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 2019  maggio 16 Giovedì calendario

“LA ROMA HA FATTO BENE A RINUNCIARE A DE ROSSI” - IL CONTROCANTO DE “LINKIESTA” CHE, NUMERI ALLA MANO, SPIEGA AI TIFOSI GIALLOROSSI PERCHÉ È INUTILE FRIGNARE SULL’ADDIO DEL CAPITANO: “DE ROSSI HA 36 ANNI, UN MONTE INGAGGI DA 3 MILIONI A STAGIONE E, VISTI I SOLI 1500 MINUTI GIOCATI QUEST’ANNO E IL FATTORE INFORTUNI, HA UN’AUTONOMIA MASSIMA DI 10/12 PARTITE IN TUTTO IL CAMPIONATO. E CON I CONTI DELLA ROMA IN ROSSO…” -

Pietro Mecarozzi per https://www.linkiesta.it Non ci sono bandiere, tantomeno colori quando si parla di denaro. Nel calcio-azienda, allenato da politici e giocato da icone del lifiting, è doloroso ammetterlo, ma la Roma ha fatto la scelta giusta non rinnovando il contratto a Daniele De Rossi. Sia chiaro: con l’addio dell’ex Capitan Futuro si spenge l’ultimo barlume di romanticismo e i principi di una fede vengono meno come semplici voci di troppo in un bilancio in rosso.

Anche per un non tifoso della Roma ma amante dello sport, dispiace. Dispiace come è dispiaciuto per Del Piero e poi per Totti. Ora più di prima, il calcio deve esporre modelli da seguire; ma ora più di prima, una società calcistica italiana deve cercare di sopravvivere e mantenere i conti (più o meno) in ordine.

Passata la sbronza isterica del tifoso deluso, infatti, ad un’analisi più complessa, la mossa dell’As Roma assume toni diversi. I conti della “Magica”, nonostante la splendida cavalcata dello scorso anno in Champions League, sono rimasti in rosso: la perdita netta nel 2018 si aggirava intorno ai 25,5 milioni di euro, contro i 42,3 milioni della stagione precedente. Un calo che tuttavia non si è riflesso sui debiti finanziari netti della società, che sono saliti da 192,5 a 218,8 milioni. Debiti che hanno quasi la stessa entità del fatturato (nonostante l’aumento di quest’ultimo sia nell'ordine dei 75 milioni).

Insomma, la Roma americana è all’interno di un processo (al momento poco fruttuoso) che mira a trasformarla in una società economicamente sostenibile e di successo, dentro e fuori il campo. A partire proprio dalla stadio: non è un caso se la dirigenza giallorossa ha deciso di accelerare (senza tuttavia una risposta concreta da parte del Comune) per la costruzione del nuovo impianto.

Tra i club con la maggiore crescita a livello europeo in termini di incassi allo stadio, nella stagione 2017/2018, troviamo la Roma al terzo posto con un +41,6%, ovvero da 25 a 35,4 milioni di euro. Con un nuovo stadio, pertanto, i prezzi dei biglietti saranno più alti e di conseguenza maggiori le entrate nelle casse del club.

Il patrimonio netto consolidato della società è passato da -88,9 milioni del giugno 2017 a -105,4 milioni a giugno 2018. Il gruppo della “Magica” è in deficit, sommando le perdite delle ultime tre stagioni, di circa 80 milioni

Il presidente Pallotta sta pensando anche a un “business park” limitrofo con il quale trasformare lo stadio in una vera esperienza e proiettare la società nell’alveo delle grandi d’Europa. Lo Stadio a Tor di Valle è stato al centro di forti scossoni giudiziari e finanziari, ma non è un segreto che la società As Roma, nonostante tutti i buoni proposito, abbia fatto male i conti, anche in questo caso. L’investimento miliardario è stato frenato dal caso Parnasi e la risoluzione dell’accordo adesso sembra molto lontana: i lavori, a circa 5 anni dai primi embrioni di progetto, non hanno mai visto la luce e lo stadio di proprietà sembra sempre più un miraggio.

