Il Messaggero, 12 maggio 2019
Cesare Mirabelli: «Incostituzionale vietare la politica in base al censo e limitare i mandati»
Cesare Mirabelli, ex presidente della Corte Costituzionale, è nato a Gimigliano (Catanzaro).
Per Cesare Mirabelli, ex presidente della Corte Costituzionale, le proposte che stanno emergendo sul conflitto d’interesse «sembrano un po’ fuori quadro». Che nel codice linguistico di uno dei giuristi italiani più prestigiosi equivale ad una stroncatura. «Vede – sottolinea Mirabelli – Non entro nelle questioni di comunicazione politica per cui alcuni argomenti da anni vengono lanciati in campagna elettorale per poi magari subito dopo tramontare o prendere strade diverse dalle dichiarazioni più bellicose. Quello che mi preme sottolineare è che la materia del conflitto d’interesse è delicata. Qualche volta ho l’impressione che chi fa la faccia feroce poi propone interventi che difficilmente stanno in piedi sul piano della costituzionalità col risultato di fare un favore a chi a parole si vorrebbe combattere».
Professor Mirabelli, che impressioni ricava dalla letture delle proposte rilanciate in queste ore dai pentastellati?
«Mah, alcune cose mi paiono un po’ fuori quadro».
Quali in particolare?
«La Costituzione garantisce a tutti i cittadini la partecipazione alla vita politica. È fondamentale che la politica non sia riservata ai ricchi o a personalità influenti ma sarebbe altrettanto scorretto, oltre che irragionevole, escludere persone facoltose o che rivestono cariche delicate come i magistrati».
Coma mai usa il termine irragionevole?
«Se non sbaglio, nel 1910 Benedetto Croce fu nominato senatore del Regno per censo, perché era una persona ricca. Una scelta oggi inaccettabile. Ma se oggi scegliessimo di fare l’opposto, cioè di escludere i ricchi dalla politica, ci collocheremmo su un versante altrettanto ingiusto. D’altra parte in America se si applicasse una legge sul conflitto di interesse alle persone proprietarie di aziende non solo Donald Trump ma molti presidenti non sarebbero mai diventati tali. Il punto vero è un altro».
Quale?
«Il conflitto d’interesse è un dato reale soprattutto per chi è proprietario di aziende che operano in regime di concessione. Ma in questo caso occorre varare norme che separino in modo netto la proprietà dalla gestione delle aziende. Un discorso analogo può valere per grandi patrimoni».
Come giudica la proposta di un tetto di due mandati per i parlamentari?
«Non credo sia compatibile con la Costituzione. Ma al di là del dato giuridico qui si entra nel campo delle scelte politiche e anche dei comportamenti concreti. Nei paesi di più consolidata democrazia esistono esempi di parlamentari di lunghissimo corso».
E sui magistrati che concorrono alle elezioni?
«Leggo soluzioni discutibili a un problema che c’è perché i magistrati non solo debbono essere imparziali ma devono anche sembrarlo. Personalmente suggerirei norme che separino i magistrati candidati dal territorio di loro giurisdizione oppure che impediscano loro di tornare a svolgere determinati ruoli».
Il suo giudizio complessivo?
«Quello del conflitto d’interesse è un tema da maneggiare con estrema cura. Attenzione a non varare norme che finiscono per ottenere l’effetto opposto a quello sbandierato».