Il Messaggero, 16 maggio 2019
Biografia di Marco Bonometti
Da Milano a Roma, viale dell’Astronomia, sede della Confindustria nazionale. L’iscrizione nel registro degli indagati di Marco Bonometti, potrebbe sortire i primi effetti proprio nei corridoi del palazzone di vetro dell’Eur. Perché lo sanno tutti: appena si entra nel quarto anno di mandato (che poi è l’ultimo) di leader di Confindustria, partono le manovre per la corsa degli aspiranti successori. Accadrà tra pochi giorni, il 22 maggio, con la tradizionale assemblea annuale. In realtà tutti sanno anche che per questa tornata le manovre sotterranee sono iniziate molto prima, visto che la designazione di Vincenzo Boccia nel 2016 fu divisiva come non mai (vinse con 100 voti contro i 91 del rivale Alberto Vacchi) e in questi tre anni di presidenza ha faticato a ricompattare, a diventare il presidente di tutti: agli industriali del Nord essere rappresentati dal campano Boccia pare che non sia mai andato giù davvero.
Boccia ci ha provato, ma sui risultati non tutti concordano. Tra i ramoscelli di ulivo offerti, dicono ci sia anche un accordo proprio sulla sua successione: il prossimo presidente sarà un lombardo. Ma i rumors attorno alle vicende di Confindustria per tradizione sono sempre tanti e molte volte privi di fondamento, per cui non sorprenderebbe se il suddetto patto in effetti sia una fake news.
Certamente dalla Lombardia stavano già scaldando i muscoli tre pezzi da novanta: Carlo Bonomi, presidente della potente Assolombarda (la territoriale degli industriali di Milano, Lodi, Monza e Brianza, che rappresenta oltre seimila imprese); Giuseppe Pasini, presidente del gruppo dell’acciaio Feralpi (oltre 1 miliardo di fatturato e 2.100 dipendenti) e dal 2017 anche presidente dell’associazione industriale bresciana (Aib); infine Bonometti, presidente di Confindustria Lombardia e già leader della territoriale di Brescia. Una bella sfida, se davvero tutti e tre riusciranno a passare la tagliola del comitato dei saggi di Confindustria che decidono, in base alle regole previste dalla riforma Pesenti, chi va ai voti. Ovviamente circolano anche altri nomi fuori dalla Lombardia, come quello di Fabio Storchi (Emilia Romagna) ex presidente di Federmeccanica; Maurizio Stirpe, attuale vicepresidente di Confindustria, già numero uno di Unindustria Lazio; Matteo Zoppas, presidente di Confindustria Veneto; il genovese Edoardo Garrone, presidente del Sole 24 Ore.
LE ASPIRAZIONIL’iscrizione nel registro degli indagati di Bonometti con l’accusa di finanziamento illecito ai partiti, potrebbe però adesso rimescolare le carte sul tavolo dei candidati più accreditati, quelli lombardi come si diceva. Essere indagati non significa essere colpevoli, in un sistema garantista.
Ma questo principio sacrosanto varrà tra i corridoi e nelle stanze degli industriali italiani già pronti alla battaglia dei lunghi coltelli per la conquista della poltrona più ambita a viale dell’Astronomia? Forse si. Ma anche no. I tempi delle indagini, si sa, da noi sono lunghi. Chissà se a fine anno ci sarà già qualche punto fermo. Intanto se in Confindustria dovessero prevalere i giustizialisti (per convenienza o per convinzione) per Bonometti sarebbe un brutto colpo.
Sarebbe infatti la seconda volta che dovrebbe mettere da parte le sue aspirazioni a sedersi sulla poltrona di leader di Confindustria nazionale, senza nemmeno arrivare ai voti. Nel 2016, quando partì la corsa per il dopo Squinzi, era uno dei quattro ai nastri di partenza. Si ritirò poco prima dello sprint finale. Fece lo stesso anche Aurelio Regina e in pista si sfidarono solo Boccia e Alberto Vacchi. Stavolta Bonometti ci credeva di più. Si era allenato meglio. E poi finora, come industriale, nessuno poteva dirgli nulla: è presidente e amministratore delegato di OMR (Officine Meccaniche Rezzatesi), un gruppo che conta 9 stabilimenti in Italia e 6 all’estero, dà lavoro a oltre 3.000 dipendenti e ha come principale attività la componentistica per l’industria dell’auto. Tra i clienti ci sono Ferrari, Fca, Mercedes, Maserati e Lamborghini. Come tempra invece un po’ di critiche le ha accumulate: troppo duro e spiccio nei modi. Politicamente Bonometti da tempo è un fan di Forza Italia. Anche se lui non ha mai nascosto nostalgie per l’era fascista e per Mussolini: qualche anno fa le cronache locali polemizzarono molto sul fatto che fosse uno dei finanziatori della mostra il culto del Duce, del quale – così dicono le leggende – Bonometti abbia tuttora un mezzo busto in bella vista sulla propria scrivania.