14 maggio 2019
Tags : Tania Cagnotto
Biografia di Tania Cagnotto
Tania Cagnotto, nata a Bolzano il 15 maggio 1985 (34 anni). Tuffatrice. «62 medaglie così ripartite: 2 alle Olimpiadi (un argento e un bronzo), 10 ai mondiali (1,3,6), 29 agli europei (20,5,4), 9 ai mondiali giovanili (4,5,0) e 12 agli europei giovanili (9,1,2). Se aggiungiamo anche i titoli italiani, sono 47: 13 nel trampolino da 1 metro, 17 nel trampolino da 3 metri, 5 nella piattaforma da 10 metri, 12 nel trampolino sincro da 3 metri» (Gianni Mura). «I tuffi rappresentano la ricerca della bellezza. Di più: della perfezione» • Prima donna italiana ad aver conquistato una medaglia mondiale nei tuffi (bronzo nel tuffo dal trampolino da tre metri, a Montréal nel 2005) e unica ad aver vinto una medaglia d’oro (nel tuffo dal trampolino da un metro, a Kazan nel 2015) • Figlia dei tuffatori Giorgio Cagnotto (due argenti e due bronzi olimpici tra il 1972 e il 1980, un bronzo mondiale nel 1978 e un oro europeo nel 1970), dal 2000 commissario tecnico della Nazionale italiana di tuffi, e Carmen Casteiner (campionessa italiana negli anni Settanta), a propria volta figlia del tuffatore Otto Casteiner. «Giorgio ricorda quando negli anni Sessanta-Settanta assieme a Klaus Dibiasi era un pioniere dello sport dei tuffi. "Non posso dimenticare le medaglie ottenute a Monaco ’72 e Montréal ’76. Io torinese mi sono trasferito a Bolzano dove potevo tuffarmi perché c’era un trampolino regolamentare. Lì ho conosciuto una tuffatrice dalla piattaforma che poi sarebbe diventata mia moglie", ha detto Cagnotto padre. Dalla loro unione nel 1985 nacque la loro unica figlia Tania. La quale ricorda che all’inizio praticava altri sport: “I miei genitori volevano che praticassi altre discipline sportive, ma a sciare faceva troppo freddo e a tennis non ero sufficientemente brava. In piscina invece mi divertivo ed ero bravina, così i miei si sono arresi”, ha affermato Tania» (Stefano Arcobelli). «Il primo tuffo lo ha fatto nella vasca dei pesci rossi dell’Acqua Acetosa. Camminava appena. Quel giorno si protese troppo, allungando la manina verso quelle macchie colorate che guizzavano nell’acqua, e, splash, era finita dentro. “Diventerà una tuffatrice”, disse il papà, dopo averla ripescata. Il primo tuffo vero, però, lo fece a Chianciano, a tre anni. Lì papà allenava i tuffatori. Mamma Carmen l’aveva portata in piscina e Tania, per emulazione, incominciò a tuffarsi dal bordo della vasca, a venti centimetri dall’acqua» (Claudio Gregori). «Cominciò con i tuffi a 7 anni, poi a 10 fece il suo primo tentativo dalla piattaforma: “Ma solo di piedi, a pennello. E presi una bella botta”. Nel 1999 il primo tuffo di testa dai 10 metri: “Vedevo molti campioni della piattaforma uscire fasciati dalle piscine, e avevo paura di farmi male”» (Giorgio Viberti). «Nel frattempo Giorgio era diventato il suo allenatore, ma non furono subito rose e fiori. “A volte la vedevo stravolta, e allora primeggiava il padre, che la faceva smettere anche se un allenatore non dovrebbe mai fare così. In verità poi la sua bravura andava oltre il nostro rapporto di parentela, e non ci sono stati più particolari problemi”, ha detto il tecnico federale. Tania ha partecipato a cinque Olimpiadi da Sydney 2000 a Rio de Janeiro 2016. Molti alti e qualche basso» (Arcobelli). «Tania aveva 15 anni quando entrò in un Villaggio, la prima volta: “Era un parco giochi per me, mi guardavo in giro, chiedevo autografi: fu un divertimento puro, e non avevo tante ambizioni da finali”. Si piazzò 18a dai 3 metri “ma fui felice lo stesso”. Incamerò la giusta esperienza per prendersi la prima finale mondiale l’anno dopo a Fukuoka» (Arcobelli). «Al primo Mondiale arriva sesta, al terzo va a medaglia [bronzo, a Montréal nel 2005 – ndr], una progressione che la porta a elaborare il sogno che la incastra: “Vincere un oro o una medaglia olimpica”. La suggestione non ci mette molto a diventare ossessione» (Giulia Zonca). «Ma nel 2004 le successe persino un imprevisto che oggi le strappa