Libero, 13 maggio 2019
Che fine ha fatto l’ex maggiordomo di Sgarbi
«Mi arriva l’accompagnamento, sono 460 euro al mese. All’inizio me l’avevano negato, poi ho fatto ricorso e adesso attendo qualche arretrato». Abramo Orlandini (il “maggiordomo” di Sgarbi quotidiani) sembrava tutto, escluso uno che avesse bisogno del sussidio sociale. «Mi è stata riconosciuta l’invalidità al 100%, per problemi psichici». Un quarto di secolo fa era un volto di Canale 5, la spalla di Vittorio Sgarbi. Quest’uomo basso (anche meno dell’uno e 68 dichiarato), con il panciotto, faceva il maggiordomo dietro, impettito, come parte degli arredi nello studio di Sgarbi Quotidiani. Oggi festeggia i compleanni, vestito di rosa shocking. Abramo ha 58 anni e a Reggio Emilia, la sua città, è persino invidiato: «Perché ha coronato il sogno di andare a Cinecittà». Pupi Avati, che gli ha riservato varie particine, in particolare un cameo con Riccardo Scamarcio nel film Un ragazzo d’oro del 2014 dove recitava anche Sharon Stone, ha detto una volta di lui: «Mi fa sempre piacere, è un buon attore». Fuori intervista, Orlandini fa capire di essere rimasto deluso da Sgarbi, gli resta grato perché l’aveva fatto diventare personaggio, a Mediaset. Anche se, proprio a Reggio un anno e mezzo fa, il grande polemista ci ricordava quegli anni con il maggiordomo. «Adesso Abramo dipinge, è anche bravo. La nostra trasmissione si potrebbe riprendere, se qualche editore ci pensasse, senza essere vintage: eravamo così moderni che lo saremmo ancora. E potremmo ripartire di nuovo con lui dietro, a distanza di 20 anni. Abramo sarebbe felice». Due anni fa, l’attore è stato seguito per 24 ore da un fumettista armato di telecamera che ha realizzato un cortometraggio. Abramo, indossa spesso il papillon... «Vestivo così già negli anni ’70, a 15-16 anni». Ha il sacchetto della farmacia, ci rivela le medicine?
«Meglio di no... Aiutano a dormire, anche 18 ore di fila».
Davvero si sente un pittore?
«Proprio un artista. E poi recito poesie, dei maledetti, Baudelaire e altri ancora».
Quale sarà il prossimo film?
«Non lo so. A Pupi Avati costa troppo farmi tornare a Roma, allora mi manda qualche aiuto economico, tramite vaglia online».
La sua principale qualità?
«Sono un pacioccone. A Reggio mi vogliono tutti bene, compreso il sindaco».
Qui ha sempre mantenuto un’abitazione?
«Certo. Fu la mia seconda zia a mettermi nello stato di famiglia, poi la casa restò a me, ce l’ho da 35 anni».
L’unico suo problema sembra la concentrazione sul lungo periodo...
«Già, mi stanco, a reggere l’attenzione».
Ha mai fatto lavori manuali?
«A Roma. Per tre anni feci il giornalaio, la notte lavoravo vicino al Parlamento. Lì conobbi l’onorevole Sgarbi. Finita la trasmissione, nel 1999, feci poi il cameriere a Trastevere, al Rugantino, uno dei migliori locali. A Reggio, invece, avevo l’edicola assieme ai miei, ma raramente davo una mano».
Vive di notte?
«Anche a Roma. Andavo al Gilda, locale frequentato dagli attori. Lavorai tanto, anche con Enrico Montesano».
Nella sua città, mai una chance nel mondo dello spettacolo?
«No, ma qui c’è poco. Venne il grande Marco Ferreri e mi prese per 3 giorni, da comparsa, quando ero un ragazzino. La prima scena importante fu nel 1987, con Pupi Avati. Avevo 27 anni e c’era anche un certo Ugo Tognazzi, in Ultimo minuto».
Quanto ha guadagnato in carriera?
«Non si dice. Con Sgarbi lo stipendio era onestamente buono. Con Tinto Brass, due milioni di lire in due giorni: festeggiai con una donna, in un albergo di Ravenna».