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 2019  maggio 15 Mercoledì calendario

Nove su dieci prendono il reddito a sbafo

Uno su dieci dovrà cercare lavoro. Nove su dieci potranno restare tranquillamente seduti sul divano. Che il reddito di cittadinanza, al di là di quanto sbandierato per mesi dal governo, non sarebbe stato un grande volano per l’occupazione lo si era capito da tempo. A febbraio l’Istat si era esercitata in alcune simulazioni e aveva calcolato che solo un terzo della platea totale a cui il sussidio grillino è rivolto avrebbe avuto l’obbligo di sottoscrivere il patto per il lavoro. Gli altri due terzi, vuoi per l’età, vuoi per la presenza di figli minori o disabili nel nucleo famigliare, vuoi per il contestuale svolgimento di corsi di studio o formazione, sarebbero invece stati indirizzati verso i servizi sociali attraverso la firma del patto per l’inclusione che non prevede obblighi ma solo aiuti. Le previsioni si sono rivelate fin troppo ottimistiche. La quota di richiedenti che hanno i requisiti per essere affidati ai centri per l’impiego si attesta per ora intorno al 10%. A rivelarlo non è un’indagine statistica. E neanche una misteriosa talpa al ministero del Lavoro. La notizia arriva direttamente dall’Agenzia nazionale delle politiche attive per il lavoro, il cuore pulsante di tutta la macchina del reddito grillino. Ed è contenuta in un documento ufficiale inviato alle Regioni con tanto di lettera di accompagnamento firmata di proprio pugno dal presidente Mimmo Parisi, fedelissimo di Luigi Di Maio. 

MISSIVA
La missiva è di natura tecnica e riguarda la condiviosione con gli enti territoriali degli elenchi dei beneficiari del reddito che possono essere convocati dai centri per l’impiego. Si tratta della prima fase operativa delle politiche attive, che dovrebbe portare successivamente alla firma del patto per il lavoro e alla presa in carico del disoccupato da parte dei cosiddetti navigator per la ricerca di un impiego. Il documento di 14 pagine descrive nel dettaglio, seppure in maniera tutt’altro che chiara, le modalità di interazione e di scambio di informazioni tra Regioni, pubblica amminsitrazione, Anpal e Inps per l’effettiva erogazione dei servizi previsti dal reddito di cittadinanza. Tra sigle, acronomi e tabelle l’Anpal spiega che entro oggi verrà reso disponibile alle Regioni un primo elenco relativo ai soggetti da avviare ad un percorso personalizzato di accompagnamento all’inserimento lavorativo. sorpresa Ed ecco la sorpresa. Volete sapere da quante persone è formato l’elenco? Nel testo si legge, nero su bianco, che si tratta di 120.226 nominativi, pescati tra coloro che hanno un’età compresa tra i 18 e i 29 anni o tra i 30 e i 64 che abbiano perso il lavoro negli ultimi due anni o abbiano un patto di servizio attivo sottoscritto negli ultimi due anni. Tutto qui? Tutto qui. Il documento specifica che dalla lista sono stati per ora esclusi coloro che non hanno una scheda anagrafica professionale attiva (Sap), ovvero che non sono mai passati per un centro per l’impiego. Il che significa che i numeri potrebbero subire qualche leggera variazione. Ma la sostanza cambia poco. Dopo aver spremuto fino all’inverosimile il bilancio pubblico per ricavare 7 miliardi di deficit da mettere sul sussidio che doveva non solo abolire la povertà ma rilanciare il lavoro, ci ritroviamo con 120mila potenziali nuovi occupati. Che poi spunti un numero corrispondente di posti di lavoro è tutto da vedere. Anche se fosse, rimane impressionante la sproporzione con le domande presentate, arrivate a quota 1,25 milioni, praticamente il tetto indicato dall’Istat. Considerando i nuclei famigliari, i soggetti coinvolti sono 2,7 milioni, di cui 1,7 in età da lavoro, e la percentuale scende ancora, dal 10 al 7%. Di Maio continua a ripetere che quello di cittadinanza non è il vecchio Reddito di inclusione. Ha ragione: è molto più costoso.