La Stampa, 15 maggio 2019
Polunin, il ballerino russo omofobo
Un Romeo con la faccia di Putin tatuata sul petto ancora non si era visto. Nemmeno nella sua città (di Romeo, non di Vladimir): Verona. Si rimedierà il 26 agosto, all’Arena, per un balletto dal titolo bimbominkia: Romeo+Giulietta. Il Montecchi in questione si chiama Sergei Polunin, étoile di cui nessuno discute la grandezza tersicorea. Le opinioni, magari, sì.
Negli ultimi mesi il bel Sergej si è esibito molto sui social, e senza collegare troppo il cervello alla tastiera. Ecco qualche chicca: «Schiaffeggiamo i grassi quando li incontriamo, questo li incoraggerà a dimagrire»; «A tutti gli uomini che ballano: ci sono già delle ballerine in scena. Un uomo dev’essere uomo e una donna, donna: questo è il motivo per cui avete le p...»; «Le femmine cercano di prendere il vostro (degli uomini, ndr) ruolo perché non le s... più». E naturalmente dichiara la sua «totale identificazione» con quel macho sovranista di Putin. Insolito, certo. Un ballerino classico che tuona contro l’omosessualità è come un astemio che va a contestare il festival della grappa, giusto per restare in Veneto.
Secondo il gaio circolo Pink di Verona, che ha aperto l’offensiva su Facebook (al solito, chi di social ferisce di social perisce) si tratta di un «Romeo omofobo e sessista». Opinione condivisa da Aurélie Dupont, direttrice del balletto dell’Opéra di Parigi, che gli aveva mandato un invito per il Lago dei cigni ma, di fronte alle proteste della compagnia, cigni compresi, ha dovuto rimangiarselo: «Conosco l’artista di talento ma ho scoperto delle sue pubbliche prese di posizione che mi sconvolgono e non rispecchiano i miei valori né quelli dell’istituzione che noi rappresentiamo».
Quelli di Pink invitano il sindaco, Federico Sboarina, a negare l’Arena a Polunin. Molto improbabile. La città non è mai stata così di destra dai tempi in cui ci fucilarono Ciano. Il contestatissimo Congresso mondiale della famiglia si è svolto qui. Il Comune vota mozioni anti gender. Sboarina è un leghista che viene da An e la sovrintendente dell’Arena, Cecilia Gasdia, era candidata per Fratelli d’Italia.
Qui però si apre un’altra questione, tutta interna all’Arena e alla sua travagliata gestione. Il balletto di Polunin non è inserito nel cartellone della Fondazione lirica, che di danza propone soltanto due Bolle and Friends. Polunin è stato invitato dall’Arena di Verona srl, la società partecipata dal Comune di cui è ad Gianmarco Mazzi, un manager tivù che organizza nell’anfiteatro una programmazione parallela di concerti pop, pattinaggio e altro horror. L’Arena «lirica» (e nemmeno Bolle, pare) non avrebbe affatto gradito Polunin, non per le sue sparate omofobe ma perché rischia di irritare, per usare un eufemismo, i sindacati. Negli ultimi anni il Corpo di ballo dell’Arena è stato di fatto chiuso e Sboarina in campagna elettorale promise di rivitalizzarlo. Invece ci si ritrova con il Romeo putiniano. Imbarazzante. Infatti Gasdia annuncia che se parlerà lo farà «fra una settimana», tanto ci vuole per verificare con i competenti uffici (poi dicono che a destra manca di senso dell’umorismo). Mazzi invece dispensa banalità al Corriere del Veneto: «Penso che un ballerino di valore mondiale come Sergej Putin vada giudicato per la sua arte».
In effetti, almeno dal punto di vista artistico, Polunin non si discute: «Grande carisma, grande stile, tecnica stupefacente, un misto di eleganza inglese e furore slavo», chiosa Sergio Trombetta, ballettologo ottimo massimo, lodando i suoi «ballon» (in sintesi: quando zompa in aria, Polunin sembra restarci sospeso, e più tempo di quanto concesso dalle legge di gravità). Però il «James Dean del balletto» ha anche scelto di non fare la carriera classica dell’étoile, ma di esibirsi più che altro in galà e spettacoli costruiti su di lui. «Bad boy» della danza internazionale, posa come modello, ambisce a fare l’attore, gestiva un negozio di tatuaggi a Londra e il suo video per David La Chapelle è stato cliccato milioni di volte. Le sue sparate a getto continuo sui social alle volte scandalizzano perfino le «poluniners», le sue innumerevoli groupie.
Come in tutte le storie, anche qui c’è un po’ di ironia. Polunin è nato in Ucraina da una famiglia poverissima. Se ha potuto andare a studiare in Inghilterra dove al Royal Ballet lo fecero étoile a 19 anni prima che lui li mandasse a quel paese, guarda caso, è grazie alla fondazione Rudolf Nureyev. Non esattamente un modello di virilità putiniana.