La Stampa, 12 maggio 2019
A Cannes il film di Tarantino sull’omicidio di Sharon Tate
I giorni in cui la mecca del cinema, da regno variopinto di grandi speranze e inattese rivelazioni, si trasformò in lugubre teatro di un delitto spaventosamente efferato. E poi la fine del sogno hippie, la maledizione di uno stile di vita libero e anticonformista, l’idea che, intorno a tutta quella luminosa bellezza, fossero sempre in agguato le ombre della violenza e della sopraffazione.
Al Festival di Cannes va in scena il film di Quentin Tarantino, C’era una volta a Hollywood, ma della platea internazionale che lo aspetta fin dal primo annuncio come evento di massima importanza cinematografica, fa parte uno spettatore che lo vedrà con occhi diversi. Per Roman Polanski, marito innamoratissimo dell’attrice Sharon Tate, massacrata il 9 agosto del 1969 dai seguaci della setta di Charles Manson nella sua villa di Cielo Drive, l’idea di poter rivivere quell’orrore è un incubo annunciato.
A 50 anni dalla strage, il regista di Rosemary’s Baby, che in Usa non può mettere piede in seguito alla condanna per stupro nel ‘77 della minorenne Samantha Geimer, e che sull’onda del MeToo è stato espulso dall’Academy (dopo aver vinto, nel 2003, tre Oscar per Il Pianista) si ritroverà trasformato nel personaggio di un kolossal da 95 milioni di dollari: «Io sono di Los Angeles - ha dichiarato Tarantino descrivendo il progetto -, sono cresciuto qui, avevo 7 anni nel 1969 e questo è davvero un film di Los Angeles, dove ho già ambientato Jackie Brown e Pulp Fiction. Parla di una coppia di protagonisti e dei tanti personaggi che incontrano, offrendo, nel complesso, un grande affresco della città».
Nei panni di Sharon Tate, trasformata nel look di fine Anni 60, Polanski vedrà recitare l’australiana Margot Robbie, perfetta per riprodurre il cocktail di dolcezza e sensualità che caratterizzava l’attrice assassinata. Di lei si sa che, come Tarantino, non ha consultato Polanski, ma si è documentata leggendo la sua autobiografia pubblicata (da Bompiani) nell’84: «Sharon era qualcosa di più che non semplicemente splendida - scriveva l’autore nel libro -. Non era ingenua né oca come la tipica starlett, aveva origini medioborghesi, con qualche tratto di originalità. Ciò che mi aveva colpito, a parte la straordinaria bellezza, era quel qualcosa che irradia da una natura buona e gentile».
Il dramma offuscò un’epoca
Tarantino immagina che Sharon Tate sia la vicina di casa dei personaggi principali, l’attore in fase calante Rick Dalton (Leonardo DiCaprio) e la sua controfigura Cliff Booth (Brad Pitt), due amici in cerca di fortuna, reduci dal successo di una serie western e ora a caccia di nuovi ingaggi. Tra le loro aspirazioni, oltre a trasferirsi in Italia dove trionfano gli Spaghetti western, c’è quello di entrare in confidenza con i divi più quotati del momento, da Bruce Lee (Mike Moh) a Steve MacQueen (Damian Lewis) a Roman Polanski (Rafal Zawieruch) e a sua moglie, sulla cresta dell’onda dopo aver girato insieme Per favore non mordermi sul collo.
Proprio su quel set, a Ortisei, regista e attrice avevano lavorato per la prima volta fianco a fianco e la loro relazione era diventata stabile e importante. Il matrimonio fu celebrato a Londra, il 20 gennaio del 1968, pochi giorni prima del venticinquesimo compleanno della sposa e dopo una notte di addio al celibato cui parteciparono Terence Stamp e Michael Caine. In quello stesso anno, Polanski era stato invitato al Festival di Cannes, in giuria, e così la coppia, dopo una breve vacanza a St.Tropez, si era ritrovata immersa nel clima incandescente della contestazione, con il Festival interrotto sull’onda del Maggio francese.
Pochi mesi dopo Sharon Tate si scoprì incinta, un bambino che, da subito, fu vissuto come «un dono del cielo» visto che la futura mamma lo aveva concepito nonostante usasse la spirale: «Il medico di Los Angeles affermò che era poco meno di un miracolo, e attribuì il fatto alla straordinaria vitalità di Sharon». La mattina d’estate in cui il corpo dell’attrice fu ritrovato senza vita, assieme a quelli di 4 amici, tra cui l’ex-fidanzato Jay Sebring (nel film Emile Hirsch), Polanski era a Londra per lavoro. Alla notizia reagì piangendo, tirando pugni contro le pareti, sbattendo la testa sul muro e gridando in polacco: «Ma lei lo sapeva quanto l’amavo? Lo sapeva? Lo sapeva?». Il dramma squarciò il velo sull’anima maledetta di Hollywood, un panorama di festini, droghe, eccessi, che offuscò per sempre l’immagine edulcorata della fabbrica dei sogni.