostra del cinema di Venezia dove avrebbe vinto il Leone d’oro per poi conquistare l’Oscar.
Non è sato un gesto intenzionale di rottura rispetto alla selezione ufficiale guidata da Frémaux: «Semplicemente – spiega Moretti mi interessa va il regista, Babak Anvari. Il film era stato presentato all’americano Sundance Festival nella sezione di mezzanotte, visto da pochissimi e non compreso. Ci tenevo a mostrarlo. È è stato acquisito da Netflix quando io l’avevo già scelto e a Neflix, dopo qualche discussione, hanno scelto di rispettare gli accordi che avevo preso con il produttore».
Precisa Moretti che «in teoria i film Netflix potrebbero essere ospitati, a esclusione del concorso. E comunque rispetto al Festival siamo radicalmente indipendenti». L’horror Wounds con Armie Hammer e Dakota Johnson uscirà in sala negli Stati Uniti e poi andrà su Netflix nel resto del mondo, Francia compresa. Lo stesso Moretti gestisce una sala, «considero il sistema francese estremamente strutturato ma anche in grado di permettere una diversità che non ha uguali nel mondo». Per lui, 40enne cresciuto in un paesino del bresciano, che ha scoperto il cinema grazie alla televisione, «i film possono ugualmente visti su piattaforme diverse».