Corriere della Sera, 16 maggio 2019
«La Brexit si rende ridicoli» dice il linguista Joe Farrell
Cosa sta succedendo in Inghilterra, Paese che abbiamo sempre preso a modello di saggezza ed equilibrio politico, di stabilità psicologica e grande coraggio? Lo chiedo a Joe Farrell, stimato studioso della lingua italiana, ironico osservatore del suo Paese. «Per il momento ci stiamo facendo ridere dietro da tutto il mondo», mi risponde con quel sarcasmo amaro che gli è proprio e continua: «Queste liti, queste incertezze, questi equivoci non servono a niente e ci rendono grotteschi».
Il Paese è diviso in due, mi sembra di capire, come succede anche da noi: da una parte chi vuole l’Europa unita, ancora piu forte, capace di opporsi alle grandi potenze mondiali e decisa nei suoi progetti per un futuro comune di pace e di crescita; dall’altra quelli che vogliono sprangare le frontiere, cacciare fuori tutti gli stranieri, battere moneta propria e chiudersi una piccola autarchica libertà, senza andare incontro a sanzioni straniere. Tu da che da che parte stai?
«Cominciamo col dire che la Scozia, assieme con l’Irlanda del Sud e devo dire anche con tutte le grandi città della Gran Bretagna, si è dimostrata la più avanzata e consapevole».
Lo dici perché sei scozzese?
«No, lo dicono tutte le persone che ragionano. Uscire dall’Europa è la cosa più stupida e masochistica che possiamo fare. Sia dal punto di vista economico che politico che culturale».
Ma allora perché in tanti hanno votato per la Brexit?
«Il primo errore è stato quello di Cameron che pensava di risolvere i problemi del suo partito indicendo un referendum pensato male, presentato malissimo e lanciato con irresponsabile leggerezza. La gente ha pensato che fossero messi in dubbio l’indipendenza e l’orgoglio del Paese. Nessuno ha spiegato con razionalità le conseguenze di una simile rottura».
Mi puoi fare un esempio pratico di queste conseguenze?
«Beh per primo il mercato unico non ha fatto che arricchire e aiutare lo sviluppo. Secondo: l’unione doganale, che ha creato una frontiera comune, nel senso che nessuno può contrattare con altre nazioni fuori dall’Unione senza concordarlo e questo crea vantaggi per tutti. Terzo: la Corte di giustizia, il solo modo razionale per combattere le criminalità organizzate che spesso agiscono in un Paese e poi si rifugiano in un altro. Quarto: la questione economica che facilita gli scambi e inoltre permette il controllo del giro di denaro fra i Paesi uniti».
Quinto, aggiungo io, la pace di settant’anni e la facilità di circolazione, l’Erasmus che ha aiutato tanti giovani a imparare le lingue e conoscere altre culture.
«Infatti i giovani sono tutti per l’Europa, prova a chiedere in giro».
E Corbin in tutto questo da che parte sta?
«Nessuno lo sa con certezza. Corbin è un vecchio socialista che considera il mercato comune come una eredità del consumismo capitalista e quindi nocivo in partenza. Quando però si è reso conto che la base del suo partito era per l’Europa ha cambiato, ma non ha preso una posizione chiara e decisa; è rimasto ambiguo».
Cosa vorrebbe Corbin?
«Vorrebbe che i diritti degli operai venissero mantenuti. Ma nello stesso tempo rifiuta una normativa comune, per paura delle interferenze dei Paesi più retrivi nei riguardi dei diritti popolari».
Quindi secondo te tutto nasce da grandi equivoci all’interno dei partiti, piu che a differenze di vedute politiche o ideologiche in una chiara progettualità per il futuro mondiale?
