la Repubblica, 13 maggio 2019
Un museo a Berlino per i grandi esiliati
Thomas Mann lo chiamava “l’asma del cuore”. È il dolore dell’esilio, il destino che colpì innumerevoli ebrei e oppositori del regime costretti dai nazisti a scappare, ad abbandonare i loro Paesi d’origine. Secondo alcune stime, si trattò di mezzo milione di persone – 360mila tedeschi, 140mila austriaci. C’è ormai un’ampia letteratura su Marlene Dietrich e Billy Wilder e la Hollywood dei tedeschi e degli austriaci. O sulla colonia dei Brecht, dei Mann, dei Feuchtwanger e degli Adorno che trascorsero il dodicennio più buio della storia tedesca sulla costa californiana, tra Pacific Palisades e Santa Monica. E tra quelle centinaia di migliaia di esuli, fuggiti non solo negli Stati Uniti ma in tutto il mondo, ci sono ovviamente geni come Walter Gropius, Hannah Arendt, Hedy Lamarr, Albert Einstein o Siegmund Freud.
In Germania, Paese attentissimo alla memoria storica e soprattutto alla ricostruzione dei crimini del nazismo, mancava finora un museo dedicato all’"asma del cuore”, alle sofferenze e alle vite gli esuli – come dimenticare Stefan Zweig che si tolse la vita all’estero o Willy Brandt che fu meschinamente accusato di aver trascorso gli anni del nazismo in Norvegia. E così la capitale che più di ogni altra è abituata a mostrare al mondo le cicatrici del Novecento, Berlino, ha deciso di dedicare finalmente un museo a questo importante pezzo di storia tedesca e austriaca.
La scintilla è una lettera del 2011 di un’illustre esule, il Nobel della letteratura Herta Mueller, ad Angela Merkel. Allora la scrittrice scappata a Berlino trent’anni fa dalla Romania di Ceaucescu, scrisse alla cancelliera che «in nessun luogo di questo Paese esiste un posto che possa spiegare il significato dell’esilio attraverso il racconto di singoli destini. I pericoli della fuga, la vita sofferta nell’esilio, l’estraneità, la paura e la nostalgia di casa». Secondo la grande scrittrice cresciuta nella minoranza tedesca in Romania, «un Museo dell’Esilio potrebbe aiutare i giovani a capirne il significato. Sarebbe un esercizio di educazione alla partecipazione».
Entro il 2025 i terreni intorno all’Anhalter Bahnhof, la vecchia stazione sud di Berlino da cui partivano i treni per l’estero ma anche quelli per Auschwitz, ospiterà 4.000 metri quadri di video e documenti, comprese interviste che gli organizzatori stanno svolgendo in questi mesi agli esuli ancora vivi. Finora al progetto per un Museo dell’Esilio si sono messi a lavorare a testa bassa soprattutto i privati.
Il fondatore della casa d’aste Villa Grisebach, Bernd Schultz, che lo ritiene «un progetto del cuore» e ha già investito sei milioni di euro per avviare la fondazione. E la squadra che si è buttata a capofitto nel progetto, e che, a parte Schultz, conta altri cervelli illustri. C’è l’ex direttore del meraviglioso museo della Storia tedesca ed ex assessore alla Cultura della capitale, Christoph Stoelzl e le note curatrici Meike-Marie Thiele e Cornelia Vossen.
Schultz ha raccontato al quotidiano Tagesspiegel che dal 1965 colleziona arte e che «in centinaia di viaggi a New York, in California, a Londra e ovunque nel mondo ho incontrato esuli, le loro collezioni, le loro perdite, i loro destini – e il debito che abbiamo nei loro confronti. L’esilio fa parte della memoria collettiva di questo Paese. Chi può ricordare al giorno d’oggi, ad esempio, che Lucian Freud era nato a Berlino?».