Libero, 12 maggio 2019
Orban vede Trump. In Europa cambia tutto?
Si può anche abbandonare il Ppe, se dalla propria parte c’è la Casa Bianca. Domani, con la visita del premier ungherese Viktor Orbán al presidente degli Stati Uniti Donald Trump, potrebbero cambiare gli equilibri politici europei, approfittando anche del gelo calato fra Berlino e Parigi. La cancelliera tedesca Angela Merkel sta cercando di imporre il suo delfino Markus Weber come presidente della Commissione europea, ma il presidente francese Emmanuel Macron non è d’accordo sul metodo. Attualmente vige per prassi il sistema dello Spitzenkandidaten, che consente al partito maggioritario al Parlamento europeo di proporre un proprio esponente al vertice delle istituzioni comunitarie. All’Eliseo, invece, preferirebbero che la scelta fosse l’esito di un negoziato fra capi di Stato e di governo europei. Del resto, il partito del presidente, Rinascimento europeo, non sarebbe numericamente così rappresentativo da poter ottenere in cambio il presidente del Consiglio dei ministri Ue, vero obiettivo al quale puntano i francesi.
L’AGO DELLA BILANCIA
Tra i due litiganti, i populisti sperano che domani nasca, se non l’internazionale sovranista, almeno l’embrione di un partito trumpiano in Europa. Di qua e di là dell’Oceano Atlantico, dalla Lega Nord al Rassemblement National di Marine Le Pen ad Alternative für Deutschland, sono numerose le forze politiche che si trovano d’accordo sullo stop all’immigrazione selvaggia e sulla difesa delle radici e tradizioni cristiane dell’Occidente. Finora, a fare di tutta l’erba un fascio, anzi ad agitare lo spettro del fascismo, sono stati i loro avversari. Così, a forza di evocarli e rievocarli, i nazionalisti sono riapparsi in Europa. A Budapest, Trump li monitora da vicino attraverso l’ambasciatore statunitense, David Cornstein. Anche a Washington sono consapevoli del potenziale di Orbán, che dal 26 maggio potrebbe diventare l’ago della bilancia in Europa. Se i popolari si alleassero con i socialisti al Parlamento europeo, gli ungheresi potrebbero uscirne, ha avvertito il leader ungherese, che renderebbe così definitiva quella separazione che allo stato attuale è una sospensione temporanea di Fidesz. A quel punto, si aprirebbero non solo le prospettive di un dialogo con i populisti più avanzato di quanto si sia potuto vedere finora, ma Budapest potrebbe ritagliarsi anche un ruolo di cerniera fra America e Russia, dati i buoni rapporti con il Cremlino. Da Mosca, i magiari ricevono l’85% del loro fabbisogno di gas e anche il finanziamento da 10 miliardi di euro per riammodernare la centrale atomica di Paks, con tanto di combustibile nucleare per i nuovi reattori. Va da sé che gli ungheresi non siano favorevoli alle sanzioni imposte da Ue e Usa contro la Russia.
VIAGGIO ELETTORALE
Ufficialmente, l’incontro di domani oltreoceano sarà un’occasione per «approfondire la cooperazione su una serie di temi tra cui commercio, energia e sicurezza informatica», ha sottolineato la Casa Bianca annunciando la visita di Orbán, il quale lo scorso aprile aveva firmato un accordo di cooperazione con Washington nel settore della difesa e sembra intenzionato a garantire a Washington alcune commesse che potrebbero essere annunciate in occasione del suo incontro con Trump. Il premier ungherese tuttavia è stato il primo leader europeo a sostenere Trump durante le presidenziali del 2016. Tre anni dopo, si vedrà restituire il favore, magari con gli interessi.