un sorriso, ma ad Atene diventò in un incubo: “La mattina degli obbligatori dai 10 metri, la mia sveglia non suonò, tutti mi cercavano ma io dormivo in camera. Per fortuna mi svegliai in tempo: arrivai alla gara quasi col pigiama… Quei Giochi a 19 anni, con due ottavi posti, mi resero felicissima. Di più non avrei potuto fare”. Fu l’ultima volta che una grande si cimentava ai Giochi in entrambe le specialità, piattaforma e trampolino» (Arcobelli). «Per inseguire l’obiettivo Tania parte per Houston: college americano, orari ferrei, ritmi assurdi, e andrebbe anche bene, solo che il programma è uguale per tutti, “spersonalizzante”, e la trasferta finisce prima del tempo. L’uragano Rita la rispedisce a casa, e lì l’ingranaggio si incastra. Primi dubbi, cambi, vita che si mescola allo sport e competizioni spente alternate ad altre medaglie. Per non farsi mancare nulla, Tania tenta un altro approccio: stavolta parte per l’Australia, e ci resta quanto basta a imparare che gli urti non finiscono mai: “L’estero mi ha dato e mi ha tolto, ma bisogna buttarsi. Non solo io che lo faccio di mestiere: vale per tutti. È l’unico consiglio che do”» (Zonca). «Un pianto lungo, ed il fatidico 10, rimasero nella testa di Tania dopo Pechino 2008. […] “Presi l’unico 10 della finale in un doppio e mezzo rovesciato, anche se arrivai quinta”. […] “Ci arrivavo con le medaglie mondiali e iniziavo ad annusare l’odore della medaglia olimpica, mi dicevo ‘Perché non può succedere?’, Arrivai quinta ben sapendo che davanti avevo tuffatrici più forti di me. Fui comunque soddisfatta”» (Arcobelli). Abbandonata la piattaforma (con cui aveva vinto due ori europei, nel 2004 e nel 2008), tra il 2009 e il 2016 inanellò un’eccezionale serie di medaglie europee con i tuffi dal trampolino: sette ori e un argento nel tuffo da un metro, tre ori, due argenti e un bronzo da tre metri, un argento nel sincronizzato misto da tre metri con Maicol Varzotto e, soprattutto, ben otto ori consecutivi nel sincronizzato da 3 metri, insieme alla trentina Francesca Dallapé (classe 1986). Con la Dallapé, inoltre, condivise prima la soddisfazione della medaglia d’argento ai mondiali di Roma nel 2009 (in cui ottenne anche, da sola, il bronzo da tre metri), poi il momento più difficile della sua carriera: la grande delusione dei due quarti posti (nel tuffo da tre metri e, appunto, nel sincronizzato da tre metri) ottenuti nel 2012 ai Giochi olimpici di Londra. «Londra, 2012. Quel giorno. Il maledetto 5 agosto. La finale del trampolino (da tre metri). Sei tuffi per una medaglia. Mai nessuna azzurra c’è riuscita all’Olimpiade: il pensiero di una vita, forse un’ossessione. La gloria sfugge per venti centesimi di punto. […] Chi può reggere un colpo così? Non si può. Non in uno sport piccolo, di nicchia, come i tuffi. Le cui grandi occasioni passano solo ogni quattro anni. […] Per questo, quel giorno, Tania pianse. Nella maniera più spontanea. Drammaticamente dolce. Senza vergogna. Senza paura della propria privacy. Delle proprie emozioni» (Paolo Rossi). «Come si ricomincia dopo una delusione forte come quella? “Attraversando tutto il male che senti. Mi sono fatta domande sul senso del tutto, su chi ero, cosa volevo. Mi hanno aiutata molto la mia psicologa, Daniela Cavelli, e la mia famiglia. Ho la fortuna di aver vissuto, dopo tutto, una vita normale. Con gli stessi amici di infanzia a Bolzano. Ho sentito forte l’affetto della gente. Ed è stato bravissimo mio papà Giorgio a farsi un po’ da parte. Avevo bisogno non di un allenatore migliore di lui, ma di un altro coach: Oscar Bertone è stata pura energia. Poi ho puntato i piedi con la federazione e ho chiesto uno staff completo con psicologo, preparatore atletico, fisioterapista. Con la squadra rinfrescata ha ricominciato a funzionare tutto”. Due argenti ai mondiali di Barcellona 2013. “E ci ero arrivata con disimpegno. Che per me è sempre un modo di dire: avevo semplicemente un po’ ammorbidito gli allenamenti, cercato un minimo di svago dopo Londra. Ma questo non