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 2019  maggio 09 Giovedì calendario

Perché l’amore finisce

«Perché l’amore finisce? Perché non era amore, era un fake», quella di Paolo Crepet non è solo una battuta. Sul quesito, lo psichiatra e la giornalista del Corriere Alessandra Arachi hanno appena scritto un libro, Perché finisce un amore, appunto, edito da Solferino. Il loro è un viaggio a due nella senescenza dei sentimenti, in cui Crepet porta la precisione da anatomopatologo degli affetti e Arachi il talento della cacciatrice di storie. Sono storie vere di lettori, fatte di gelosia e di vendetta, di disillusione e di menzogne.
Storie come quella di Paola, che non si era voluta accorgere della doppia vita del marito e che un giorno (usiamo una metafora per evitare lo spoiler) si trova faccia a faccia col vuoto che lui lascia; o come quella di Tommaso, un avvocato che perde la ragione per una Lolita terribilmente contemporanea. Storie dove la colpa è sempre dell’altro, mai di chi racconta la sua versione.
Invece, quando un amore finisce, la prima regola, per Crepet, è chiederci cosa abbiamo sbagliato, perché «scaricando la responsabilità non si cresce e, alla storia successiva, commetti gli stessi errori, trovi partner simili e finisce sempre nello stesso identico modo. Se il primo ha tradito, tradirà anche il secondo».

Nell’era dei social, osserva, si è moltiplicata la possibilità di accedere all’adulterio: «Un tempo, per trovare l’amante, dovevi uscire, ora, tutti hanno un quarto d’ora per chiudersi in bagno e stare su WhatsApp». Quanto all’amore «fake», spesso ci si lascia, sostiene Crepet, «perché si era sbagliato il casting»: «Nessuno sa dire cosa psicologicamente l’ha attirato del partner. Viviamo dentro la comunicazione visiva, Instagram docet. La foto in spiaggia è sufficiente a dire chi sei. E a quella persona non fai le domande, non chiedi cosa sei, cosa vuoi, non metti insieme un sogno. Credi sia amore, invece era solo un’idea dell’amore». Il problema vero, rincara Crepet, è che non conosciamo davvero l’altro: «Una delle domande più rare tra fidanzati è: come stai? Nessuno la fa, perché è meglio non sapere, perché se mi rispondi “insomma”, mi metti in crisi, quindi facciamo che non lo chiedo, che chiedo dove andiamo a cena tesoro?».
A volte, quando le coppie scoppiano per «divergenze d’opinione», ti domandi di cosa mai avessero parlato fino ad allora. Di recente, per dire, l’europarlamentare di origini congolesi Cécile Kyenge ha annunciato il divorzio dal marito Domenico Grispino. L’ha fatto quando lui si è candidato alle amministrative con la Lega, lo stesso partito che aveva coperto lei d’insulti, incluso un «orangotango», copyright di Roberto Calderoli.
Spiega Crepet che negli amori finiti si vede la superficialità dei tempi che viviamo: «Le coppie nascono chattando, scrivi e ricevi risposte superficiali. Poi, ti stupisci perché non ti eri accorto che lui era egocentrico o maschilista…». L’amore, oggi più che mai, è regressione infantile, diagnostica, e il risultato sono epiloghi infantili, spesso segnati dalla vendetta, come in certe storie raccolte da Arachi. Tipo quella della docente universitaria che arriva a svuotare la carta di credito dell’amante.
Infine, gli amori finiscono perché manca una motivazione che Crepet chiama «il reddito»: «Oggi, il signor e la signora Rossi hanno entrambi una professione e stanno insieme solo perché si vogliono bene, così l’amore è meraviglioso ma molto più fragile». Ergo, naufraga più spesso. Ma una soluzione lui ce l’ha. «A ogni nuovo incontro, devi pensare che non finirà. Che possono finire i rapporti, ma l’amore mai».