Cristiano è il leader delle squadre in cui gioca e il leader di un clan.
«Mi odiano perché sono bello e ricco», ha detto una volta dopo essere uscito da un campo avversario sotto i fischi. Per gli stessi motivi per cui alcuni lo detestano, molti lo amano. Non c’è personaggio che rispecchi i nostri tempi meglio di Cristiano Ronaldo. Tutto in lui e intorno a lui è gigantesco. Oggi è felice.
Che cosa è più complicato: scegliere una squadra o un’azienda?
«Penso sia più facile scegliere un’azienda, perché in un club giochi con molte cose, devi pensare molto, moltissimo. Un’azienda finisce per essere una cosa che non controlli al cento per cento».
Di chi si fida quando deve decidere dove investire il denaro?
«Essenzialmente, per scegliere un business mi fido delle stesse persone che mi aiutano a scegliere una squadra: la mia famiglia e i miei amici più intimi. I miei figli non possono ancora dare il loro parere, anche se Cris qualche volta lo fa, ma è ancora piccolo. Alla fine è la squadra che ti formi negli anni, non soltanto per il calcio ma anche per il mondo imprenditoriale».
Perché un’azienda come questa?
«Il problema dei capelli è un problema vero. Lo hanno persone a me molto vicine. Serve per aiutare ad accrescere l’autostima delle persone, una signora prima mi ha detto: "Ma a te non cadono i capelli". Per il momento no, ma un giorno o l’altro potrebbe succedere. Sono cose che capitano. Geneticamente, nella mia famiglia nessuno ha problemi di questo tipo, ma chissà. Lo stress, un’alimentazione sbagliata... Da un momento all’altro le cose possono cambiare, è come con i denti, per esempio. Nell’estetica, se ti piace, devi essere sempre un passo avanti».
Non è stanco di dover sempre dimostrare qualcosa a tutti?
«Non nego che a volte mi dia fastidio e mi stanchi perché sembra che ogni anno debba dimostrare di essere fortissimo. È difficile. Hai quello che hai anche per tenere in conto la pressione aggiuntiva di dover dimostrare qualcosa alla gente, non solo a te stesso. E alle persone che ti stanno intorno. Alla tua famiglia, a tua madre, a tuo figlio... "Cris, domani devi vincere". Questo ti rende più attivo. Devi allenarti in continuazione, però arriva un momento in cui dici: senti, lasciami stare...».
Si diverte ancora con il calcio?
«Vedo il calcio come una missione: scendere in campo, vincere, migliorare. Quei momenti in cui giocavo pensando "farò un dribbling!" non li vivo più. C’è una pressione aggiuntiva. La gente ti giudica costantemente: "Ormai è finito. Ha 33, 34, 35 anni, dovrebbe smettere". E tu vuoi lasciarli di stucco: sono ancora io».
Crede che qualcuno pensi che lei sia diventato un robot?
«Non penso che credano sia un robot, però mi vedono come uno che non può mai avere un problema, non può mai essere triste, mai avere preoccupazioni. La gente identifica il successo, la spensieratezza, con i soldi: "Come può essere triste o avere una crisi Cristiano se è milionario?". Devi comprendere che la gente non pensa come te, non ha vissuto certe situazioni. Ma lo capisco. So che la gente sta con il fucile spianato in attesa che Cris sbagli un rigore o che fallisca in una partita decisiva. Ma fa parte della vita e devo essere preparato. E io sono preparato già da molti anni».
Ricorda in che momento si è abituato a tutto questo?
«Non so in quale momento mi sia abituato, è vero però che ho sentito la pressione fin da giovanissimo. Quando sono andato a Madrid, ero il giocatore più caro della storia; a Manchester, dopo aver vinto il mio primo Pallone d’oro a 23 anni, la gente pensava: "Questo ha raggiunto il massimo". Negli ultimi 10-12 anni ho sempre avuto questa pressione aggiuntiva che non solo ti metti, ma che tutti ti mettono».
Qual è la prima cosa che fa quando arriva in una nuova squadra?
