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 2019  maggio 14 Martedì calendario

Le scale immobili romane

Vista da vicino riassume e spiega tutti i rottami d’Italia questa ferraglia di scala mobile che esibisce il colore della ruggine e i grumi di olio lubrificante. È dunque “la scala della Repubblica” non solo perché “Repubblica” si chiama la stazione della metropolitana che è chiusa dal 24 ottobre, ma anche perché è la macchina guasta della Repubblica Italiana che nessuno riesce a riparare. Pensate, era piccola e brutta quando funzionava ed è ora un grande male immobile che in sette mesi ha contagiato tutte le altre scale mobili di Roma, che sono 387 e in questo momento non funzionano in ben 32 stazioni. E ha contagiato pure i dieci marciapiedi mobili quasi sempre fermi, i 288 ascensori, i 44 servo-scala e le due piattaforme elevatrici quasi sempre in panne Poi, quando infine le scale funzionano, è tutto un cigolare, uno scricchiolare e un… toccarsi: a Roma non porta iella passare sotto una scala, ma sopra.
È vero che l’Italia ama l’inaugurazione e odia la manutenzione, ma è più drammatico che ridicolo l’assessore grillino che, pur di “inaugurare” la riapertura di Piazza di Spagna, ha postato la foto della metro di Milano. Non ha trovato immagini di eleganza della metro che segna il rango della sua città. C’è dunque in quel lapsus una vergogna di sé. E c’è molto di più di Roma nell’immobile scala mobile: ci sono il ponte di Genova dopo il tragico crollo, l’alta velocità Torino-Lione che non si riesce a fare, le ricostruzioni impossibili dopo i terremoti, i mille cantieri bloccati… La scala della Repubblica è tutto ciò che degrada la modernità italiana a ingombro, a brutto inciampo in rovina. L’ingegnere che me la spiega, e che da sé si ribattezza Akira come quel fumetto giapponese sulla vita post atomica, mi introduce in un territorio evacuato, come nelle esercitazioniantincendio: ma non c’è l’apocalisse, c’è la sedazione. Passandoci le dita, il corrimano di gomma, senza il movimento, rivela la materia di rifiuto, si sentono gli squarci, i grumi di sporcizia, i punti smangiucchiati, e si vede l’usura grigia che è la stessa degli pneumatici quando, estenuati, finiscono nelle discariche. Su un muro c’è il poster del Teatro dell’Opera che annuncia la prima di “Le nozze di Figaro” la cui ultima replica è andata in scena l’11 novembre: i colori sono strapazzati, l’aria è “dove sono i bei momenti”, una delle più belle, non solo di Mozart. Ma il tempo qui si accumula a strati successivi e Akira ora mi parla di un suo collega, un capo ingegnere della manutenzione che aveva promesso che la scala sarebbe ripartita in due settimane dopo la restituzione della magistratura, ma poi, con il passare dei mesi, il poveruomo è stato licenziato dalla sua ditta, la Del Vecchio di Napoli, che a sua volta è stata licenziata dall’Atac, che a sua volta è stata licenziata dal Comune, e mentre l’uno denunziava l’altro chiedendo risarcimenti milionari la magistratura penale indagava mettendo e togliendo sigilli e ordinando e valutando perizie che ovviamente richiedono altre perizie e perciò la nuova ditta di manutenzione, che si chiama Otis Elevator Company e si autodefinisce la più grande del mondo, ha spostato la data di apertura dal 15 maggio al 15 luglio, ma poiché ad agosto erano già previsti lavori di revisione generale, sino a settembre Repubblica resterà chiusa; e scusate per questa lunghissima frase senza punto, ma è colpa della scala che non porta più da nessuna parte.
E invece bisognerebbe che le portassimo noi dentro i libri di storia le scale mobili che, combinate con l’aria condizionata, hanno cambiato il mondo. Basta che si fermino, come sta accadendo a Roma, per renderseneconto. Dopo il crollo del 23 ottobre, addebitato (ma chi ci crede?) all’esuberanza dei tifosi russi del Cska, ha ceduto anche la scala di piazza Barberini (la stazione è ancora sotto sequestro), e poi piazza di Spagna. Ci sono scale rotte a Flaminio, Manzoni, Battistini, Laurentina… Secondo l’Atac e il Comune, che di solito si accusano a vicenda, la colpa è della ditta Del Vecchio, che nel 2017 vinse l’appalto abbassando i costi del 49 per cento. La sindaca Raggi ha persino mostrato le fascette di ferramenteria, robetta da accattoni, con le quali avrebbero “arrangiato” invece di sostituire, anche perché arrangiando in fretta si evitano penali… Ma Del Vecchio ha fatto causa. Ora accusa il Comune di avere usato la scala mobile di Barberini per trasporti pesanti e promette di mostrare i video.La guerra dei mondi per una scala mobile piacerebbe all’architetto Koolhaas, che ha inventato la definizione junkspace, spazio- spazzatura. Di sicuro la scala della Repubblica è sostanza in decomposizione, corruzione che si allarga a macchia, e non nel senso del reato ma del “cum rumpere”: guastare, disfare. Sotto, il ferro e l’alluminio si coprono di idrati e carbonati, sopra, in piazza Esedra, chiudono i piccoli negozi. Non c’è più Anna, che vendeva calze e mutande e il tabaccaio di via Diocleziano se ne andrà a giugno quando scadrà l’affitto. Dice che non vende neppure il gratta e vinci e che senza la metro qui ci sono solo i barboni. Di notte gli ingressi sbarrati si riempiono di plastica e cartoni, gusci dove si dorme rasoterra, e sui cancelli si possono pure stendere i panni. La città abbandona quel che non funziona e si allarga il territorio della sopravvivenza. È la legge della tabula rasa: dove non c’è nulla arrivano i fermenti della decomposizione. Secondo il mio Akira questa scala maledetta da Dio, la scala di Giacobbe senza più angeli, entrerà davvero nella storia della decadenza come i cani che invasero Bucarest quando crollò il regime di Ceau?escu, come le opere d’arte pietrificate e corrose di Gibellina, che è il fallimento dell’idea stessa di ricostruzione, come le città minerarie abbandonate in Scozia e gli scheletri d’acciaio della Germania Occidentale al confine con la Francia. Ma è anche il simbolo dell’impotenza burocratica come la racconta Gogol, incompetenza, risse, uniformi di giustizia, anime morte e caos. Questa scala è l’Italia del 2019.