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 2019  maggio 15 Mercoledì calendario

Il suicidio causato da una trasmissione tv trash

Suicida dopo una piazzata televisiva su un presunto tradimento coniugale. Si chiarisce la follia della vicenda che ha innescato la sospensione in Gran Bretagna del Jeremy Kyle Show, una delle trasmissioni trash di punta nel Regno fra quelle dedicate a far spettacolo su dispute tra familiari o conoscenti, e la polemica diventa subito bufera. 
La trasmissione – regina del daytime con una media del 22% di share – è stata sospesa da Itv, la rete che l’aveva in palinsesto dal 2005, sulla scia della notizia della «morte» di un partecipante avvenuta «una settimana dopo la registrazione» dell’episodio che avrebbe dovuto riguardarlo. Ma a mano a mano che vengono fuori i dettagli, lo sdegno monta. E nel mondo politico d’oltremanica c’è chi sembra scoprire all’improvviso gli effetti potenzialmente perversi della televisione più urlata e impudica. 

BUFERA POLITICA
Si chiamava Steve Dymond e si è tolto la vita sette giorni dopo essersi prestato a difendersi di fronte alla rumorosa platea dello show presentato con toni ruvidi quanto caustici dall’azzimato e popolarissimo Jeremy Kyle da una presunta accusa d’infedeltà della fidanzata. Accusa che l’uomo, poco più che 60enne, aveva respinto disperatamente, accettando di sottoporsi in favore di telecamera anche al test della verità (fallendolo, secondo il Daily Mail) e del dna. La registrazione non era ancora andata in onda e non andrà mai, ha assicurato ieri Itv: rendendo noto d’aver sospeso tout court lo show in seguito all’accaduto, evocando il senso di «shock e tristezza» da parte dell’intero staff e promettendo un’inchiesta accurata sul «grave» epilogo dei fatti. Rassicurazioni che tuttavia non bastano più, a giudicare dalle reazioni di commentatori, intellettuali e parlamentari.
«Questo è uno spartiacque, siamo andati troppo oltre e sarebbe estremamente sensato» se Itv optasse per la decisione di chiudere per sempre lo show, ha tagliato corto il deputato conservatore Charles Walker, noto per aver avuto il coraggio di parlare in pubblico dei suoi problemi passati di depressione e salute mentale e oggi presidente di un comitato bipartisan a Westminster per la prevenzione dei suicidi e dell’autolesionismo.
Coloro che partecipano a questo genere di programmi – quando si tratta di vicende genuine e non di messinscene – «non sono in effetti ospiti, bensì vittime», ha incalzato, aggiungendo di «non voler infierire su Jeremy Kyle, che probabilmente si sente già abbastanza male di suo», ma invitando il presentatore, «un uomo di talento», a «fare altro». «Il Jeremy Kyle Show deve diventare un ricordo», ha concluso. Appena più sfumata la reazione di Damian Collins, presidente della commissione Digitale e Media alla Camera dei Comuni, che ha sottolineato «le responsabilità delle emittenti tv» affinché «le persone vulnerabili non siano esposte» al pubblico ludibrio e ha annunciato audizioni ad hoc.