ItaliaOggi, 8 maggio 2019
Periscopio
Il settimo comandamento punisce anche gli slogan rubati. Uffa News. Dino Basili.A Kennedy ho fatto una bellissima foto. Era in via Condotti con Nureyev, appena scappato dalla Russia. Rino Barillari, paparazzo (Massimo M. Veronese). Il Giornale.
Leonardo è stato un precursore dell’Europa, dobbiamo proseguire la costruzione di questo straordinario edificio di pace con i valori umanisti che ci ha tramandato. Renzo Piano, architetto (Anais Ginori). la Repubblica.
C’è un aspetto che dimostra che il Trattato di Maastricht si è ispirato a Marx: non vi figura, mai, la parola religione. Non sembra possibile che i suoi estensori non si siano ricordati che fra i 375 milioni di persone di cui il Trattato si occupa, figurino alcune fra le più importanti religioni del mondo: il cristianesimo (cattolico, protestante, ortodosso), l’ebraismo e l’islamismo. Eppure non se ne parla come se fosse possibile esorcizzarne gli enormi problemi che la convivenza fra queste religioni, strette in un unico sistema socio culturale, sicuramente comporterà, semplicemente mantengo il silenzio. Ida Magli, Contro l’Europa. Bompiani, 2001.
Nonostante l’aureola, Elsa Fornero è nata pastorella nel profondo Piemonte contadino. Lo sguardo sulle Valli di Lanzo, il piede nella natia San Carlo Canavese, da bambina razzolò nel mezzo iugero di aia che serviva a mamma Emma per cavarci un po’ di ortaggi e allevare due galline. Il babbo, Donato, faceva l’operaio. Elsa era la minore di tre sorelle. Mentre gli altri stavano bene nella loro pelle, lei sentì subito il bisogno dei vasti orizzonti cittadini. Quello a portata di mano, era Torino. Ci andava ogni giorno in pullman per frequentare ragioneria, all’Istituto Luigi Einaudi. Ebbe, in classe, Cesare Damiano, futuro ministro pd, a cui passava i compiti. Giancarlo Perna, saggista politico. LaVerità.
In cima a via Veneto c’è un Harry’s Bar. Si arriva al sesto piano, tra candele al bergamotto e coffee table book: subito ecco una vista violenta sui pini di Roma; ma non sembra Roma, è Central Park, è un tappeto grigioverde però con le cupole di rame in lontananza. Marina Cicogna (Michele Masneri). Il Foglio.
C’è qualche cosa di marcio nel mondo dell’antirazzismo che vede l’alleanza della stupidità e del fanatismo assumere delle proporzioni sempre più considerevoli. È strano e spaventoso che una generazione che non ha conosciuto la guerra, né il Maggio del ’68 e che si richiama alla Resistenza cominci a riprodurre i gesti dei carnefici. I giovani che animano questi gruppi sono, può essere, per alcuni, ben intenzionati ma anche strumentalizzati. Pascal Bruckner, scrittore. Le Figaro.
Una macchina da scrivere Olivetti del mio collega Adolfo Fiorani del Corriere della Sera si guastò. Il tecnico venne a ritirarla per ripararla. Rimasto senza attrezzo, Fiorani si fece prestare una portatile della segreteria di redazione. Giorno dopo il tecnico portò l’Olivetti riparata. Fiorani ringraziò e chiese al tecnico se, per cortesia, poteva restituire alla segreteria la Lettera 22 avuta in sostituzione. «Mi dispiace», disse il tecnico, «ma questo è un lavoro che compete ai fattorini». Fiorani chiamò dunque un fattorino, ma questi gli rispose: «Mi dispiace ma io sono il fattorino del piano terra e la segreteria di redazione sta al primo piano. Deve chiamare il mio collega del primo piano». Fiorani lo chiamò. Ma questi rispose: «Mi dispiace ma io sono il fattorino del primo piano, non posso scendere al piano terra». Fiorani, persona squisita, tagliò corto: «Nessun problema, la porto su io, alla segreteria». «Eh, no!», rispose secco il fattorino: «Lei non può farlo perché questa è una mansione che spetta a noi. Che fa, vuol toglierci il lavoro?». Il mio fin troppo paziente collega si appellò al buon senso. Ma della questione fu investito il responsabile dei fattorini, il quale si presentò in redazione e comunicò a Fiorani la sentenza: «Non c’è niente da fare. Il fattorino del piano terra non può salire al primo piano e quello del primo piano non può scendere al piano terra. Né è immaginabile che i due si possono incontrare sulla scale a metà strada. Allo tesso modo, lei non può usurpare una mansione che non le spetta. Si rassegni». Credo che quella Lettera 22 sia ancora lì, al piano terra, da qualche parte. Michele Brambilla, Sempre meglio che lavorare – Il mestiere del giornalista. Piemme, 2008.
Non so cosa cambierei della mia vita perché quando il mutamento arriva, io sono già un passo oltre. Ho girato il mondo. A volte senza conoscere nulla: un albergo, un concerto, un pasto, una notte e poi via. A volte emozionandomi per l’irripetibilità di certi luoghi: i deserti dell’Africa e dell’Asia, i volti di certe popolazioni, la bellezza discreta di alcuni villaggi. La concezione del tempo e dello spazio che non è la stessa ovunque. Lontana da tutto ma vicina al mio cuore. Cambiare ma senza la retorica del cambiare. Lo so è difficile. E poi non mi piace guardarmi indietro. Mi piace pensare che ogni storia è la mia storia. Patty Pravo, cantante (Antonio Gnoli). la Repubblica.
Gabriellino D’Annunzio, dopo aver pedinato con cupa ostinazione Diego Calcagno in bombetta e pelliccia di coniglio e avergli visto ingoiare prima 12 ostriche al ristorante San Carlo al Corso, poi dieci marrons-glace da Eleuterio in via del Gambero e per ultimo sei paste proprio lì, all’Esperia, lo accusa di essere una spia: «Chi gli dà tutti quei quattrini?», si giustifica il candido Gabriellino. Franco Monicelli, Il tempo dei buoni amici. Bompiani, 1975.
Elio nel ’20 aveva suonato a Parigi con i negri e a Firmino aveva insegnato anche il charleston. Ora aspettava che arrivassero gli americani con gli spartiti del boogie-woogie: un nuovo ballo di cui aveva udito l’esistenza da un nostro emigrante ritornato dall’America volontario, per servire il Duce. Valerio Neri, Anna e il Meccanico. Marsilio, 2005.
Chi, fra i prigionieri italiani trascinati verso l’interno della Russia, non ce la faceva e si accasciava sulla pista di neve, privo di forze, veniva ucciso con un colpo alla testa (più di rado il moribondo veniva abbandonato alla morte bianca per assideramento). E questi colpi, che rintronavano con frequenza in coda alle colonne, avevano costituito per i prigionieri un pungolo ancora più acuto del grido incessante, in russo: «Davai, davai», avanti, avanti! Eugenio Corti, Il cavallo rosso. Edizioni Ares, 1983, 32 edizioni
Madame Key diceva che la fedeltà si conquista giorno per giorno. Come l’infedeltà Roberto Gervaso. Il Messaggero.