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 2019  maggio 10 Venerdì calendario

Confessioni di Valerio Mastandrea

La notorietà fa strani scherzi. Valerio Mastandrea lo ha imparato presto, in due occasioni, che gli sono rimaste impresse: «La prima volta che mi hanno fermato per strada, ho rischiato. Era un laziale, mi voleva menare perché io sono romanista». L’altro incontro sembra la sequenza di un film: «Ero in motorino, di sera tardi, sulla Prenestina. Vengo superato da uno che andava velocissimo, senza casco. Poi lo vedo tornare indietro “sei Mastandrea? Mi piace come lavori”. Se ne va sgasando, e, dopo un attimo, mi è di nuovo accanto “Ho un po’ d’erba, vuoi fuma’ con me?” Rispondo di no, e lui “Bravo, allora me la fumo io, grazie”». Complimenti, voglia di condividere, e, certe volte, sguardi ostili: «C’è chi si identifica con la mia normalità e si chiede “ma se lui è famoso, perché non lo sono anch’io”?». In ogni caso, dice l’attore, «perdere l’anonimato è un trauma». 
Ironico, schivo, diretto, premiato all’ultimo Bif&st con il «Fellini Platinum Award», Mastandrea si racconta a cuore aperto, dall’esordio senza rete e senza scuola, al debutto alla regia con Ride, dalle lezioni indimenticabili ai provini deludenti: «Ho partecipato, lungo la mia carriera, al processo di demolizione di quel cinema d’autore, auto-riferito, fatto solo per se stessi. Il cinema, secondo me, è tutto il contrario, va fatto per immergersi nei mondi degli altri».
Il momento esatto in cui ha scelto il suo mestiere coincide con un viaggio in treno, durante le riprese di Palermo-Milano solo andata di Claudio Fragasso: «A 21 anni studiavo e mi piaceva molto, ma non sapevo cosa avrei fatto dopo. Poi sono arrivate le prime apparizioni in tv e da lì è partito tutto». Per la gavetta non c’è stato tempo: «Ne ho fatta poca, e non me ne vanto. Ho avuto la fortuna di essere arrivato nel momento giusto, ero l’attore che mancava, quello che poteva essere se stesso, percepito come autentico. Però lo studio della recitazione mi è mancato. Quando eravamo in scena con Rugantino Sabrina Ferilli aveva un suo modo di fare gli auguri “ricordati che nella foresta ti hanno preso e nella foresta ritornerai”. Aveva ragione». 
Al posto di corsi e lezioni ci sono stati gli incontri fondamentali: «Sento forte la mancanza di Claudio Caligari. E di Ettore Scola, che aveva una giovinezza e una freschezza uniche». Per i rimpianti poco spazio: «Non ne ho, né per i film fatti né per quelli che, magari, sarebbe stato meglio evitare». I provini lasciano spesso ricordi forti: «A 22 anni fui chiamato da Marco Risi per Il branco, feci l’audizione, non fui preso, e ci rimasi molto male. Mi disse che avevo nello sguardo qualcosa che non lo convinceva, non ho mai capito cosa volesse dire».
Da regista Mastandrea confessa di essersi «scoperto str... come, certe volte, possono essere i registi»; da ideatore, a Roma, con Daniele Vicari, della Scuola di Cinema dedicata a Gian Maria Volontè, consiglia ai giovani allievi di «non andare all’estero»; da interprete ricorda sempre la frase «bisogna essere persone felici, prima che grandi attori».
Gli episodi della vita di set sono infiniti, ma quello che l’ha fatto ridere di più è legato al tempismo comico di Stefania Sandrelli: «Stavamo girando La prima cosa bella, c’era un gran silenzio, a un certo punto, dalla strada, si sentì forte il rutto di un signore. Stefania si voltò e disse “Pronti a girare?”, come se quello fosse stato il segnale per battere il ciak». 
Sulla questione cinema in sala contro streaming, Mastandrea ha un’opinione precisa: «Netflix esiste e continuerà a esistere, come altre piattaforme, ma non vuol dire che i film diminuiranno. Anzi, ci saranno più supporti e modi per vederli. In ogni caso l’esperienza unica della sala va vissuta e deve continuare a esistere». 
Il prossimo impegno è il remake del francese Gli infedeli, diretto da Emanuelle Bercot con Jean Dujardin, Gilles Lellouche e Michel Hazanavicius. Nella versione italiana il regista è Stefano Mordini e Mastandrea reciterà con Riccardo Scamarcio, Valentina Cervi, Laura Chiatti: «È importante sapere sempre a che punto è la voglia di essere attore, in passato mi sono sentito un galletto, con il petto in fuori, volevo dimostrare chi ero. Adesso sono diverso, mi va di essere altro».