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 2019  maggio 15 Mercoledì calendario

Salvare la Terra con un Sole artificiale

Un piccolo passo per un uomo, un passo gigantesco per l’umanità», disse Neil Armstrong, mettendo piede per primo sulla Luna. Una frase scolpita nella memoria collettiva che alla vigilia del 50° anniversario dell’Apollo 11 potrebbe rivelarsi profetica in tema di emergenza climatica.
Le parole di Armstrong si applicano infatti altrettanto bene a quanto tra breve potrebbe accadere al nostro Pianeta: un ultimo piccolo passo nello sciagurato cammino che da decenni ci porta ad alterare l’ambiente ed il clima, che invece dei «soliti» piccoli cambiamenti ai quali siamo abituati porterà conseguenze drammatiche e forse irreversibili per la specie umana.
Allarmi climatici
Da tempo gli scienziati lanciano un allarme preciso a proposito del clima: siamo prossimi ad un punto critico, quello che gli anglosassoni definiscono un «tipping point». Quel momento nel quale piccole azioni che fino ad allora avevano causato modifiche impercettibili danno origine invece ad un cambiamento drammatico dello stato del sistema, che in questo caso è il nostro Pianeta. Proprio come quel piccolo passo di Armstrong, del tutto simile a milioni di altri ma che invece lo consegnò alla storia.
L’ultimo allarme in ordine di tempo viene dalla rivista «Nature», dove un gruppo di ricercatori guidato da Merritt Turestsky ha pubblicato uno studio sul permafrost, il terreno perennemente ghiacciato che ricopre circa un quarto delle zone emerse nell’emisfero Nord e che cristallizza al suo interno piante, animali e microrganismi. Un gigantesco serbatoio di gas serra - ne contiene circa il doppio di quelli presenti in atmosfera - rimasto per fortuna finora sigillato grazie alla sua bassa temperatura. Le regioni artiche si stanno però riscaldando a ritmi quasi doppi rispetto al resto del Pianeta e il serbatoio già comincia a mostrare le prime perdite, tanto da far dire alla Turestky che siamo di fronte al risveglio di un pericoloso gigante. Un rapido rilascio dei gas serra contenuti nel permafrost sconvolgerà gli scenari climatici e renderà difficilissimo il già ambizioso obiettivo di stabilizzare l’aumento di temperatura del Pianeta entro un grado e mezzo rispetto ai livelli pre-industriali.
Per invertire la rotta e fermarsi prima del fatidico «ultimo passo» occorrono cambiamenti radicali in molteplici settori, tra i quali quello energetico. È infatti la dipendenza dai combustibili fossili a costituire uno dei principali ostacoli ad una riduzione epocale delle emissioni di gas serra. Da questa dipendenza ci si libera muovendosi verso scenari energetici «decarbonizzati», puntando sulle rinnovabili, ma anche prendendo decisioni di lungo periodo che rendano sostenibili questi scenari. 
Come quella di costruire una «fabbrica delle stelle», per riprodurre in laboratorio il processo di fusione dell’idrogeno che alimenta il sole e le stelle. Un processo che libera energia senza emissioni di CO2, senza le scorie radioattive di lunga durata della fissione e in maniera sicura (la fusione non è una reazione a catena e, quindi, una centrale a fusione non può provocare incidenti nucleari).
Un’impresa «stellare» nella quale l’Italia è in prima linea nel mondo, grazie anche al recente avvio del progetto «Dtt» («Divertor Tokamak Test facility»), un’eccellenza della fisica e dell’ingegneria italiane. Promosso dall’Enea, «Dtt» è una grande «ciambella» superconduttiva, che studierà la gestione dei flussi di energia in un futuro generatore a fusione e all’interno della quale il plasma raggiungerà temperature dell’ordine di 70 milioni di gradi. Un concentrato di alta tecnologia che verrà realizzato nei laboratori di Frascati dai ricercatori dell’Enea e di università ed enti di ricerca italiani. Un’impresa che, a fronte di un investimento per la costruzione di 500 milioni di euro, garantirà non solo risultati che faranno il nostro Paese protagonista in quest’area di ricerca così strategica, ma anche 1500 posti di lavoro e un ritorno economico di 2 miliardi.
Laboratorio per Iter
La fisica e l’ingegneria italiane sono in prima linea nello studio della fusione e nella realizzazione di progetti di rilievo internazionale. Oltre a «Dtt», a Padova stanno iniziando le attività sperimentali nella «Neutral Beam Test Facility», un laboratorio che darà contributi cruciali ad Iter, l’esperimento internazionale in costruzione nel Sud della Francia che dovrà dimostrare la fattibilità scientifica della fusione. La fusione, infine, è anche un prezioso motore per l’industria: negli ultimi quattro anni le imprese italiane hanno ottenuto commesse internazionali per circa un miliardo e 200 milioni di euro proprio per la realizzazione di componenti di Iter e di altri dispositivi sperimentali. Non solo una boccata d’ossigeno in tempi di crisi (economica e climatica), ma anche un trampolino per la conquista di nuovi mercati e per la generazione di lavoro altamente qualificato.