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 2019  maggio 09 Giovedì calendario

Le donne e la guerra al Greco di Siracusa


Da “Le Troiane” a “Lisistrata”, alle migranti: un grido per la pace si leva dal Teatro Greco nella stagione 2019 oggi al via con “Elena” La regista Mayette-Holtz: “In un conflitto nessuno può davvero dire: ho trionfato”
C’è un grido che si leva forte dal teatro greco di Siracusa per condannare tutte le guerra. Un grido di donne che svela l’innocenza di Elena,ribadisce il coraggio di Ecuba, regina anche nella sventura, e afferma il potere di Lisistrata, leader dello sciopero per la pace più famoso della storia. È una stagione tutta al femminile quella che debutta oggi a Siracusa con Elena di Euripide, che prosegue domani con Le Troiane, sempre di Euripide, e il 28 giugno con Lisistrata di Aristofane. Il tema, “Donne e guerra”, scelto dal neo sovrintendente dell’Istituto del dramma antico, Antonio Calbi, scavalca il tempo della guerra di Troia per evocare i drammi dei giorni nostri, storie di profughe, migranti e vinte di ogni latitudine e di ogni epoca. Perché, come dice Muriel Mayette-Holtz, ex direttrice della Comedie française di Parigi, regista de Le Troiane nelle guerre «nessuno può dire “ho vinto”». Nelle sue Troiane «gli uomini, come Menelao e Taltibio, non sono capaci di fermare la tragedia della guerra: dicono “mi dispiace” ma alla fine incendiano Troia». «La nostra storia è sempre uguale», racconta la regista, gli uomini dicono “devo farlo, mi spiace”, come Taltibio che si dice dispiaciuto ma viene a prendere Astianatte per sacrificarlo: ma chi l’ha detto che “si deve” fare». Le donne, invece, Le Troiane sconfitte e addolorate, «eroine di tutte le guerre», «hanno il coraggio di continuare dopo il caos che distrugge gli uomini e la natura e rimangono sole a dire che nella vita c’è futuro, c’è speranza.
L’Ecuba di Maddalena Crippa è un personaggio sul quale si accumulano gli orrori della tragedia e lei li prende sul suo corpo ma ha la forza di dire che c’è ancora speranza». Le Troiane si muoveranno in un paesaggio di distruzione fatto di abeti morti, testimoni di un 11 settembre dell’antichità tutto polvere e distruzione che sembra aver rubato i colori al mondo, e di una sorta di processo: quello che Ecuba intenta contro Elena «accusata da tutti i personaggi», dice Mayette-Holtz, «ma che qui ha la possibilità di prendere la parola per dimostrare che anche lei ha ragione, anche lei è una vittima. È troppo facile accusare una sola persona del caos, non può essere solo Elena la responsabile della guerra».
Un’assoluzione, quella della regista, che in quest’intreccio di pacifismo e femminismo è preceduta dalla fantasiosa riabilitazione che fa Euripide della donna infamata, additata da tutti come causa della guerra di Troia per la sua lussuria, ma che in Elena, con un ribaltamento sorprendente, la donna simbolo dell’adulterio racconta di essere rimasta fedele a Menelao poiché al fianco di Paride è andato un fantasma, un clone della bella regina di Sparta. «Siamo, dunque, morti per una nuvola?», si chiedono i personaggi. «Una nuvola affascinante, impalpabile in realtà è il fantasma delle nostre paure – che fa fare all’uomo cose sconsiderate», spiega Laura Marinoni, interprete della protagonista, «Elena ha un nome marchiato dall’infamia ma la vera infamia è quella degli uomini che trovano pretesti per fare la guerra. Anche Elena è una vittima ma ha una tale ironia e una tale doppiezza che alla fine non sappiamo se la storia che ha raccontato sia vera o no». Laura Marinoni spiega che si tratta di una tragicommedia che si muove sull’acqua, secondo la scelta del regista Davide Livermore che ha riempito la scena con una “piscina” da 25 metri cubi, «elemento simbolico perché la storia evoca il mare». Spiega l’attrice che «le scene centrali con Menelao sono comiche: si passa da momenti tragici a momenti surreali, cosa che, secondo me, sottolinea ulteriormente l’assurdità della guerra».
Insomma, donne protagoniste del loro destino e, nel caso di Lisistrata, baluardi della pace. «Un tema che ci tocca da vicino e che mette in moto ragionamenti contemporanei», dice Elisabetta Pozzi, interprete di Lisistrata, messa in scena da Tullio Solenghi.
«Gli uomini attivano meccanismi economici mentre Lisistrata è una solleva-popoli che si mette a capo di una lotta per interrompere un conflitto che stava distruggendo Atene, la sua cultura, un intero mondo. Mi colpisce pensare che Euripide si disperasse per la guerra, riuscendo a ribaltarla per buttarla sull’ilarità».
Il pensiero dell’attrice corre alla marcia delle donne israeliane e palestinesi di due anni fa, quando «madri e mogli insieme diedero vita a un’azione femminile per la pace».