il Fatto Quotidiano, 13 maggio 2019
Lo spaventoso futuro del mondo secondo Enrico Giovannini
E se il mondo farà sboom?
Enrico Giovannini, ministro del Lavoro nel governo Letta, già presidente dell’Istat, docente di statistica economica a Tor Vergata (“Un professorone!” direbbe Salvini) si occupa di ciò che sta accadendo nel mondo. “Era il 1972 e il cosiddetto Club di Roma, un pool internazionale di esperti, ci disse ciò che avremmo visto nel 2030”.
Undici anni ancora, ci siamo quasi
Non maghi, ma economisti dello sviluppo e scienziati, avvertirono che la crescita sarebbe stata frenata da tre fattori: mancanza di cibo, eccessivo consumo di risorse e inquinamento dovuti ai grandi mutamenti climatici, all’aumento della popolazione mondiale e al tipo di modello economico.
Temi che divengono palline da ping pong nei talk show.
Per le organizzazioni internazionali tra dieci anni toccheremo la cifra record di oltre otto miliardi di abitanti. Accanto al degrado ambientale, le mutazioni climatiche ridurranno alla fame un popolo di dimensioni mai viste spingendo verso migrazioni di massa alimentate anche da decine di conflitti regionali. L’acqua sarà l’oggetto prevalente delle contese.
Stiamo andando a sbattere, e piuttosto allegramente.
Ricordi che i politici non amano parlare di cose per le quali non possono millantare di avere una soluzione. Quindi si fermano ai problemi di piccola taglia.
Lei non ha di questi obblighi e può guardare al dopodomani.
È un principio di salvaguardia della nostra intelligenza illustrare soluzioni possibili alle questioni che stringono alla gola la nostra età.
Abbiamo conosciuto una vita verticale. Una porzione del mondo ha issato la bandiera della crescita come traguardo esclusivo.
L’Ocse stima che nei prossimi quarant’anni il Pil dei Paesi industrializzati aumenterà mediamente dell’1,75% annuo. Una cifra insufficiente a fronteggiare la povertà che già esiste e a trasformare i sistemi produttivi come dovremmo. Poi abbiamo davanti un’ulteriore sfida: la quarta rivoluzione industriale con la digitalizzazione e l’automazione.
La distruzione infinita del lavoro tradizionale.
Sempre secondo l’Ocse, il 10% dei lavori esistenti saranno mangiati dai robot, mentre il 40% degli impieghi attuali sarà stravolto.
La metà di noi dovrà farci i conti.
Direi di sì e non è certo che, in un mondo globalizzato, i nuovi lavori verranno creati laddove i vecchi verranno distrutti.
Temo che le cattive notizie non siano finite.
Il clima muta nelle forme oramai conosciute. Se in questo secolo la temperatura media aumenterà di due gradi, o ancora di più, ci sarà una parte del mondo che si riscalderà in modo insopportabile. L’Europa sarà più calda di altri continenti e il suo Sud, Italia compresa, subirà un aumento maggiore della media, mentre il suo Nord, penso alla Scandinavia, godrà di un beneficio con importanti ricadute economiche e sociali.
Di nuovo la mente va alle migrazioni.
Ah, di certo anche i ricchi migreranno. Sa che già sono in atto disinvestimenti immobiliari nell’area meridionale dell’Europa? Si compra in Norvegia, perché lì il clima sarà più favorevole. L’Indonesia progetta di spostare la sua capitale, Giacarta, destinata per una metà a rimanere sott’acqua entro questo secolo? I grandi viticoltori australiani stanno investendo nel loro sud, nei territori dove il clima sarà più favorevole?.
Sembra un disastro senza fine.
Alcuni ricconi d’America si stanno facendo costruire bunker in Nuova Zelanda. Ma questa non sembra una soluzione praticabile da tutti. L’unica strada è avviare un percorso di sviluppo sostenibile. Compatibile cioè con la nuova realtà che non aspetta il nostro tempo, la nostra reazione. L’Agenda 2030, predisposta dall’Onu, alla cui preparazione ho avuto modo di contribuire, elenca 17 obiettivi da raggiungere, nei diversi campi dell’attività umana, e pone 167 target da centrare se non vogliamo conoscere un arretramento degli stili di vita, milioni di morti per fame, grandi territori desertificati, le guerre locali.
Lei è portavoce di una associazione che ha l’obiettivo di realizzare modelli di sviluppo sostenibile.
Alleanza Italiana per lo Sviluppo sostenibile (ASviS). L’Agenda 2030 è uno straordinario piano di trasformazione, l’unico che abbiamo, e la questione investe anche la geopolitica. Le faccio un esempio. Il futuro prossimo dell’auto è elettrico. La Cina detiene il monopolio delle batterie al litio. La Commissione europea ha invitato i potenziali produttori europei di batterie, proponendo di unire gli sforzi come è stato fatto nel campo aeronautico con Airbus. La Mercedes ha deciso di sottrarsi al monopolio cinese e di investire miliardi nelle batterie al potassio, presente in Europa. Come vede si parla di migliaia di posti di lavoro e di rapporti di forza internazionali. Lo sviluppo sostenibile non è solo una questione ambientale, ma anche economica, sociale e istituzionale.
Lo sviluppo sostenibile sembra uno slogan già consumato. Ne parliamo ogni giorno, e poi puntualmente ce ne dimentichiamo.
Invece non possiamo fare più gli gnorri. Siamo obbligati a fronteggiare i mutamenti climatici, a investire nella cosiddetta economia circolare, a rivedere in profondità il nostro modello di sviluppo economico e sociale. Non è più un’opzione. Ora è divenuta un’urgenza.