Corriere della Sera, 15 maggio 2019
Delon, un caso a Cannes
CANNES Sessista, razzista, misogino… Il caso Delon cresce, monta. E azzanna gli zombie di Jarmusch, oscurando l’inaugurazione. Le femministe contestano Alain Delon per le sue idee e per come le esprime. L’icona del cinema francese riceverà la Palma d’oro alla carriera e la polvere delle polemiche ricopre il tappeto rosso. Non è bastata la difesa d’ufficio del delegato del Festival Thierry Frémaux: «Non gli diamo il Nobel per la pace ma un premio alla carriera». Ha aggiunto che Alain Delon, 83 anni, in sostanza va capito, appartiene a un’altra epoca, che non è quella del dopo Weinstein e del politically correct.
L’attore ieri ha rilasciato un’intervista al quotidiano Nice Matin, eludendo la querelle, smorzando i toni, ma rievocando il suo tumultuoso rapporto con Cannes, che mai lo ha premiato. Ventidue anni fa non fu invitato all’anniversario dei 25 anni del Festival, e insieme col suo amico Jean- Paul Belmondo lo boicottò. Si adontò perché nel 1984 non fu selezionato il suo film Notre Histoire, girato da Bertrand Blier (vinse il César come migliore attore). Questa la considera una riconciliazione, ma fonti a lui vicine, al di là delle dichiarazioni dovute («la prima volta al Festival fu nel 1961 con Che gioia vivere di René Clement un grande onore») dicono che ha a lungo esitato se ricevere o meno il riconoscimento.
Tutto è cominciato con la presa di posizione dell’associazione femminista americana Women and Hollywood, per bocca della presidente Melissa Silverstein che ha chiesto al Festival di ritirare la Palma a Delon, raccogliendo 15 mila firme in una petizione, in costante aumento. Colui che nell’intervista al quotidiano della Costa Azzurra è «Il mostro sacro del cinema», per il movimento femminista sembra solo un mostro, dai «valori aberranti». Da «faccia d’angelo», come veniva chiamato per la sua bellezza insolente, a faccia di bronzo (stando alle accuse): «Cannes manda un segnale negativo alle donne e alle vittime di violenza; siamo deluse».
All’attore rimproverano di essersi espresso contro le adozioni da parte delle coppie omosessuali, e di essere un simpatizzante della destra politica. In effetti l’attore è amico di Jean-Marie Le Pen, che conobbe al tempo del servizio militare durante la guerra d’Indocina. Ma non si può dire altrettanto che abbia in simpatia la figlia Marine, che non votò al recente ballottaggio.
A Nice Matin Delon ha detto: «Ho avuto una carriera impensabile, in un’altra epoca, altri tempi… Ho lavorato con Clément, Visconti, Losey». Memorie: «Oggi siamo rimasti in tre della cosiddetta banda dei cinque: Trintignant, Belmondo e il sottoscritto. Cassel e Brialy se ne sono andati. Il cinema mi ha indicato una strada e salvato dalla morte». I travagli familiari, la famiglia adottiva, il collegio, la gioventù ribelle…
Ha sempre sbandierato il suo amore per le donne: «Non ho chiesto nulla e mi è capitato tutto. Esisto solo per loro, e a loro devo tutto», ha detto in tv ospite di Fabio Fazio. Aggiungendo con ironia che da giovane fu molestato da tante ragazze. Le femministe gli rinfacciano i toni machisti, come uno di quei boxeur che ha interpretato. Scoperto in Italia negli Anni 60 da Luchino Visconti, a tratti parla in terza persona. Si è chiuso nella nostalgia e nell’orgoglio: «Ho fatto quello che volevo, quando volevo, con chi volevo. Sono rivolto più al passato perché ne ho avuto uno straordinario. Sono un vincente. Ho interpretato i ruoli che mi hanno proposto e non sono stato male. Alla fine nella maggior parte dei miei film muoio, e il mio pubblico si sorprende. Ma per essere un eroe devi morire».