il Fatto Quotidiano, 11 maggio 2019
La crisi di Alinari
Clic. Ritratto dell’Italia in 5 milioni di scatti. “La più antica azienda del mondo nel campo della fotografia”, recita lo slogan, ma la Alinari è molto di più. È la storia di un Paese attraverso le immagini. Per capirci: “Il Victoria and Albert Museum di Londra, che si fregia di essere il più grande del mondo in questo campo, ha 800 mila foto”, raccontano alla Alinari. Ecco, questo tesoro oggi è a rischio: la storica sede di Firenze è stata venduta e sarà trasformata in appartamenti, oltre metà del personale entro pochi giorni rimarrà a spasso. Mentre al ministero dei Beni Artistici e Culturali raccontano: “Negli anni scorsi fette importanti della collezione sono state vendute. Durante un controllo alla frontiera è stata fermata una persona che portava all’estero pezzi pregiati. Per questo è stato messo un vincolo sulla raccolta”. Un episodio su cui è stata aperta un’inchiesta, in sede sono arrivati i carabinieri.
Eppure davanti all’obiettivo della Alinari è passata davvero tutta l’Italia. A cominciare da Giuseppe Garibaldi, poi Giuseppe Mazzini. Ogni istante della nostra storia è racchiuso nei primi dagherrotipi su lastra d’argento, poi le lastre su vetro, i negativi su carta. Fino alle pellicole e agli scatti digitali. Ci sono i primi passi del Paese unito con la breccia di Porta Pia del 1870. No, non ritratti, ma foto. Quelle che vedete sono proprio persone vive, quella è la Roma di centocinquant’anni fa. Pensate a ogni tappa del nostro cammino: tragedie, guerre, trionfi, ma anche politica, sport, viaggi, lavoro. La vita, insomma. Un Paese che cresce, soffre, diventa adulto. Il terremoto di Messina del 1908? “Qui trovate gli scatti unici della città il giorno prima del disastro e il giorno dopo”, racconta Paola de Polo. La sua famiglia negli anni ’80 ha acquistato la collezione.
È la magia della fotografia – catturare l’immagine e la vita delle persone – che fu intuita dai tre fratelli Alinari nel 1852. La dinastia rimase al timone della società fino al 1920; nel 1940 il controllo passa al senatore Giorgio Cini, poi ancora cambi di mano fino al 1982 quando subentra la famiglia De Polo. E negli anni agli originali 300 mila negativi su lastra di vetro si aggiungono altre collezioni acquistate dalla Alinari, fino ai 5 milioni di immagini di oggi. Non solo: “Abbiamo una biblioteca tematica di 26 mila volumi e una collezione di macchine fotografiche con centinaia di pezzi”.
Dal 2010, raccontano ancora al ministero, “la Alinari ha cominciato a perdere pezzi per cercare di tenere in piedi i conti; sono state cedute opere preziose, il patrimonio rischiava di restare mutilato”. Poi pezzi fermati al confine e, raccontano le chat dei dipendenti, materiale (stampe e vecchi fondali) che qualcuno avrebbe buttato via nell’urgenza del trasloco. Perché la storica sede di largo Alinari è stata venduta e sarà abbandonata entro giugno: “Il più grande trasloco di fotografia al mondo”, lo ha definito Il Giornale dell’arte. Con tante preoccupazioni per il destino delle opere. “Ma l’attività continua”, assicura De Polo, “e le opere, con le cautele del caso, sono state trasferite in un caveau che garantisce la perfetta conservazione di ogni pezzo”. Ma non sono solo le foto. Ci sono le persone. I dipendenti hanno inviato una lettera alle autorità: “Per il 60% di noi c’è la certezza di una cessazione dei rapporti di lavoro”, scrivono. Da 15 si passerà a 6-7, ma gli altri potrebbero restare a casa a fine anno. “Si tratta di persone con competenze uniche che si sono fatte carico di ritardi di mesi nel pagamento degli stipendi”, assicura Beppe Luongo della Slc Cgil.
Ma poi cosa accadrà alla Alinari? “La Regione Toscana – spiega l’assessore alla Cultura Monica Barni – ha manifestato interesse all’acquisto del patrimonio, ma bisogna verificare cosa c’è oggi nella collezione. Poi il materiale andrebbe riallestito trovando gli spazi. Infine dovrebbe arrivare una gara per la gestione”. È in gioco il destino dei lavoratori e di una collezione preziosissima. Ma anche di un bene che non si può valutare in denaro: la memoria di un Paese.