Corriere della Sera, 8 maggio 2019
Gianrico Carofiglio: l’antifascismo si difende ripartendo dalla solidarietà
Gianrico Carofiglio, scrittore, ex magistrato, è nato a Bari.
«L’antifascismo è un valore fondante della Repubblica e ovviamente rispetto la scelta di chi diserterà il Salone per la presenza dell’editore vicino a CasaPound, Altaforte. Tuttavia si rischia di fare un favore ai fascisti e ai loro amici. Io ci andrò: l’antifascismo militante può trovare altri percorsi».
Gianrico Carofiglio presenterà il romanzo La versione di Fenoglio (Einaudi Stile libero). E da poco è uscita la sua prefazione al volume di George Lakoff, Non pensare all’elefante! Come riprendersi il discorso politico (Chiarelettere), sulle «tecniche per battere la destra e reinventare la sinistra, a partire dalle parole di ogni giorno». Una riflessione già avviata da Carofiglio nel libro-intervista con Jacopo Rosatelli Con i piedi nel fango. Conversazioni su politica e verità (Gruppo Abele, 2018).
Lei è un ex magistrato. Ieri Regione Piemonte e Città di Torino hanno presentato un esposto per verificare se, in merito alle dichiarazioni di Francesco Polacchi, il fondatore di Altaforte, sussista il reato di apologia di fascismo. Secondo lei è ipotizzabile?
«In linea generale affermare nello stesso contesto di essere “fascista” e apprezzare la dittatura può costituire un comportamento riconducibile all’apologia del fascismo».
Sandro Veronesi ha invitato la magistratura a esprimersi sulla destra estrema. Anche secondo lei in Italia si è «chiuso un occhio»?
«Non sarei così drastico. Di recente, ad esempio, a Bari è stata sequestrata una sede di CasaPound in un procedimento per ricostituzione del disciolto partito fascista, provvedimento confermato fino alla Cassazione. Detto questo, è vero che in Italia i livelli di attenzione non sempre sono stati adeguati e che parte della politica ha flirtato in modo ambiguo con le pulsioni neofasciste. Per esempio nel 2014 la Lega propose un referendum per abrogare la legge Mancino, che è uno strumento importante per contrastare l’odio razziale e la propaganda neofascista. La proposta è nel programma di Forza Nuova e la stessa cosa l’ha detta il ministro leghista Lorenzo Fontana».
In Italia ci sono davvero pericoli di ritorno al fascismo?
«Ciò che vedo è lo sdoganamento di modi e linguaggi che prima non erano accettati nel discorso politico. Non credo si tornerà alla dittatura con l’olio di ricino e il manganello, ma sono già in atto forme di intolleranza, di razzismo, di violenza e di negazione della storia che sono malattie della democrazia».
Andrò a Torino, nessun regalo a CasaPound e ai suoi amici
Il Salone doveva fin dall’inizio lasciar fuori Altaforte?
«Concedere uno spazio commerciale, in assenza di condanne, è corretto. Più dello stand a Torino, mi preoccupa che il ministro dell’Interno, anzi “della Propaganda”, pubblichi un libro con un marchio neofascista. Una volta di più, vuol dire strizzare l’occhio all’universo dell’estrema destra».
Lei sarà al Salone e dice che l’antifascismo si può esercitare in altri modi. Come?
«Dopo aver detto che si è contro, sacrosanto, bisogna dire su che cosa si è pro».
La sinistra è in crisi di idee?
«Serve innanzitutto ridefinire la costellazione dei valori, che ruotano tutti attorno al tema della solidarietà: tra noi protagonisti del presente e chi abiterà il futuro. Il mio motto per la sinistra moderna è in un proverbio pellerossa: “Non abbiamo ereditato il mondo dai nostri padri ma lo abbiamo ricevuto in prestito dai nostri figli ed è a loro che dovremo restituirlo”. Non può non venire in mente la formidabile mobilitazione per l’ambiente dei giovani di tutto il mondo. Nei valori, poi, bisogna essere radicali. Un esempio? Bernie Sanders: la sinistra che fa la sinistra funziona. Infine, occorre essere concreti nell’azione, sporcarsi le mani e saper comunicare. La verità da sola non ci salverà. Serve raccontarla, convincere, emozionare».
I cosiddetti «intellettuali di sinistra» possono aiutare o sono in crisi anche loro?
«È una definizione in cui non amo riconoscermi. Credo nella cultura trasversale, in grado di arrivare al più largo numero di persone possibile. Purtroppo nella cultura esiste un problema di elitismo, taluni scrittori parlano solo il gergo dei circoli, porgendo il fianco all’ormai inflazionata definizione di radical chic. Un’espressione di analfabetismo politico, da parte di chi non sa rispondere nel merito. Proprio per questo però farsi capire è un diritto-dovere. I muri nascono dall’ignoranza. Combatterla è una forma fondamentale di antifascismo».