ItaliaOggi, 10 maggio 2019
Velo islamico: tedeschi in lite
Il velo islamico, il Kopftuch in tedesco, è una bandiera dell’islamismo o un accessorio personale? Un simbolo di oppressione femminile o una libera scelta delle donne che possono vestirsi come pare a loro? Per rispondere a queste domande, sempre le stesse, si è svolto un convegno all’università di Francoforte. Com’era prevedibile, non c’è stato accordo sulle risposte, ma si è aggiunta un’altra domanda: è possibile criticare il velo senza essere subito accusati di razzismo? La pone Alice Schwarzer, storica leader femminista, che non si può certo sospettare di essere di destra, vicina ai populisti dell’AfD. Una situazione simile a quella che si è avuta in Italia riguardo allo ius soli. Bastava sollevare un dubbio, più che legittimo, per essere accusati di fascismo.Di solito, ha commentato Der Spiegel, i dibattiti universitari passano sotto silenzio, dopo qualche mese, vengono stampati gli interventi che finiscono in archivio. Il Kopftuch invece ha provocato una reazione prevedibile nell’opinione pubblica. La sala ha contenuto a stento il pubblico, oltre 700 presenti, e il convegno si è svolto protetto da misure di sicurezza. Lo spunto al dibattito è stata la mostra sulla moda islamica aperta a fine marzo al Museum für angewandte Kunst, il museo per le arti applicate, che, a sua volta, ha suscitato proteste. L’iniziativa sia della mostra che del dibattito è della professoressa Susanne Schröter, e si è arrivati a chiedere la sua espulsione dall’università da parte di gruppi islamici che l’accusano di razzismo.
La conferenza si è aperta con gli interventi di Frau Schröter e di Alice Schwarzer, accompagnati dalla proiezione di foto degli anni Settanta che mostrano come le donne potessero presentarsi in pubblico senza velo. Oggi le ragazze non sono libere di scegliere e subiscono una repressione violenta già in famiglia. Anche in Germania, come denunciano le numerose lettere inviate ai giornali. Quasi trent’anni fa, nella Berlino subito dopo la caduta del Muro vedevo per strada giovani turche senza velo e in minigonna, oggi le loro figlie sfoggiano il velo, suppongo anche come simbolo di identità e orgoglio nazionale, una sorta di effetto Erdogan. Ieri, le ragazze andavano in giro come volevano, oggi rischiano di essere insultate in pubblico, e picchiate in famiglia. «Noi non stiamo parlando delle donne con il velo, ma di un sistema», ha ricordato Sussane Schröter, «nessuno ha il diritto di insultare una donna con il velo, si può essere femminista e sfoggiare il Kopftuch». Ma deve avere il diritto di compiere una libera scelta.
La giornalista Kohla Maryam Hübsch ha sostenuto che le donne con il velo «non sono vittime di una religione maschilista, molte musulmane si coprono i capelli liberamente, il velo è il simbolo della loro fede, e un divieto sarebbe anticostituzionale». Ma si è trovata in netta minoranza. La falsa tolleranza, ha ricordato Frau Schwarzer, non aiuta le donne islamiche che vogliono sottrarsi all’oppressione maschile e religiosa. Certe esibizioni delle esponenti politiche europee, che in visita in Oriente, si coprono i capelli, come la nostra Federica Mogherini, responsabile della politica estera della Ue, sarebbero da evitare. Non corrono nessun rischio, perché lo fanno? C’è una sorta di Sprechverbot, divieto di parlare, per chi mette in discussione il velo, ha denunciato Alice Schwarzer, provocato da una falsa tolleranza, e da un imposto «amore per gli stranieri», e si attacca chi ha proposto di vietare almeno il Kopftuch per le bambine e le adolescenti fino ai 18 anni (dopo decidano loro), e nei pubblici uffici. E si lascia spazio ai movimenti di estrema destra.