il Giornale, 14 maggio 2019
Da Saramago a Dostoevskij, la libreria gialloverde
Adesso che il Salone del Libro è terminato è forse arrivato il momento di aprire le librerie del governo gialloverde. Che leggono i nostri ministri, anzi, a chiederla tutta, leggono? In verità nei banchi di governo di libri se ne vedono pochi e davvero troppi sono gli smartphone. A Torino, Lega e M5s si sono divisi da una parte e dall’altra su un libro che naturalmente non avevano letto. E infatti tutti si guardano bene dal postare copertine, dal consigliare i propri classici. Eppure se è vero, come è vero, che le letture raccontano un po’ anche gli uomini, come decifrare quelle di Giuseppe Conte. I miei libri? «In realtà noiosissimi testi giuridici. Ma per quanto riguarda la letteratura, il mio scrittore preferito è José Saramago» ha rivelato nella sua primissima intervista a Marco Travaglio.
Premio Nobel portoghese, Saramago è l’autore di Cecità, un apologo che parla di un contagio. In una città, ma potrebbe benissimo essere uno Stato, improvvisamente i cittadini iniziano a perdere la vista e a essere rinchiusi in un manicomio da coloro che vedono. Non è altro che un libro sulla ferocia e i meccanismi del potere e il manicomio, di questi tempi, una metafora sempre attualissima.
Di Matteo Salvini si sa invece che il ruvido e montanaro scrittore Mauro Corona, uno che aveva già anticipato la legge sulla legittima difesa, («Se entrano i ladri in casa li macello senza pietà»), rimane il suo scrittore preferito. Ma Salvini legge anche Oriana Fallaci (Un uomo), tutti i libri di Andrea Vitali, i gialli di Agatha Christie e non lo dite agli antifascisti ma anche Beppe Fenoglio. Nella libreria di Salvini c’è Il partigiano Johnny, la storia di un uomo che decide di abbracciare la resistenza per amore di una ragazza. Luigi Di Maio che ormai strizza l’occhio sempre più a sinistra, ultimamente ha dichiarato che tra i suoi libri di riferimento c’è Il libretto rosso di Pertini. Uno dei libri che rilegge (naturalmente capire è tutto un altro discorso) è Lo Stato siamo Noi di Piero Calamandrei. Gli venne consigliato, anzi, regalato durante la prima legislatura direttamente da Gianroberto Casaleggio. Peccato che adesso è passato dal leggere a credere che lo Stato sia solo lui. Ma rifacendosi alle parole di Di Maio, un intero scaffale del suo ufficio è occupato dalla Storia d’Italia del nostro Indro Montanelli, uno che se fosse in vita spiegherebbe il reddito di cittadinanza a Di Maio cosi: «In Italia chi lavora è l’unico che non mangia. Solo i traffici rendono».
Un po’ si percepiva, ma tra i libri amati dal sottosegretario Giancarlo Giorgetti c’è Il giocatore di Dostoevskij. È lo stesso libro che ha dichiarato di amare il presidente della Camera, Roberto Fico, quando si è recato in Russia. Ma Fico ha una vera predilezione per i libri dei fisici. A Napoli, ha rivelato di aver letto e apprezzato Il Tao della Fisica. In questi giorni sta invece leggendo La notte della Repubblica di Sergio Zavoli. Il ministro della Giustizia, Alfonso Bonafede si è in passato dichiarato un lettore dei Principi di Giorgio La Pira e speriamo ne faccia tesoro. Mai libro fu invece più esatto per il ministro dell’Economia, Giovanni Tria. Costretto a galleggiare tra le richieste della Lega che chiede la Flat Tax e quelle del M5s che ora invoca il salario minimo, Tria sul suo comodino tiene il libro del filosofo e matematico Nassim Nicholas Taleb Rischiare grosso. Il sottotitolo è «L’importanza di metterci la faccia nella vita di tutti i giorni». Nel suo caso l’importante è anche non perderci la testa. Sgombra è invece, dalle foto, la libreria ministeriale di Danilo Toninelli, un protagonista di formidabili gaffe e malintesi, l’uomo che il M5s ha scambiato per un ministro. Il libro che lo descriverebbe meglio? Quello di Oliver Sacks, L’uomo che scambiò sua moglie per un cappello.