la Repubblica, 15 maggio 2019
Franca Leosini: «Non sono una signora»
Franca Leosini, giornalista e conduttrice televisiva, è nata a Napoli.
Con “Storie maledette” su Rai 3 ha conquistato schiere di fan, i “leosiners”, che la seguono sui social. È un’icona gay, racconta l’Italia con i delitti Ha uno stile da lady anche quando parla di «ardori lombari», spiega asciutta a Sabrina Misseri: «Lei era sentimentalmente genuflessa» o sintetizza: «Lui inforcò le mutande». Franca Leosini, regina di Storie maledette su Rai 3 (a giugno andrà in onda uno speciale, in autunno ricomincerà la serie) è una donna di rara simpatia. Parla di delitti efferati come se dovesse scegliere un taglio di shantung, studia migliaia di carte e ha un lessico tutto suo. Il 22 giugno con Emmanuel Carrère, Federico Rampini, Eva Cantarella e Riccardo Zipoli riceverà il premio Hemingway. I “leosiners” la seguono come un guru, sui social è un fenomeno («Vorrei la Leosini come voce fuori campo della mia vita»). Che effetto fa? «Mi fa molto piacere, ma la mia più grande soddisfazione è vedere la mia foto nel negozio del verdumaio (lei chiama così il verduraio, ndr ), tra pomodori e peperoni». Signora Leosini, come si diventa un’icona? «Intanto, mi faccia il favore, non usi la parola signora. Non mi piace». Non è una signora? «Sono Franca. E basta. Le signore stanno nei salotti, le giornaliste sui marciapiedi». Lei più spesso nelle carceri. «È vero. Ma è così interessante studiare i delitti, puoi raccontare l’Italia e i cambiamenti del paese attraverso la cronaca nera. I delitti passionali avvengono al Sud come al Nord. Sono sempre stata una lettrice onnivora ma l’attenzione per il noir è iniziata con Telefono giallo. Scrivevo del delitto Grimaldi per Il Tempo. Fui chiamata da Corrado Augias per ricostruire l’inchiesta. Il direttore di Rai 3 Angelo Guglielmi mi chiese di raccontare altre storie». Cosa la incuriosisce dei delitti? «L’aspetto umano. Ci sono storie pazzesche, cinematografiche. Matteo Garrone ha tratto due film da due casi di Storie maledette : il collezionista di anoressiche ha ispirato Primo amore e il nano di Termini L’imbalsamatore». Come lavora? «Studio le carte. L’avvocato Coppi per il delitto di Avetrana mi consegnò diecimila pagine». Non le avrà lette tutte. «Studio caso per caso e so come leggere le carte processuali. Devo sapere come sono andate le cose. A febbraio per i 110 anni dell’Associazione nazionale magistrati ho parlato davanti a cinquecento giudici». I fan che la incontrano cosa le chiedono? «Perché non scrive un libro? E io rispondo: perché aspetto in libreria la biografia di Belen. Devo fare le cose al meglio, in ogni puntata scrivo un libro. Se pensa che Sciascia scriveva un libro sette volte». È napoletana: cosa la colpisce di quello che succede nella sua città? «La paranza dei bambini, sono ragazzini che sparano senza pietà. Ma nel disprezzo della vita, mai toccherebbero i propri genitori». Cosa la impressiona negli incontri che fa? «Quello che colpisce il pubblico, credo: che spesso gli assassini non sono professionisti del crimine, sono caduti nel vuoto di una storia maledetta. Non somigliano al delitto che hanno commesso». Capisce sempre chi ha davanti? «Mi formo un’idea precisa, sì. Non giudico, cerco di capire e racconto». Ha un lessico tutto suo, come nasce? «Il linguaggio è importante, e quello è il mio modo di parlare. Bisogna avere la fortuna di avere un talento, detto senza arroganza. C’è chi sa suonare uno strumento. Io ho una certa capacità dialettica». La fermano per strada come una star. Suo marito, che dice? «Mio marito è mio fan. Che fa? Sopporta. Devi avere accanto uomini pazienti se fai televisione. Però dico sempre che quando si ha poco tempo per stare insieme si ha anche poco tempo per litigare». Lei è un’icona gay. «Da sempre. I gay si sono avvicinati a me e alle mie idee perché sono idee di grande libertà e apertura. La parola tolleranza non esiste nel mio vocabolario, perché non devo tollerare nessuno. Sono stata felice per i matrimoni gay. Cosa viene tolto agli altri se gli omosessuali conquistano i diritti civili? Secondo me si accresce la serenità sociale quando le persone sono regolarmente inserite». Sostiene anche le adozioni delle coppie gay? «Ma certo. Chi ha avuto la fortuna di avere figli in modo naturale dovrebbe appoggiare chi vuole diventare genitore con un atto di grande generosità e sensibilità». Andrà al Gay pride? «Andrò il 2 giugno a una serata speciale prima del Gay pride che non mi convince, perché per me quello è un modo per ghettizzarsi. Nessuno è diverso. I diversi sono quelli che rubano e uccidono». È sempre elegantissima, ha un debole per la moda? «Mi piace essere in ordine. Compro io i vestiti. Un grande complimento che mi hanno fatto è che ho le ossa eleganti». Quella messa in piega che intimorisce un po’ come nasce? «Ma per carità, mi lavo e mi asciugo i capelli, spazzola e phon, poi mi metto i bigodini. Ho tanti capelli». Riccardo Milani l’ha voluta nel film “Come un gatto in tangenziale”, Baglioni l’ha invitata a Sanremo, ma non va spesso in tv. «Dico tanti no, e mi scuso coi colleghi. Ma non amo andare in giro, lavoro. Quando mi ha chiamato Riccardo l’idea mi ha divertito, anche se all’inizio ho pensato a uno scherzo». Che pensa delle battaglie delle donne? «Non sono d’accordo con le quote rosa, credo solo alla “quota qualità”. Ritengo le cosiddette quote rosa una sorta di ghettizzazione impropria»