significa che anche lì non abbia sofferto”. Due anni dopo, a Kazan, il primo oro mondiale, da 1 metro. Lì la vera ripartenza? “Forse sì: ho capito che c’ero ancora. E davanti a due cinesi. Stavo benissimo, piangevo tantissimo”» (Alessandra Retico). Quella del 2016, a Rio de Janeiro, fu l’olimpiade della riscossa: la Cagnotto riuscì infatti a conquistare le sue prime medaglie olimpiche, prima un argento nel tuffo sincronizzato da tre metri, ancora in coppia con la Dallapé («Era la medaglia cui tenevo di più, in cui mi sentivo più responsabile, per me ma soprattutto per lei. È stata una gara massacrante dal punto di vista psicologico. Ogni volta che rivedo quelle immagini, noi due che ci abbracciamo, mi commuovo. C’è tutta la nostra storia lì»), poi, da sola, un bronzo nel tuffo da tre metri. «Un terzo posto che equivale a una vittoria, in un podio dove l’oro e l’argento sono delle cinesi, cyborg programmate per vincere. […] “Ho avuto la fortuna di arrivare ai tre metri con una serenità mai avuta prima perché avevo già vinto l’argento nel sincro con Francesca. Sentivo che avrei fatto la migliore gara della mia carriera perché non avevo più quella pressione addosso. Per la prima volta nella mia vita ho gareggiato veramente, godendomi il momento. Dal primo all’ultimo tuffo, ho saltato per me, col cuore e senza pensare al risultato. E così ho fatto il mio record personale. Volevo fare 80 punti e ne ho fatti 81: è un ricordo che porterò per sempre con me, perché sono riuscita a fare proprio quello che volevo”» (Manuela Barbieri). «L’unico rammarico è non aver urlato. Mi sono tuffata e ho gridato sott’acqua: lì per lì mi è parso un momento privato, invece dovevo sfogarmi con l’urlo di Tarzan». Conclusa l’olimpiade, la Cagnotto annunciò il proprio ritiro dal professionismo, concedendosi, dopo le nozze, una gara d’addio in occasione dei campionati nazionali svoltisi nel maggio 2017 a Torino, «dove tutto è cominciato, dove è nato mio padre, dove mi travolgono d’affetto». «Una chiusura vincente, visto che il titolo tricolore della categoria è suo. “Non me lo aspettavo – dirà dopo ai giornalisti –, molto ha fatto l’adrenalina”. Quasi a sminuire quelle sue doti naturali e quel suo grande lavoro. […] Alla fine fa un punteggio che la porterebbe a medaglia in un campionato europeo. Lo fa con tuffi che sono leggeri ed eleganti e che il pubblico della piscina monumentale di Torino premia con applausi continui e con un 10 urlato dopo l’ultimo salto ufficiale. Sugli spalti ognuno aveva un foglietto con scritto il voto perfetto. […] All’ultimo tuffo, quando lei tentenna un attimo prima di partire, Giorgio Cagnotto sembra non voler guardare. Lo farà alla fine, come ha fatto sempre da padre e allenatore. Quella pausa, Tania la definisce emozionata e malinconica. “Mi stavano quasi scendendo le lacrime, di solito piango dopo”. A guardarla dalla tribuna aveva un sorriso che era tutta tensione e che si è sciolta quando ha fatto il sesto salto. Glielo avevano chiesto sui social: un tuffo speciale “a bomba”. Fa elegante anche quello, per la cronaca» (Chiara Pizzimenti). Il tempo di debuttare come commentatrice per la Rai (ai mondiali di nuoto di Budapest del luglio 2017) e di avere una figlia, però, e, nell’agosto 2018, la Cagnotto confermò la sua intenzione di prepararsi in vista dei Giochi olimpici di Tokyo del 2020, esclusivamente per il tuffo sincronizzato da tre metri insieme alla Dallapé, anch’essa nel frattempo diventata madre. «Palestra, tuffi e… Maya [la figlia – ndr]. Gestione? “Tutto procede bene, diciamo con difficoltà. La gestione delle bambine è ovviamente l’aspetto più importante, l’impegno e la fatica in tutti i sensi sono tosti. Non è più come prima, quando avevi solo una cosa a cui pensare…”. È stata una nuova ripartenza per lei? “Abbiamo svolto un periodo lungo in palestra, prima del lavoro in piscina, ma il fatto è che io ero ferma da due anni! Sì, ho ricominciato da zero, ma proprio zero, zero. Avevo pensato di smettere definitivamente e senza discussioni. Mi sembrava giusto farlo dopo le medaglie di Rio. Volevo dedicarmi alla maternità e basta”. […] È proprio vero che il merito “principale” del rientro spetta a Francesca? “Non avrei mai pensato che sarebbe riuscita a convincermi. Mai. Adesso però vi dico che sono contenta di averlo fatto di nuovo, dopo le belle parole sue, tipo ‘Sarebbe bello ritornare assieme da mamme, un sogno andare ancora una volta alle Olimpiadi, ecc. ecc.’