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 2019  maggio 08 Mercoledì calendario

Sabino Cassese: «Alla fiera del libro ci sarò. Un liberale deve fare così»

Sabino Cassese, giurista, saggista e giudice emerito della Corte costituzionale è nato a Atripalda (Avellino).

Professor Cassese, lei condivide la grande ritirata degli intellettuali?
«No. Infatti, alla fiera del libro torinese, io parteciperò. Presentando con Massimo Salvadori, il mio ultimo libro, La svolta».
Che cosa non la convince della polemica di molti suoi colleghi e amici contro la presenza dell’editore legato a Casa- Pound?
«La mia opinione è questa. E parte dal concetto di spazio pubblico. Ne parla soprattutto Jürgen Habermas nella sua Storia e critica dell’opinione pubblica, che è un classico».
Che cosa c’entra lo spazio pubblico con il Salone del Libro?
«C’entra eccome. Lo spazio pubblico è un luogo fisico o virtuale caratterizzato da un uso sociale collettivo, in cui chiunque ha il diritto di circolare o di dialogare». Anche quelli di CasaPound?
«Lo spazio pubblico ha e deve avere una caratteristica. Quella dell’apertura. L’apertura comporta che non ci siano dei limiti dell’autorità allo spazio pubblico. E comporta anche che dei privati non rifiutino di entrare nello spazio aperto, solo perché vi siano presenti».
Dunque stanno sbagliando i neo-aventiniani.
«Il concetto di spazio pubblico ha tre componenti. La prima: il libero acceso di tutti, sennò lo spazio non è pubblico. La seconda: che non ci siano limiti disposti dallo Stato, per esempio la censura. La terza: la tolleranza comporta che nello spazio si possa convivere».
La tolleranza è appunto ciò che manca in questa vicenda?
«Io sono affezionato a Voltaire. E a quella celebre citazione apocrifa a lui attribuita, che risale al 1770. La frase è questa: io detesto ciò che scrivi, ma darei la vita perché tu possa scriverlo. Il senso non cambia, e io sono particolarmente affezionato a questo concetto volterriano».
Dunque andrà a Torino accompagnato idealmente da Voltaire, da Toqueville, da Croce e da altri liberali?
«Se vuole dirlo così, a me va benissimo».
Mentre alcuni suoi colleghi si sono ritirati sull’Aventino...
«L’Aventino è un’altra cosa. Riguardava, quello del 1924, il Parlamento, la Camera dei deputati. In questo caso, come le dicevo, stiamo parlando di uno spazio pubblico di discussione. E in cui si dovrebbe accettare la discussione anche con i propri nemici».
Pure se sono fascisti, come loro stessi si proclamano, e in una fase in cui, a sentire molti intellettuali di sinistra, starebbe tornando il Ventennio?
«A me non sembra affatto che sia in arrivo il fascismo. Perché i fenomeni storici non si ripetono. Il problema di cui dobbiamo parlare, e lo stiamo facendo, è un altro: quello della tolleranza o intolleranza nei confronti di idee che non si condividono affatto. E io, sulla scorta del pensiero liberale, mi sento assolutamente tollerante».
Più, per fare un esempio nobile, di Ginzburg il quale non accetta di condividere nessuno spazio, neanche lontanamente, con gli editori di Casa Pound?
«Stimo e ammiro Ginzburg, che è un grande storico. E pur dissentendo dalla sua opinione, e da quella di altri che al Salone non verranno, naturalmente la rispetto. Anche se io non sono Voltaire, e non lo è neppure Ginzburg».