Anteprima, 15 maggio 2019
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Biografia di Gianluigi Gabetti
Gianluigi Gabetti (1924-2019). Ex presidente dell’accomandita che controlla la Fiat (Giovanni Agnelli e C.). «L’arrivo di Gianluigi Gabetti al vertice della Giovanni Agnelli e C. comincia con una stretta di mano a New York. Era l’autunno del 1971, e il finanziere stava concludendo il risanamento della Olivetti Corporation of America di cui teneva le redini da sei anni. L’Avvocato rimase colpito da quest’uomo discreto, che aveva il sangue del banchiere e il dna del manager, così gli offrì di rientrare in Italia come direttore generale dell’Ifi, la holding finanziaria della famiglia. Gabetti accettò, e un anno più tardi era amministratore delegato, carica che avviava il lungo sodalizio con la Fiat, di cui sarebbe stato anche vicepresidente [...] È stato regista delle operazioni importanti, consigliere ascoltato nelle occasioni difficili. [...] La Giovanni Agnelli e C. è la società in cui, con pesi e quote differenti, sono riuniti tutti i discendenti del Senatore che fondò la casa torinese nel 1899. […] Trentatré anni nel gruppo hanno trasformato il finanziere, più volte definito come il “civil servant della famiglia Agnelli”, in “uno di casa”. Dopo la scomparsa del presidente Fiat [...] è stato ancora una volta ritenuto la figura più adatta per rappresentare il passato e garantire la continuità degli impegni futuri. Torinese, laureato in Legge, Gabetti nasce banchiere alla Comit, dove impara le logiche della finanza e diventa presto dirigente, prima di spiccare il volo oltreoceano e assumere, nel 1965, la guida della Olivetti Corporation of America, compagnia nata dalle ceneri della Underwood. Esperto e riservatissimo, ispira la strategia globale del gruppo. Cruciale la partecipazione all’operazione Lafico, quando si tratta di negoziare - insieme con Franzo Grande Stevens - la delicatissima partita del riacquisto delle azioni possedute dai Gheddafi. Il nome di Gabetti appare in tutte le vicende che segnano la storia della Fiat […]. Dal 1993 sale alla vicepresidenza del gruppo del Lingotto, e nel 1999 decide di ritirarsi a vita privata […]. Si rifugia così nel “buen retiro” svizzero, viaggia, si dedica ai suoi hobby, la musica classica (un debole per Bach ed è presidente dell’associazione Lingotto Musica) e la lettura. Ma il destino ha per lui un ritorno fra gli onori. Alla morte di Gianni Agnelli, Umberto gli affida l’Ifil e la vicepresidenza dell’accomandita. Anche in quell’occasione, la famiglia decide in fretta e gli riconferma la fiducia». (Marco Zatterin, 2004). Nel 2005 dà mandato all’avvocato Franzo Grande Stevens di studiare una soluzione che permetta alla famiglia Agnelli di mantenere il controllo sulla Fiat. «È quest’ultimo, l’avvocato dell’Avvocato, a curare la parte legale dell’operazione e a tenere i contatti con la Consob. Ed è questa la parte che mostrerà le crepe. L’intervento riesce, gli Agnelli mantengono il 30% di Fiat e la mettono al riparo da take-over, vendite a pezzi, terremoti ai vertici […]. Però qualcosa non funziona nelle comunicazioni al mercato. “False”, decreterà la Consob. E anche per Gabetti, in quanto presidente Ifil, scatterà un processo e, intanto, la sospensione dalle cariche in società quotate […]. Fu questo, a segnarlo. Questo, e la causa che Margherita Agnelli intentò a figlio e madre sull’eredità dell’Avvocato, rimangiandosi la firma di un accordo tombale. A 83 anni, dopo 50 di carriera senza una sbavatura, dopo che “solo per spirito di servizio” aveva lasciato una comoda pensione tra Ginevra, New York e Torino, si ritrovava così, accusato in quello cui teneva di più: l’onorabilità. Riusciva anche a scherzarci, il sense of humor non l’aveva perso e capitava, con gli intimi, che si mettesse a parlare in perfetto siciliano imitando altrettanto perfettamente Marlon Brando-don Vito Corleone nel Padrino. Era autoironia, ovviamente. Amarissima però. “È in questo modo che mi dipingono. È questo che si ricorderà”. Valeva a poco dirgli che non era così» (Aldo Cazzullo, Cds 14/5/2019).