. Di sicuro resta un fatto: vedo la mia carriera separata in due, comunque andrà. Una pre-Maya. E un’altra post. Ma sono serena, soprattutto perché nessuno mi potrà mai togliere quello che c’è stato prima. Quindi aprire un’altra strada mi è sembrata un’idea carina, da vivere però in maniera completamente diversa e senza lo stress e soprattutto la pressione precedente”» (Gianmario Bonzi) • «Per lei l’incontro con la trentina Francesca Dallapé […] ha rappresentato una svolta nella sua carriera. Assieme hanno dato vita ad un duo di tuffi sincronizzato di grande successo. Il trampolino ha unito le due campionesse, e non solo nella piscina. “Ci ha aiutato la vicinanza geografica, così abbiamo cominciato a fare i tuffi sincronizzati. Allo stesso momento siamo diventate amicissime, aiutandoci a vicenda quando le circostanze lo richiedevano. Curiosamente, dopo Rio, siamo diventate mamme quasi contemporaneamente, a rafforzare la nostra amicizia. Chissà se mia figlia Maya e la sua bimba Ludovica saranno amiche come noi e sceglieranno la nostra stessa strada sportiva”, ha proseguito Tania» (Arcobelli) • Le nozze con Stefano Parolin, commercialista, si sono svolte nel settembre 2016 all’Isola d’Elba. «Io e Stefano ci siamo conosciuti lì, e volevamo sposarci assolutamente al mare. Ci siamo incontrati in barca a vela sull’isola: lui era lo skipper». Da Parolin, nel gennaio 2018, ha avuto la figlia Maya. «Io e mio marito volevamo un nome né italiano né tedesco. Allo stesso modo si erano comportati i miei genitori al momento di darmi un nome». «Da quando è arrivata Maya, ogni pensiero di Tania è rivolto alla famiglia. Che vorrebbe allargare. Ed è proprio il desiderio di un secondo figlio che potrebbe frenare il ritorno all’attività agonistica. “Vivo solo per Maya – racconta […] l’azzurra. Ho partorito in acqua e lei ama già molto la piscina: possiamo dire che è da sempre un pesciolino. Mi piacerebbe un secondo figlio. Magari, sempre se dovessimo qualificarci, dopo Tokyo. Ma se rimango di nuovo incinta rinuncio al podio. Un figlio vale più di qualsiasi medaglia”» (Ferruccio Pinotti) • Juventina • Temperamento ansioso. «La lezione più importante della mia vita dal trampolino, me l’ha insegnata la mia psicologa: l’ansia, non la puoi cancellare. Devi imparare a gestirla. Devi fartela amica. […] Mio padre in questo era più rilassato. Lui era uno da “O la va o la spacca”. Io, come mia madre, più perfezionista: temo sempre che qualcosa alla fine andrà male» (a Rita Pavesi) • Soffre di vertigini e ha paura dell’ascensore. «Mi tuffo da piattaforme altre dieci metri, ma quando salgo in ascensore è diverso: se c’è gente che mi sovrasta, ho la sensazione di cadere nel vuoto» • Nel 2013 posò nuda per la copertina di Playboy. «Di quelle foto ero convinta: ero decisa a un azzardo, e sono uscite eleganti come me le aspettavo» • Tra la fine del 2016 e l’inizio del 2017 partecipò alla trasmissione televisiva Dance dance dance (Fox), incentrata su gare di danza tra coppie costituite da un ballerino professionista e un personaggio noto. «Io e il rugbista Mirco Bergamasco ad allenarci come pazzi, gli attori e le star della televisione a cercare di capire cosa funzionava, cosa bucava, i gusti del pubblico, della giuria, cosa scatenava l’applauso. Per noi era inconcepibile. Mi sono divertita, però anche sentita un’aliena» • «Mi è mancato […] non aver completato gli studi. Soprattutto in Italia, se decidi di fare dello sport il tuo mestiere devi rinunciare al resto. Non abbiamo un sistema scolastico che ci permetta di percorrere il doppio binario» • «Il suo tuffo