il Fatto Quotidiano, 11 maggio 2019
Intervista al gran maestro massone Antonio Binni
Il gran maestro Antonio Binni, accento bolognese, espressione bonaria, avvocato classe ’37, irrigidisce la mascella e socchiude gli occhi: “Non mi piace il termine paura: a noi massoni non ci fa paura niente. La politica non ci spaventa”. Binni è il capo della Gran Loggia d’Italia degli Alam, antichi, liberi, accettati, muratori. È un’obbedienza di rito scozzese: sede a palazzo Vitelleschi a Roma, 23 immobili di proprietà, 600 logge, 9.000 iscritti.
I massoni governano ancora l’Italia?
Un tempo, l’abbiamo plasmata e guidata con una splendida classe dirigente, adesso la studiamo, ci sentiamo scienziati, ci limitiamo ai suggerimenti. Il nostro ruolo in politica è indiretto, la influenziamo con le idee.
E varcate i confini, suggerite pure in Europa oppure è un’illusione?
Per la nostra obbedienza è un momento felice. Abbiamo ricevuto in marzo l’Unione massonica del Mediterraneo e abbiamo proposto soluzioni di un certo tipo che passeranno al Parlamento europeo: la rappresentanza va rafforzata e va combattuta la democrazia cosiddetta diretta perché si dà voce a una folla di persone che, per definizione, non hanno competenze specifiche per trattare materie delicate.
E che soluzioni ha Binni per le materie delicate dell’Europa?
Più poteri al Parlamento europeo, politica estera comunitaria, così come l’esercito e la difesa. E per tornare in Italia, noi siamo contrari a una riduzione degli eletti con la scusa dei soldi risparmiati.
Chi sono i vostri riferimenti in politica?
Non abbiamo preferenze, escluso chi ci attacca.
I Cinque Stelle e Claudio Fava chiedono trasparenza e la dichiarazione di appartenenza a una loggia per gli eletti.
Noi ci difendiamo ovunque, a partire dai tribunali amministrativi, perché ci opponiamo a leggi liberticide. E vinciamo, tranquilli.
Però la segretezza massonica ha prodotto l’eversione piduista, accolto la criminalità organizzata, generato scandali, malaffare, misteri.
I nostri elenchi sono a disposizione dei magistrati per le circostanze giudiziarie, ma noi siamo un corpo intermedio – come i sindacati – e la politica vuole colpirci. Io l’ho detto a Rosy Bindi, ex presidente della Commissione Antimafia: la massoneria è un concetto astratto, le obbedienze sono tre: noi, la Femminile e il Grande Oriente d’Italia, gli altri sono spuri. Va pensata una legge per norme chiare, per evitare abusi. Se quattro mascalzoni fanno un’associazione e si definiscono massoni, noi che c’entriamo? Non va confuso un fratello con un delinquente.
Chi vi ascolta in politica?
Non ci sono contatti con i Cinque Stelle per i succitati motivi, ma da sempre c’è sintonia con i liberali, come Forza Italia, il Partito democratico, la Lega di Salvini. Pochi giorni fa ho chiesto un incontro al ministro dell’Interno e mi aspetto una risposta positiva.
Un politico che stima?
Mi piace Antonio Tajani, un uomo capace e perbene che è riuscito ad assumere il prestigioso incarico di presidente del Parlamento europeo.
Chi sono i vostri fratelli?
Noi siamo anime inquiete e curiose, seguiamo i nostri riti e decifriamo il mondo, così anche i giovani sono attratti. Abbiamo tanti studenti universitari, oltre a medici, docenti, avvocati, funzionari pubblici, imprenditori privati con grossi fatturati, gente che per un’iniziativa di solidarietà offre 10.000 euro, mica monetine.
Relazioni e potere, e poi perché si diventa massoni?
Semplice: per stare assieme. Il nostro motto è libertà, uguaglianza, fratellanza. Le prime due regole possono essere imposte con la legge, l’ultima no. È il nostro compito principale: divulgare e praticare la fratellanza, aiutarsi e aiutare.