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 2019  maggio 13 Lunedì calendario

Una prece per Federica Mogherini

Una prece per Federica Mogherini, volto serioso e sbiadito d’una diplomazia europea della quale non avvertiremo la mancanza: per il semplice fatto che non è mai esistita. La carriera burocratica della nostra Lady Pesc, Alto rappresentante dell’Unione per gli Affari esteri e la politica di sicurezza dal 1° novembre 2014, si avvia al tramonto insieme con la più squinternata legislatura del Vecchio continente. Lo fa senza lasciare tracce sensibili che non siano la collana dei piccoli fallimenti nei quali è incorsa e che ha avvolto intorno al collo di una Commissione parallelamente inetta. Ultimo caso in ordine di tempo: il veto posto su di lei dal premier kosovaro, Ramush Haradinaj, che la vuole lontana anni luce dal processo di dialogo con la Serbia. Pristina accusa Mogherini di caldeggiare modifiche di confini e scambi di territori a beneficio di Belgrado. E ritenendo Bruxelles del tutto inadatta a una mediazione neutrale, i kosovari premono per un coinvolgimento diretto degli Stati Uniti nel negoziato. Ma il punto essenziale non è tanto se Mogherini faccia questo o quel gioco e sia sospettabile d’intelligenza con questo o quel contendente: il punto è che la sua posizione non rileva, semmai indispone. Il dossier iraniano è al riguardo illuminante. Teheran è al centro delle manovre di contenimento israelo-statunitensi in fatto di proliferazione nucleare. Donald Trump ha da poco trasformato in coriandoli l’accordo stabilito con l’Iran dal suo predecessore Barack Obama e ha rinvigorito sanzioni e ultimatum. L’Europa ha tentato d’inserirsi nella disputa ma lo ha fatto appunto con l’insipida soavità della nostra lady M. La quale a inizio mese, nel vertice europeo che si è tenuto in Romania, non ha saputo andare al di là d’un salomonico invito a scongiurare «un’escalation senza ritorno». 

IL SILENZIO SULLA LIBIA
Se gli iraniani vedono in Mogherini l’inaffidabilità dell’occidente, gli occidentali non hanno dimenticato di quando lei nell’agosto del 2017 si presentò con un vistoso velo alla cerimonia d’insediamento del presidente Hassan Rouhani per il suo secondo mandato. Mogherini spiegò che per lei era «un obbligo protocollare assoluto», ma perfino a sinistra il gesto fu giudicato come un segno di sottomissione che offende le donne e umilia i valori europei. All’albo d’oro degli euroinsuccessi potremo presto aggiungere la guerra civile venezuelana? Dopo aver preso la testa del gruppo di contatto chiamato a promuovere una soluzione “politica, pacifica e democratica in Venezuela”, Mogherini ha coraggiosamente lasciato il dossier nelle mani della Santa Sede e della Comunità dei paesi caraibici (Caricom). La verità è che l’Europa pare disegnata apposta per fare brutte figure in politica estera, anzi per non averne una ma tante quanti sono gli stati membri. Eppure l’uscente Lady Pesc ci ha messo del suo: mai pervenuta concretamente, ad esempio, sulla bruciante destabilizzazione della Libia operata dalle forze d’intelligence francesi, silenziosa al limite della reticenza sulle ondate migratorie che hanno colpito l’Italia. Non proprio una sicurezza, insomma, neppure per l’interesse strategico nazionale. In questi anni Mogherini ha occupato in modo periferico un posto apparentemente centrale nella nomenclatura di un’Europa brutta, inetta e insincera. L’Europresidente Jean-Claude Juncker, forse intuendone il reale valore, le tolse appena poté ogni delega sulla Difesa devolvendone la potestà al francese Michel Barnier, il burocrate che sta facendo impazzire la Gran Bretagna al tavolo della Brexit.

LO SBARBO A D’ALEMA
Ma la ragazza è molto giovane e ha davanti a sé il tempo per riscattarsi. Nata (politicamente) figiciotta, cioè comunista moderata, ha lavorato per e con Walter Veltroni e Dario Franceschini: due navigatori inaffondabili. Soprattutto quest’ultimo, ormai nelle grazie del neosegretario piddino Nicola Zingaretti, saprà esserle senz’altro d’aiuto. L’importante è imparare dagli errori del passato. Uno in particolare: essere sospinti dal potente di turno a scapito di un ex potente ancora capace di nuocere. Accadde questo, nel 2014, quando Matteo Renzi impose in Europa la sua ministra degli Esteri Mogherini dopo aver promesso quel posto nientemeno che a Massimo D’Alema. Il quale per tutta risposta ha scavato, da quel momento in poi, tutte le trincee dell’antirenzismo che avrebbero portato il Pd alla scissione e Renzi a perdere il referendum costituzionale del 2016 (grazie anche all’opposizione di Silvio Berlusconi).
Che cosa farà da grande, Federica Mogherini, non è dato saperlo. Difficilmente potrà continuare a guadagnare la paghetta che le ha passato l’Europa negli ultimi anni: 25.845,35 euro al mese. Eppure, mai dire mai. Se sei nata a Roma nel giro giusto, se parli le lingue e hai sempre frequentato persone di potere con buone relazioni nello Stato profondo e nelle migliori cancellerie internazionali; se sei Cavaliere di gran croce dell’ordine equestre per il merito civile e militare a San Marino (e lei modestamente lo è), non dovrai mai sbatterti troppo per accoppiare il pranzo con la cena.