il Fatto Quotidiano, 10 maggio 2019
Sempre meno credenti in Italia
I cattolici reazionari come quelli sfilati a Verona qualche settimana fa si conquistano sempre più spesso le prime pagine dei giornali, ma il Paese reale va in tutt’altra direzione. Quello che anticipiamo oggi è il primo commento ai risultati di un importante sondaggio sulla religiosità in Italia commissionato dall’associazione Uaar (Unione degli Atei, Agnostici e Razionalisti) alla Doxa. Il campione su cui è stata svolta la ricerca è rappresentativo dell’intera popolazione italiana e le interviste sono state realizzate faccia a faccia e non al telefono.
I CREDENTI. Il primo dato che salta agli occhi viene dal confronto con i risultati di un analogo sondaggio svolto da Doxa per l’Uaar nel 2014 e riguarda il modo in cui i nostri concittadini definiscono se stessi sul piano religioso. Comparando i due sondaggi, scopriamo che in soli cinque anni, il numero di credenti cattolici è diminuito di quasi otto punti percentuali (esattamente di 7,7), mentre il numero di atei e agnostici è cresciuto di 5 (passando dal 10 al 15 per cento). Si tratta di un dato di grande ampiezza e notevole rilevanza. Una rilevanza amplificata dal fatto che in questi ultimi cinque anni non è cresciuto nel Paese il numero di migranti di religione non cattolica.
Sono numeri quelli raccolti da Doxa che confermano l’ampiezza, la profondità e l’impressionante rapidità del processo di Secolarizzazione, cioè del distacco delle popolazioni dei Paesi più sviluppati da ogni forma di religiosità. Se il processo avanzasse a questo ritmo, in pochi decenni si realizzerebbero le profezie di tanti grandi pensatori dell’Otto e del Novecento: i credenti scomparirebbero quasi del tutto e ateismo e agnosticismo diventerebbero la normalità; la religione si trasformerebbe nella reliquia di un passato sempre più lontano.
LE GENERAZIONI. Per confermare l’impressione che proprio di Secolarizzazione e non di un dato casuale e contingente si tratti, basta dare un’occhiata ai dati sulle differenze generazionali. Si scoprirà che tra i giovani del campione di età compresa tra i 15 e i 34 anni (compresi i tanti da poco reduci da catechismo e ora di religione) gli atei e gli agnostici superano il 22 per cento, mentre i credenti cattolici sono poco più del 50 per cento. Il numero di cattolici sale man mano che aumenta l’età degli intervistati fino a raggiungere il picco del 76,9 per cento tra gli ultracinquantacinquenni. Insomma, ogni nuova generazione sembra notevolmente meno religiosa di quella che l’ha preceduta.
NORD E SUD. Anche quella territoriale si conferma una variabile molto importante per comprendere la geografia religiosa dell’Italia contemporanea: il Nord (e soprattutto la parte occidentale) è nettamente più secolarizzato del Sud. Nel Nord-Ovest i cattolici sono poco meno del 50 per cento (49,2) e atei e agnostici sfiorano il 30 (28,5). Nel Mezzogiorno i cattolici sono quasi l’80 per cento (78,5), gli atei e gli agnostici meno del 10 (7,5). Insomma, come confermato anche da alcune autorevoli ricerche sociologiche, lo sviluppo economico e il benessere sociale riducono in modo significativo la necessità della religione. In modo analogo agisce l’istruzione: solo il 51 per cento dei laureati si definisce credente cattolico, contro l’87,6 per cento di coloro in possesso della sola licenza elementare. La religione si conferma una risorsa importante per chi non ne possiede altre: quelle che vengono dalla cultura, dal lavoro e dalla sicurezza economica ed esistenziale.
LO STATO LAICO. Dal sondaggio vengono anche numerose altre indicazioni. Apprendiamo, ad esempio, che anche molti di coloro che si dichiarano credenti cattolici desiderano uno Stato laico e rigorosamente neutrale riguardo alla religione. Quasi l’80 per cento degli intervistati (omogeneamente distribuiti su tutto il territorio nazionale e tra tutti i ceti e le classi sociali) dichiara infatti di desiderare un governo che operi tenendo conto in egual misura dei valori dei credenti e di quelli dei non credenti, e addirittura più dell’83 per cento si dichiara favorevole al principio di laicità, cioè alla completa separazione tra la Chiesa e lo Stato. Ben il 54 per cento degli intervistati dalla Doxa è favorevole alla tassazione integrale di tutti gli immobili della Chiesa e un altro 30 per cento è favorevole alla tassazione almeno di quelli dai quali la Chiesa ricava un reddito. Non più del 9 per cento del campione è favorevole a esentare completamente l’istituzione religiosa da ogni versamento fiscale. Tutti questi dati (e altri ancora presentati nel sondaggio) stanno a significare che prima ancora e più che della fede in Dio gli italiani sono ansiosi di liberarsi dall’invadenza di quelle istituzioni come la Chiesa Cattolica che pretendono, nel suo nome, di condizionare la vita di tutti, credenti e non credenti.
È vero peraltro che a questa consapevolezza non sempre fa riscontro un’adeguata conoscenza dei mezzi attraverso i quali perseguire un ridimensionamento della potenza ecclesiale, se è vero quel che rivela il sondaggio e cioè che quasi metà dei contribuenti italiani non conosce il funzionamento dell’8 per mille, il principale strumento di finanziamento della Chiesa Cattolica. Ma i risultati forniti dalla ricerca sono comunque assai importanti e dovrebbero essere letti con attenzione anche dagli esponenti di una classe politica ancora troppo spesso abbagliata dai miti della rinascita di un partito cattolico o della conquista dell’elettorato che va in Chiesa. Quell’Italia non esiste più. Quella laica, sempre più forte e numerosa, reclama spazio e diritti.