La Stampa, 14 maggio 2019
Una statua per la calciatrice Lily Parr
Cent’anni indietro. È questo che si dice quando si parla di calcio femminile come se l’idea bizzarra di rendere il pallone privo di genere fosse sbucata all’improvviso. Un’urgenza dettata dalla curiosità, un ritardo che in realtà è legato a cent’anni di solitudine.
Tra qualche settimana una statua svelerà la verità, un tributo a chi, guarda un po’, giocava già negli Anni Venti. Lily Parr ha segnato centinaia di gol, ha partecipato alla prima partita tra donne riconosciuta da una federazione, ha capitanato le Dick Kerr Ladies Fc e nel tempo libero ha pure corso una staffetta che ha battuto la squadra olimpica americana. Così, per gradire. Si allenava con il giavellotto, indossava bragoni al ginocchio senza che nessuno la trovasse ridicola, non aveva problemi di riconoscimento perché una centravanti non suscitava stupore. Le donne e il calcio, gli uomini e il calcio, contava il calcio non la declinazione, poi la società ha deviato la traiettoria del pallone. E non solo.
La donna ha cambiato ruolo e ha cambiato sport. Quindi sì, più di un secolo dopo il primo gol firmato da lady Parr vedremo una statua a lei dedicata: ce ne sono 111 sparse nel Regno Unito a omaggiare i calciatori e zero nel nome di una donna. Non perché le ragazze sono in ritardo, è la storia che si è presa il suo tempo.
Inaugurazione, a Manchester, prima del Mondiale femminile, quello che tenta di diminuire la differenza tra i 30 milioni di montepremi destinati a questo torneo e i più di 400 distribuiti nel Mondiale di Russia. I cento anni si fanno sentire e a questo punto è logico essere distanti dall’allineamento dei pianeti, dalla parità di stipendio e di calcio. Ma a quella prima rete di Lily Parr, celebrata in differita, risponde l’ultima segnata da una bambina di quattro anni, Makka. Lei è la figlia di Mo Salah, premiato domenica come miglior marcatore della Premier e mentre lui se ne stava in campo con la sua scarpa d’oro, lei ha preso il pallone, ha dribblato avversari immaginari ed è andata dritta verso la porta vuota per buttarla dentro sotto la Kop, molto più di una curva: il cuore pulsante del Liverpool. Boato, del tifo e del tempo che aggiusterà le discrepanze e le dissonanze perché sono nate bambine che si prendono il gioco, lo spazio, senza alcun imbarazzo, senza chiedersi se non sarebbe più giusto lasciare l’iniziativa ai maschi. Felici semplicemente di segnare.
Il papà ha applaudito fiero e lo avrebbe fatto pure Lily Parr che ha aspettato cent’anni non tanto di essere capita quanto di essere seguita, imitata, accompagnata. La statua non è solo un ricordo è un ponte tra chi ha iniziato e chi lo ha dovuto rifare, da capo.