«Essere me stesso, nient’altro. La mia etica lavorativa è sempre uguale. Se il proprietario di una ditta arriva e inizia a fare il gallo, la gente non lo vedrà come un leader. Dirà: "Questo è il mio capo, ma non mi tratta bene". Devi essere umile, imparare che non sai tutto. Se sei intelligente, capti delle cose che ti fanno migliorare come atleta. Nella Juve mi sono adattato perfettamente. Hanno visto che non sono un venditore di fumo. È Cristiano, ed è quello che è perché si cura. Una cosa è parlare, un’altra è fare. Perché ho vinto cinque Palloni d’oro e cinque Champions?».
Dopo essersene andato dal Real, non ha avuto la tentazione di aprire una filiale da un’altra parte?
«La mia famiglia è di qua, i miei figli sono nati qua, sono stato nove anni in questa città. Molti momenti che ho vissuto qui non si possono cancellare. Sono andato alla Juve e, volendo, avrei potuto dire: "Apriamo la clinica da un’altra parte, in qualsiasi altro posto". Ma non l’ho fatto. Madrid mi ha dato tanto, come potrei dimenticarlo?».
Nonostante tutto?
«Certo. Gli spagnoli mi hanno trattato bene. Non lo dimentico. Volevo dare lavoro agli spagnoli, indipendentemente dai problemi che ho avuto con il Fisco, questo non posso né dimenticarlo né nasconderlo, perché la mia vita è un libro aperto. I sentimenti, la gente della strada, questo non si dimentica. Cammino a testa alta perché so che la gente mi ama, sa che ho dato molto per questa maglia e a mia volta ho ricevuto molto. Per strada mi dicono: "Cris, torna a casa, questa resta sempre casa tua...". Mi piace sentirlo».
Chi toccano di più le polemiche sulla sua vita privata? Lei o chi le sta intorno?
«Mi piacerebbe fare da scudo e risolvere io tutti i miei problemi personali. Quando posso, lo faccio. Essendo una delle persone a più alta esposizione mediatica del mondo non è facile nascondere delle cose. Ci sono persone a cui piace Cristiano e persone a cui non piace. Più sei in alto più vogliono tirarti giù. È normale. Come dico sempre, nella vita professionale non importa che mi critichino, è il mio lavoro. Ma la mia vita personale è più intima, ho una fidanzata, dei figli, una madre, fratelli, amici... Gente che mi conosce davvero e quando le situazioni possono danneggiare la tua immagine, ti fanno un po’ male. Quando succede qualcosa, non posso andare a casa e piangere. Se sorge un problema, cerchiamo di trovare una soluzione. L’unica cosa per cui non c’è soluzione è la morte».
Crede di essere stato forse troppo sincero in alcune occasioni?
«Ammetto che qualche volta sono stato un po’ troppo sincero. Ma alla fine ti dici: "Se ho tutto quello che ho, se guadagno quello che guadagno, qualcosa di buono lo starò facendo". Sono la persona con più follower del mondo».
Perché?
«Magari la gente s’identifica con me, o faccio più scintille».
Magari ne ha di più perché lo sfrutta di più.
«Mi viene naturale. Non è questione di sfruttarlo».
Se mettessimo dei microfoni negli spogliatoi, finirebbe il calcio così come lo conosciamo?
«No. Negli spogliatoi, in quello della Juve, in quello del Real Madrid, si parla di cose normali di calcio».
Ci si fanno degli amici nel mondo del pallone?
«Potrei dire di sì... Cioè, non è che non se ne facciano, io ne ho, ma non posso negare che sia un mondo difficile. È come se chiedessi a una modella se ha molte amiche modelle. Politicamente potrebbe dire di sì, ma in realtà saranno molto rare le volte che la troverai a cenare a casa sua insieme ad altre modelle».
Perché non si sente mai l’ipotesi che dopo il ritiro farà l’allenatore?
«Non lo escludo, ma per il momento non ci penso».
Ha mai pensato di andare a vivere a Barcellona dopo il ritiro? C’è la spiaggia e il clima è molto mite.
«(ride) Barcellona non fa per me, no... Ci sono stato un paio di volte e mi sono accorto che non amano molto Cristiano, ma è normale, è per via della rivalità, non importa».
( Courtesy; ICON)