Non dimentichiamoci poi che il 2018 è stato l’anno delle scelte sbagliate, anche, in termini di scelta della prima linea di dirigenti. Prima l’ad Gandini e successivamente Ramon Monchi hanno concluso i loro contratti in anticipo con la società, non proprio a tasso zero. Dopo aver sobillato per l’esonero di Eusebio Di Francesco, Monchi è tornato al Siviglia con in tasca circa 2 milioni di euro della prima stagione (nonostante l’assunzione il 26 aprile 2017 lo stipendio è stato pagato per tutto l’anno), un milione per la seconda e un bonus da 1,5 milioni per gli obiettivi raggiunti in Champions con la semifinale e in campionato con il terzo posto.

Per non parlare delle mosse di mercato fatte per sua iniziativa. Certo, i risultati delle stagioni passate, per un certo verso, hanno dimostrato che la Roma è una squadra passionale e aliena alle logiche classiche di squadra che più spende più vince. Ma con i risultati che si stanno delineando in questa stagione e l’effetto Davide contro i molti Golia alle battute finali, i primi bilanci della campagna acquisti Monchi non fanno esultare.

Schick, Pastore, Karsdorp, sono solo alcuni dei nomi per i quali la Roma ha speso in totale 264,7 milioni. È vero anche che Pallotta ha abituato a cessioni astronomiche, non a caso, anch'esse senza molti fronzoli sentimentali. Alisson e Salah al Liverpool, Nainggolan all’Inter, Pjanic e Rudiger, per un totale di 220 milioni nelle ultime due stagioni.

Tutto questo, però, non basta. Il patrimonio netto consolidato della società è passato da -88,9 milioni del giugno 2017 a -105,4 milioni a giugno scorso. Il gruppo della “Magica” è in deficit, sommando le perdite delle ultime tre stagioni, di circa 80 milioni, non contando il resoconto del 2019 che, a differenza degli anni passati, al 99% dovrà fare ameno della quota Champions, fattore che in passato aveva generato circa 98,4 milioni di extra ricavi.

L’ormai ex capitano giallorosso ha incassato dal club, non considerando i bonus, 56 milioni di euro netti, con uno stipendio medio, tra il 2004 e il 2019, pari a 3,74 milioni di euro. A confronto con il cachet di altri giocatori, si direbbero briciole, ma non per la Roma

A sorridere sono invece i ricavi dei diritti televisivi, aumentati a 128,56 milioni, in parte dovuti anche alla presenza dell’attuale Ceo Guido Fienga, tra i partecipanti alla Commissione diritti TV per la cessione dei diritti domestici ed internazionali della Lega Calcio Serie A.

Sulla stessa linea negativa dei precedenti conti, invece, sono i costi relativi al personale, che passano da 145 a 158,8 milioni, e le spese per i servizi, salite da 42,46 a 47,38 milioni. Dati alla mano, pertanto, il denaro “pulito” entrato nelle casse del club nell'esercizio del 2018 è di soli 9,5 milioni.

Aprendo un qualsiasi manuale di economia, viene da chiedersi come faccia l’As Roma a iscriversi ancora alla Serie A. A rispondere è la Figc, la quale considera solo il bilancio di esercizio della società a capo del gruppo, e in questo la Roma, anni addietro, si è fatta trovare preparata, scorporando il marchio e le aziende annesse. Pertanto nel bilancio finale le plusvalenze infragruppo scompaiono, mentre i proventi vengono invece contabilizzati, per un patrimonio netto che, allo stesso modo di quello di Inter e Milan, passa in positivo di circa 35 milioni.

In definitiva, il denaro mancante non rientrerà certo dalla singola cessazione del contratto di De Rossi, ma a fronte delle molte spese, il carico è sicuramente alleggerito. L’ormai ex capitano giallorosso ha incassato dal club, non considerando i bonus, 56 milioni di euro netti, con uno stipendio medio, tra il 2004 e il 2019, pari a 3,74 milioni di euro. A confronto con il cachet di altri giocatori, si direbbero briciole, ma non per la Roma.

Ciò nonostante, tutto questo non giustifica la pessima gestione dell’addio, a dir poco sconcertante, ma pone una lente di ingrandimento sul modello di impresa scelto dal team di Pallotta. Il nuovo Ceo Guido Fienga, arrivato alla Roma nel 2013, sin dagli albori si è fatto distinguere per stile e idee: da una sua iniziativa, infatti, nasce il progetto media del club giallorosso. Fienga è uno che guarda alla sostanza, analizza costi e benefici, in pieno stile aziendale, come dimostrano le start up di successo, tra cui Wasserman Media Group e Wind, realizzate prima dell'esperienza romana.