Il nuovo razzismo
C’è chi addita il movimento dei popoli come un pericolo contro l’identità nazionale
«Il referendum intanto era troppo semplice. Si doveva rispondere con un sì o con un no a delle questioni spinose e complesse. Non si tratta infatti solo di uscire o meno dall’Unione in senso astratto, ma di tagliare o meno la miriade di rapporti economici e sociali che tengono insieme i Paesi europei. Il partito laburista, pur rivendicando una nobile indipendenza, vorrebbe mantenere l’Unione doganale ed è decisamente contrario al mercato unico. Ma qui si entra in una decisa contraddizione».
Ecco ma parliamo del razzismo che tu spesso citi come un fenomeno che pareva scomparso e sta rinascendo anche qui in Inghilterra. Cosa si intende per razzismo oggi secondo te?
«In effetti il nuovo razzismo non si affida piu alle differenze biologiche come negli anni Trenta, non è più una avversione verso gli ebrei, o gli omosessuali, ma verso gli stranieri in sé, qualsiasi religione pratichino. L’argomento, che considerano assolutamente non razzista, è che questa gente toglie lavoro agli inglesi».
Anche da noi c’è qualcuno che dice le stesse cose usando lo slogan «prima gli italiani».
«Non è per niente vero che portino via il lavoro agli inglesi, perché fanno i lavori più umili, quei lavori manuali che gli inglesi non vogliono piu fare e sono pagati pochissimo. Questo permette al Paese di funzionare anche dal punto di vista dell’organizzazione sociale».
Ma la paura dello straniero deriva solo dal timore di perdere posti di lavoro o c’è qualcosa di piu arcaico e profondo che riguarda l’identità?
«La paura del mescolamento delle etnie? È una paura manipolata e gonfiata che non ha senso. Il mondo è fatto di popoli che si sono sempre mossi e mescolati. Gli inglesi hanno sempre emigrato, adattandosi a fare lavori umili e mal pagati. L’America come è nata? Chi ha fondato l’Australia ? Ma ora c’è chi soffia sul fuoco dei timori ancestrali e addita il movimento dei popoli come un grave pericolo contro l’identità nazionale».
Credi che questa paura della perdita di identità sia un problema serio che potrebbe portare a una nuova guerra mondiale?
«La paura di un inquinamento della propria identità tocca delle corde profonde ma è basato su una menzogna: l’idea perversa che la vicinanza dell’altro possa guastare la purezza di una cultura. Ma questo è razzismo. Così nascono le pulizie etniche, le dittature militari, le epurazioni, gli odi e gli scontri fra le nazioni. Direi che siamo difronte a una vera ondata di xenofobia, che sta portando a galla i vecchi retorici sentimenti di orgoglio delle proprie radici e dei propri valori considerati per principio migliori di tutti gli altri».
Chi si oppone oggi alla Brexit oggi secondo te?
«I Verdi, il partito nazionale scozzese diretto da Nicola Sturgeon. La Scozia per il 62% vuole rimanere in Europa e il numero sta aumentando. Io sono scozzese ed europeo, prima di tutto, molto meno mi sento britannico».
Ho parlato con un professore che è favorevole alla Brexit. Un uomo civilissimo, colto, dalla mentalità aperta, eppure vede l’Europa come il fumo negli occhi e dà tutta la colpa dei guai europei alla Germania.
«Nella vecchia Inghilterra la destra è sempre stata democratica e rispettosa delle istituzioni nazionali. Ora assistiamo a una radicalizzazione delle posizioni. Abbiamo una destra che sta diventando intollerante, capricciosa e violenta. Il partito conservatore, che aveva una sua dignità e una sua sostanziale unità di valori, si è divisa e non fa che litigare. Sono liti e risse che prima erano inconcepibili, e ora sono all’ordine del giorno».
Cosa dici della May?
«Che è un disastro. Prima sembrava favorevole all’Europa, poi ha cambiato. Ma sia chiaro che se si arriva alla Brexit totale, andremo incontro al disastro».
L’interessante dialogo viene interrotto dalla folla pagante, che viene ad ascoltare gli scrittori di tutto il mondo nel Manor di Dumfries, contornato dagli splendidi giardini messi a disposizione dal principe Carlo per gli eventi culturali in occasione del Boswell Book Festival.