doc, la sua firma di bellezza, è il doppio e mezzo rovesciato: rincorsa elastica, salto in avanti con due giri e mezzo carpiati all’indietro. […] “Per preparare un tuffo che già conosci alla perfezione, e poter arrivare alla forma migliore, ci vogliono cinque, sei mesi di lavoro. Se devi impararlo da zero, allora c’è bisogno di anni. Il triplo e mezzo avanti carpiato, il più difficile nel programma femminile, è l’ultimo che ho imparato. Ho cominciato ad affrontarlo nel 2009”» (Gian Luca Favetto). «Qual è il suo tuffo più amato? «Da un metro l’uno e mezzo rovesciato, da tre metri il doppio e mezzo» (Piero Mei) • «Nel mondo delle piscine, che sta prendendo spazi sempre più ampi (anche troppo), è l’antidiva, l’antipaparazzi, la semplicità» (Mura) • «Sono stati bravi mamma e papà nel sapermi gestire: ero solo una bambina che cresceva. No, il peso del cognome non l’ho mai sentito. Ricordo da piccola che era venuta una ragazzina ucraina che mi diceva: “Ma tu sai chi è tuo papà?”. E io ho iniziato a fare domande». «La verità è che i miei non se la sono mai tirata. Non m’hanno mai mostrato filmini, o ricordato con nostalgia i loro tempi. Siete stati voi giornalisti a farmi capire il valore assoluto dei miei» • «So che molti atleti privilegiano le medaglie olimpiche, ma il risultato di cui sono più fiera, e felice naturalmente, è l’oro mondiale di Kazan, nel 2015, trampolino da un metro. Un po’ perché nessuna italiana c’era mai riuscita, ma soprattutto perché sugli altri gradini del podio sono salite Shi Tingmao e He Zi, le due cinesi più forti. In Cina i tuffi possiamo definirli sport nazionale. Hanno tantissimi praticanti, cominciano a quattro anni, s’allenano otto ore al giorno. Una vera potenza». «Dove tiene le medaglie olimpiche? “Appese in salotto. Devono essere visibili: sono il risultato di anni di sacrifici. Non capisco come fanno certi colleghi a metterle in banca”» (Zonca) • «Il bello e il brutto nella nostra disciplina coincidono: ti giochi tutto in due secondi e non sai mai cosa può succedere. Se in allenamento hai fatto dei tuffi da paura, non è detto che in gara ti vengano uguali. Un lieve dolore alla caviglia, un calo di concentrazione, una persona che fischia quando vai, una luce che abbaglia ti possono far sbagliare». «Lei in che rapporti è con l’acqua? "Odio sarebbe eccessivo, quindi posso dire che l’acqua a me è piuttosto antipatica. Mi pesava ogni giorno svestirmi, bagnarmi, asciugarmi, rivestirmi, asciugare i capelli, svestirmi e via daccapo. Per noi l’acqua non è importante se non per l’ingresso: occorre entrarci dritti come spade. Ma è un po’ come i materassini per i saltatori, e infatti in palestra ci alleniamo con i materassini. Non è importante avere con l’acqua un dialogo o una sensibilità particolare, tanto è sempre uguale. Il dialogo, il feeling, bisogna averlo col trampolino. È lui che condiziona tutto il resto. È lui che bisogna conoscere". […] Il momento più nero in carriera? "Londra. Mi sembrava di non essere mai stata così forte, al 100% fisico e mentale, e ho rimediato due medaglie di legno. Venti centesimi in meno nel punteggio mi hanno separato dal terzo posto. Sono arrivata all’appuntamento troppo magra, l’ho capito dopo. E troppo concentrata, forse. Ma è il destino: da quella fortissima delusione ho preso la forza che mi ha portata a Rio. Dopo Londra ho vissuto gli anni più belli". […] Qual è il suo bilancio? "Positivo. Rifarei tutto. Tanti sacrifici, ma ne valeva la pena"» (Mura). «Hai mai pensato di fare l’allenatrice? “Sì, mi piacerebbe con dei bambini soprattutto molto piccoli, di 5-6 anni. Vorrei trasmettere loro tutto quello che ho imparato in questi anni”» (Barbieri). «Sul trampolino ho voluto esprimere il mio essere ostinata, il non mollare mai. Fino alla fine. Londra doveva andare così, sennò non sarei stata quella che sono stata a Rio. La gente mi definisce come una che non ha avuto tutto subito: ho avuto delle difficoltà, ma poi sono riuscita ad uscirne. La costanza, la caparbietà. Così sono stata Tania».