Corriere della Sera, 16 maggio 2019
Spese militari, sfida tra superpotenze
Le spese militari globali sono aumentate, nel 2018, per il secondo anno consecutivo. E la crescita percentuale maggiore è stata registrata negli Stati Uniti e in Cina. I dati – pubblicati dal Sipri, lo Stockholm International Peace Research Institute – non raccontano ovviamente la complessità del mondo in questa fase di disordine internazionale; qualcosa però dicono: ad esempio che i governi non danno per scontata la pace e che la potenza dominante e quella emergente si misurano anche sul terreno degli investimenti nella Difesa. Nel 2018, le spese militari sono salite del 2,6% rispetto al 2017 e hanno toccato i 1.822 miliardi di dollari. È il livello più alto dal 1988, anno in cui la raccolta completa delle statistiche è iniziata e anno ancora di Guerra fredda. Si tratta del 2,1% del Pil globale (239 dollari a persona), una percentuale superiore a quella che la maggior parte dei Paesi europei della Nato destina al settore. I cinque Paesi che più spendono sono: Stati Uniti, Cina, Arabia Saudita, India e Francia, che assieme arrivano al 60% del totale. Washington ha aumentato la spesa militare per la prima volta dal 2010 (4,6%) ed è arrivata a 649 miliardi. La Cina incrementa invece il suo budget nel settore consecutivamente da 24 anni: l’anno scorso è cresciuto del 5% e ha toccato i 250 miliardi (nel 1994 era dieci volte inferiore). La differenza di risorse impiegate per attività militari da Washington e Pechino è ancora notevole. L’incremento degli Usa, però, è il segno concreto della preoccupazione delle autorità americane per la crescita della Cina anche in fatto di armamenti, soprattutto sui mari, sviluppo letto dagli analisti dell’Amministrazione Trump come un salto strategico dell’Impero di Mezzo da potenza prevalentemente terrestre a potenza che si proietta sui mari con scopi espansionistici. La competizione tra i due giganti è economica, commerciale, tecnologica, politica ma sta sempre più assumendo anche caratteri militari. In questo quadro, un Paese che per ora non ha ambizioni globali ma ha mire regionali ed è preoccupato della sempre maggiore assertività cinese, l’India, ha accresciuto la spesa del 3,1%, a 66,5 miliardi di dollari. E un altro che appartiene a una zona geografica calda, l’Arabia Saudita, ha diminuito le spese ma continua a investire nel settore l’8,8% del Pil.