«Fare previsioni è rischioso. Penso che il governo uscirà ridimensionato rispetto ai sondaggi trionfanti di questi mesi, ma ancora non abbattuto».
Tra Di Maio e Salvini è scontro vero o c’è anche un gioco delle parti in vista del voto?
«Gioco delle parti, sulla pelle del Paese. Ma quando dopo la Legge di Bilancio metteranno le mani nelle tasche degli italiani l’incantesimo populista si spezzerà».
Il governo è fermo tra liti e veti. Si sta godendo i pop corn o si pente di non averne impedito la nascita?
«Mai goduto delle disgrazie. Salvini e Di Maio hanno vinto con promesse farlocche e una campagna elettorale vergognosa, inquinata dal fango delle fake-news. Noi abbiamo solo impedito che nascesse un’alleanza tra Pd e Cinque Stelle e ne vado fiero. Da un lato abbiamo salvato l’onore del Pd: mai stare con chi fa i condoni a Ischia, blocca la Tav, tentenna sui vaccini, scappa sulle unioni civili, sta con Farage al Parlamento Europeo. Dall’altro abbiamo consentito all’Italia di non avere un bipolarismo populista guidato da Lega e Cinque Stelle. Non si svende un patrimonio ideale per una poltrona da sottosegretario o per le ambizioni di qualche vecchio notabile di fare finalmente il Presidente della Camera. Per me questa è politica, non popcorn».
Di Maio sembra volersi ritagliare il ruolo dell’oppositore di Salvini. Questo rende il M5S più credibile in futuro come alleato del Pd?
«Di Maio dice tutto e poi il suo contrario. È riuscito a chiedere la domenica l’impeachment di Mattarella per alto tradimento e il giovedì era al Colle a giurare ringraziando "l’angelo custode" Mattarella. Voleva uscire dall’euro, adesso attacca i sovranisti. Ha una storia culturale di destra e ora si fingerivoluzionario. Lui non ha idee da difendere: deve solo seguire l’algoritmo della Casaleggio. Non consiglio alleanze con chi ha la stessa credibilità di una moneta da tre euro».
Alle Europee si confrontano in tutto il continente due visioni opposte e incompatibili della Ue. La convince l’appello di Zingaretti "da Macron a Tsipras"?
«Zingaretti ha tenuto insieme tutti e questo è un suo merito, oggettivo. Voteranno Pd persone che lo scorso anno hanno votato altro: D’Alema e Bersani votarono Leu, Casini votò la Lista Popolare, Calenda votò la Bonino, persino Prodi non votò il Pd ma una lista creata ad hoc per l’occasione. Tutti costoro"tornano a casa": si parte da una base che lo scorso anno stava intorno al 25%. Mi sembra che questo obiettivo indicato dal segretario con le primarie sia riuscito. Per il futuro vedremo che cosa servirà ancora. Ma intanto è un inizio».
Col decreto sicurezza bis Salvini avoca a sé responsabilità di altri ministeri. Legittimo o sono prove di autoritarismo?
«Salvini non è un pericolo per la democrazia. Dirlo lo trasforma in martire e ci porta a giocare la partita che lui vuole giocare. Salvini è qualcosa di diverso, forse persino di peggio: Salvini è un seminatore di odio, un predicatore di intolleranza. Da decenni chi sta al Viminale tranquillizza gli italiani, oggi il ministro dell’interno spende soldi della Lega su Facebook per pubblicizzare su target di minorenni video che sono finalizzati a inquietare gli italiani. Il pericolo per la democrazia casomai deriva, come acutamente fatto notare da certa stampa internazionale, dall’utilizzo spregiudicato di fake news sui social. Per questo ho chiesto a Salvini e Di Maio di fare una commissione di inchiesta parlamentare sulla propaganda, ma qualcosa mi dice che Luca Morisi e Casaleggio non autorizzeranno questa decisione. Nel frattempo affermo pubblicamente che Salvini ha utilizzato parte dei 49 milioni per creare "La Bestia", lo strumento di disinformazione della Lega. Sono curioso di capire se sarò querelato».
Salvini chiede la flat tax per rilanciare il governo. Ha letto che una delle ipotesi per finanziarla è abolire i suoi 80 euro?
«Sull’economia, purtroppo, Salvini è quasi più ignorante di Di Maio. Quasi, naturalmente. Non sanno di che cosa parlano, non studiano i dossier, lanciano parole a caso. Io li sfido: tolgano gli 80 euro, dai. E vediamo che cosa riescono a fare sulla flat tax. Sono bravi a scrivere i post non hanno la minima idea di come si scriva un decreto. E il risultato è che la crescita figlia dei nostri investimenti si è interrotta».
Lei ha giurato lealtà a Zingaretti. Sicuro che non esiste il piano per il partito di Renzi?
«La lealtà si pratica, non servono i giuramenti. Sono stato leale con Bersani, lo sono con Zingaretti. Quella lealtà che a me è stata negata dal fuoco amico di chi pur di distruggere me, percepito come intruso, ha dato fuoco alla casa comune. Eravamo al 40% tutti insieme, si è preferito erodere dall’interno. Peccato. Ora è tempo di futuro. Zingaretti è il segretario, noi diamo una mano: ci conosciamo da anni, non abbiamo mai fatto un congresso dalla stessa parte, ma ci siamo sempre reciprocamente sostenuti a livello istituzionale e politico. Non smetteremo adesso».
Sa che molti le continuano a rimproverare di non essere di sinistra?
«Cos’è la sinistra? Per me è sinistra far pagare le tasse a tutti e ridurle ai cittadini onesti, come abbiamo fatto con il canone Rai e con la digitalizzazione del fisco. Per me è sinistra creare lavoro, come abbiamo fatto con il Jobs Act. Riconoscere diritti come per le unioni civili, il terzo settore, la cooperazione internazionale, il dopo di noi, l’autismo, il caporalato, la responsabilità civile dei magistrati. Per me è sinistra l’unico governo della storia con metà donne. Ripescare un barcone in fondo al mare per dare un nome e una tomba ai nostri fratelli migranti. A qualcuno tutto questo sembrava poco di sinistra: quel qualcuno adesso è responsabile del governo Salvini-Di Maio».
Non crede che alcuni renziani si stiano muovendo contro la nuova segreteria con gli stessi metodi che lei rimproverava agli anti-renziani?
«Non scherziamo. Noi siamo stati massacrati dopo aver vinto per due volte le primarie con il 70% da una continua battaglia interna. Qui nessuno ha creato problemi al segretario, né intende farlo. Gli unici problemi interni al Pd sono nati da alcune iniziative parlamentari sconclusionate di collaboratori della segreteria, come quella sullo stipendio dei parlamentari.
Ma ha fatto bene Zingaretti a stopparle subito».
Un’ultima questione personale. Si è parlato molto in questi anni del suo caratteraccio. Ci ha riflettuto?
«C’è una discussione mondiale su come interpretare la sinistra nel mondo. Mi piacerebbe discutere di questo, non del mio carattere. Che sarà anche un caratteraccio. Ma senza questo caratteraccio non avremmo mai avuto le Unioni civili o la flessibilità in Europa che ha consentito di abbassare le tasse e di tornare alla crescita. Appartengo alla scuola di pensiero di chi dice che è meglio avere un caratteraccio che non avere carattere. Adesso è il tempo dei premier senza carattere, alla Conte. Vediamo se passeranno di moda. Io nel frattempo studio, viaggio, lavoro e cerco di dare una mano».