In altri parole: De Rossi ha 36 anni, un monte ingaggi da 3 milioni a stagione e, visti i soli 1500 minuti giocati quest’anno e il fattore infortuni (tamponabili ma non curabili del tutto), un’autonomia massima di 10/12 partite in tutto il campionato. Non contando le limitazione imposte dalla Serie A, in merito alla rose, che spingono la Roma a delle scelte tecniche e atletiche: solo 25 giocatori over 22 possono essere tesserati, e i giallorossi sono già oggi in regola.

Insomma, ci lasciamo travolgere da istanze nostalgiche e riti ormai consolidati, senza mai, però, voler affrontare la verità. Dobbiamo abituarci all’idea di un calcio fatto da gruppi societari quotati in borsa, alla stregua di capitali e debiti, e non solo a quello giocato da bandiere e campioni infiniti. Quindi addio, Capitan Futuro. È stato bello, ma sei già il passato.

2 - LO SQUADRONE CEDUTO DALLA ROMA AMERICANA PRIMA DELL' ADDIO A CAPITAN DE ROSSI Luca Valdiserri per il “Corriere della sera”

«Ho avuto l'impressione che ci mancasse un passo per diventare una squadra fortissima, ma spesso si è fatto un passo indietro». È stato questo uno dei passaggi della lunga conferenza di Daniele De Rossi che ha più addolorato i tifosi. Perché la Roma americana non ha vinto nulla, ma le aspettative erano alte e la qualità di molti giocatori indubitabile. È un gioco, in un momento in cui c'è poca voglia di scherzare, ma rende l'idea.

Prendendo le valutazione di Transfermarkt, la Bibbia del calciomercato, la Roma ha venduto questa squadra (4-2-3-1): Alisson (62,5 milioni, Liverpool); Rudiger (35, Chelsea), Marquinhos (31,4, Psg), Romagnoli (25, Milan), Emerson Palmieri (20, Chelsea); Strootman (25, Olympique Marsiglia), Pjanic (32, Juve); Gervinho (18, Hebei), Nainggolan (38, Inter), Lamela (30, Tottenham); Salah (42, Liverpool). Belle plusvalenze, anche se adesso Salah ne vale 150. E, soprattutto, garanzie di vittoria se fossero rimasti alla Roma. Almeno un po' e almeno per qualche anno in più.

La situazione, ora, è preoccupante. Senza gli introiti della prossima Champions si dovrà vendere, abbassare il monte ingaggi e fare una squadra di giovani. L'addio a De Rossi nasce in quest' ottica e non sarà l'unico senatore ad andarsene. Dzeko e Manolas sono i primi. La scelta dell'allenatore - Gasperini favorito, ma la Roma non molla la pista Sarri, che potrebbe essere licenziato dal Chelsea - nasce in questo senso: una squadra da corsa. Una delle cose che più ha fatto infuriare Pallotta è stato il numero degli infortuni (un record: 50!) e De Rossi ha pagato anche questo. Una decisione che non è andata giù alla tifoseria.

Nasce da qui la dura - ma civile - contestazione di un centinaio di ultrà a Trigoria. Pallotta e Baldini i bersagli di quelli che si considerano «tifosi e non clienti». Hanno ottenuto di poter parlare con De Rossi, Ranieri e Massara. Il d.s. (in partenza) ha avuto il compito ingrato di rappresentare la dirigenza ed è stato «aiutato» dal calciatore e dall' allenatore che, per placare gli animi, hanno ripetuto il concetto che le decisioni vengono prese altrove.

De Rossi ha provato a convincere i più accesi a non continuare nelle contestazioni: la situazione è ormai irreversibile, DDR non tornerà indietro nemmeno se Pallotta ci ripenserà. La dignità non ha prezzo. La Roma è spaccata tra i suoi «centri di potere», come li chiamava Sabatini. Boston e Londra dominano su Roma e la situazione diventa ogni giorno più pesante. Promettere a De Rossi un posto da dirigente, con Totti che da mesi chiede di avere più potere, è stato visto come l' ennesimo segnale incomprensibile.