il Giornale, 16 maggio 2019
Decifrato il manoscritto Voynich (forse)
Difficilmente la questione si chiuderà qui. Però un professore universitario dell’ateneo di Bristol, Gerard Edward Cheshire, ha pubblicato uno studio in cui sostiene di aver decrittato il più misterioso manoscritto del Rinascimento, il testo catalogato come «MS 408» e più noto come manoscritto Voynich (dal nome dell’antiquario polacco che lo acquistò nel 1912). Il manoscritto corredato da una serie di incredibili miniature è vergato con caratteri e una lingua indecifrabile. Tanto da aver fatto credere a lungo che si trattasse di un falso, o una burla. Però i test al carbonio 14 hanno dimostrato che va datato attorno alla metà del XV secolo. Per decenni ogni tentativo di traduzione è risultato comunque vano. Per intenderci, da quando è stato ritrovato nel castello di Ischia più di un secolo fa ci hanno provato sia Alan Turing (il padre dell’intelligenza artificiale che violò la macchina Enigma) sia la Cia. Quanto alle teorie linguistiche, se ne sono sprecate decine e decine. Non parliamo delle bufale sul presunto autore: lo ha vergato e disegnato Ruggero Bacone, filosofo inglese del XIII secolo, anzi John Dee, astrologo della regina Elisabetta I... E ovviamente anche Leonardo da Vinci è stato tirato in mezzo.
Negli ultimi anni però il cerchio ha iniziato a stringersi. Si è partiti dalla lettura di alcuni frammenti di un testo di tipo medico. Nel 2012 Johannes Albus aveva ipotizzato che una pagina contesse una trattazione medica in un misto di latino e tedesco. Nel 2014 Stephen Bax, professore di Linguistica all’Università del Bedfordshire, ha pubblicato una ricerca in cui proponeva la decodifica provvisoria di circa dieci parole, nomi propri di piante e della costellazione del Toro, e quindi di 14 dei simboli dell’alfabeto del manoscritto. E anche in questo caso il senso dei frammenti spingeva verso il testo erboristico. La traduzione di Cheshire – ammesso che sia giusta – va in questa direzione. Le parti tradotte nel suo studio sono formule curative, consigli alimentari o sull’utilizzo di certe piante, o compendi sull’oroscopo. La vera particolarità, secondo Cheshire, è che il libro sarebbe scritto in una lingua protoromanza le cui tracce si trovano nell’italiano, nel francese, nello spagnolo, nel catalano e nel rumeno. Insomma il libro sarebbe la versione scritta di un linguaggio franco del bacino del mediterraneo che ricorda un po’ la lingua bastarda del monaco Salvatore nel Nome della rosa. Certo, cento e più anni di ricerca per scoprire consigli sull’uso della Borago Officinalis faranno cascare le braccia ai più. Però alla fine il segreto del manoscritto pare non andare molto oltre, e su questo sembra crescere l’accordo della comunità scientifica.
Quanto alla lingua: è probabile che sulla tesi di Cheshire si aprirà il dibattito. Già negli anni ’70 William Ralph Bennett, professore alla Yale University, mise in luce che la ripetitività eccessiva di gruppi di lettere simili sembravano l’indizio di un libro composto senza un vero senso. Le truffe (testi venduti come magici che invece erano pura fuffa) esistevano già nel ’400. E resta una tesi da valutare.