la Repubblica, 12 maggio 2019
Fuga di milionari dal Regno Unito
La Gran Bretagna non è più un paese per ricchi. I suoi milionari stanno scappando all’estero: 4 mila se ne sono andati nel 2017, altri 3 mila lo scorso anno. Una grande fuga con motivazioni varie: preoccupazione per la Brexit, per un governo guidato dal laburista Jeremy Corbyn che potrebbe esserne la conseguenza, per le tasse che un governo Corbyn aumenterebbe. Ma anche timori per il crimine che ha reso Londra più pericolosa, con la cosiddetta “epidemia” di accoltellamenti che finisce in prima pagina e altri reati che crescono in parallelo, dai furti nelle case ai borseggi per strada. E in generale l’impressione che una nazione un tempo sinonimo di stabilità e pragmatismo stia scivolando sempre più verso il caos, con un esecutivo, in mano ai laburisti o ai conservatori cambia poco, incapace di riportare l’ordine (è di ieri la notizia che la settimana prossima Theresa May dovrebbe indicare la data delle sue dimissioni). Le cifre sull’esodo dei milionari, pubblicate dal Times, fanno parte della Global Wealth Migration Review, rapporto annuale preparato da New World Wealth, una società di ricerche sudafricana. Lo studio nota che per tre decenni, prima della nuova tendenza, il Regno Unito aveva registrato il fenomeno contrario: un afflusso di immigrati danarosi. Dal referendum del 2016 sulla Brexit, invece, i milionari fanno le valige per altre destinazioni, come Australia, Canada e Stati Uniti. Nel febbraio scorso è espatriato l’uomo più ricco di Gran Bretagna, sir Jim Ratcliffe, fondatore del gigante chimico Ineos, traslocando nel principato di Monaco (dove si pagano zero tasse). L’anno prima è partito Roman Abramovich, il petroliere russo proprietario del Chelsea Foootball Club: non di sua volontà, ma perché il governo non gli ha rinnovato il visto di lavoro come ritorsione, dopo l’attentato con il gas nervino contro un ex-spia russa che viveva in Inghilterra, per i suoi legami con il Cremlino. Quale che sia la ragione, la grande fuga continua. Questo non è più un paese per ricchi. E non è che i poveri stiano meglio.