Corriere della Sera, 16 maggio 2019
L’uomo con le chiavi dei Musei Vaticani
Ore 4.45 del mattino. Di tutte le mattine. Comincia il lavoro del Clavigero Vaticano, Gianni Crea, uno dei custodi (in tutto undici) autorizzati a usare le 2.797 chiavi che aprono e chiudono i tesori pontifici, ovvero i Musei Vaticani, ben undici diverse collezioni esposte al pubblico oltre le Mura Leonine, nello Stato della Città del Vaticano.
Il rito, semplice e insieme spettacolare, è sempre lo stesso: il Clavigero entra, raggiunge l’atrio dei Quattro Cancelli e lì comincia a scegliere le chiavi, suddivise in diversi mazzi, per riaprire tutte le porte ai quasi 6.500.000 visitatori che ogni anno ammirano la Cappella Sistina, le Stanze e la Loggia di Raffaello, i marmi romani, il Museo Gregoriano Egizio e quello Etrusco, la Galleria degli Arazzi, la Galleria dei Candelabri, la Galleria delle Carte Geografiche, l’Appartamento Borgia e l’Appartamento di San Pio V, e si potrebbe continuare a lungo.
Crea usa la torcia perché fuori Roma è immersa ancora nella notte: afferra le chiavi, apre, accende le luci e ogni volta di fronte a lui riappare un patrimonio culturale che, da secoli, affascina turisti e studiosi, ragazzi delle scuole e anziani, visitatori coltissimi o digiuni di storia dell’arte. Ma i Musei Vaticani, oggi diretti da Barbara Jatta, riescono a parlare a tutti perché il linguaggio della bellezza qui è privo di mediazioni, colpisce il cuore e la mente, nessuno si sente escluso, è il miracolo laico della grande arte.
Racconta Crea: «Venticinque anni fa il mio parroco mi disse che in Vaticano cercavano un custode ausiliario per la basilica di San Pietro. Cominciai così. Adesso da ventuno anni lavoro nei Musei Vaticani».
Albeggia e la torcia di Crea illumina lentamente gli ambienti. Per esempio, ed è solo uno possibile, la Galleria delle Carte Geografiche, voluta da Gregorio XIII tra il 1581 e il 1583 per avere una puntuale rappresentazione di tutta l’Italia. A distanza di secoli si ritrovano paesaggi perduti, piccoli centri scomparsi, le città com’erano alla fine del ‘500 con una precisione da artisti e, insieme, da cartografi.
Eccoci al bunker. Spiega Crea: «Esiste una sola copia della chiave della Cappella Sistina. È antica, ogni sera viene inserita in una busta, sigillata dalla Direzione, infine chiusa in cassaforte. E ogni mattina il forziere viene riaperto».
Il rito della torcia, nel buio della Cappella Sistina, fa letteralmente tremare le gambe: trovarsi lì, da soli, davanti al Giudizio Universale e sotto la Creazione, prima al buio, poi con un piccolo lume tascabile e infine assistere alla riaccensione dell’impianto a Led è un’esperienza da ricordare per la vita.
Non c’è luogo al mondo così ricco di arte, di genialità, di gusto, di fede: ci si abitua? «No, è sempre un’emozione unica sia per me che per i miei colleghi poter aprire la Cappella Sistina a tutti i visitatori che vengono da ogni parte del mondo. È un bene che non ha eguali...».
Ecco il Laocoonte: ritrovato nel gennaio del 1506 in una vigna sul Colle Oppio non lontano da san Giovanni, studiato subito da Michelangelo e Giuliano da Sangallo, venne esposto in Vaticano al popolo romano per volere di papa Giulio II. Così nascono i Musei Vaticani, più di mezzo millennio fa.
La luce illumina Roma, è primo mattino, entrano i turisti, ora l’incanto dei Vaticani è a loro disposizione. Le chiavi tornano nei cassetti, il Clavigero le sistema in ordine. Con amore. E si vede.